Capitolo 7

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A mano a mano che passavano i giorni, New York diventava sempre più fredda. Per niente abituata a quelle temperature, andavo girando per il college coperta da diverse maglie, come se fosse pieno inverno. Ed eravamo solo agli inizi di ottobre, non osavo immaginare come mi sarei conciata a dicembre o gennaio.

Dopo quella sera, tra me e Andrew si instaurò uno strano rapporto. Per la prima volta condividevamo qualcosa diverso dal rapporto amore-odio perenne: un segreto; il mio segreto. Il vino quel giorno doveva avermi giocato brutti scherzi se, tra tante persone al mondo, ero arrivata a dire una cosa così intima proprio ad Andrew. Se mi capitava di pensarci, ancora non ci credevo. Nemmeno la mia migliore amica ne era a conoscenza, ma lui si. Quella faceva parte delle cose che tanto adoravo chiamare assurde coincidenze della vita.

"E se andassimo al McDonald's, per pranzo?" Cher chiese, attirando immediatamente la mia attenzione. Se avessi potuto, avrei fatto della mia casa il Mc. "Assolutamente d'accordo."

"Parla per te, io devo pensare alla mia linea." Andrew disse, quasi senza rendersi conto di quanto risultassero assurde quelle parole, dette dal prototipo esatto di maschio alfa, quale era.

"Primadonna." Lo derisi, alzando gli occhi al cielo.

"Ehi!" Lui disse, punzecchiandomi un fianco. Sembrava averci preso gusto ormai. "Per la cronaca, ero ironico."

"Va bene, primadonna." Continuai, regalandogli un sorriso falso ma al contempo comprensivo.

"Se mi chiami ancora una volta primadonna, giuro che ti faccio rivivere tutti i motivi per cui sei convinta di odiarmi." Mi minacciò il gran maschione, puntandomi anche un dito contro per rendere il tutto più minaccioso.

"Convinta? Piuttosto sicura." Lo corressi, puntigliosamente, anche se dovevo ammettere che, ultimamente, la sua presenza era più accettabile. Accettabile, non piacevole. "E questa suona proprio come una frase che direbbe una classica primadonna."

Notai con la coda degli occhi Cher sbuffare rumorosamente, aggrappandosi al braccio di Carter, che ormai era il suo ragazzo a tutti gli effetti. Ancora non mi abituavo a tutto ciò, ma vederli felici, in un certo senso, mi rallegrava. Certo, tralasciando le volte in cui, dopo una giornata pesante, ero costretta a starmene nella stanza di Andrew, dato che lei e mio fratello occupavano la mia. E non era nemmeno bello sentire i loro guaiti animaleschi, dato che condividevamo, tra le nostre stanze, la stessa parete.

Ad ogni modo, Cher e Carter si avviarono verso l'uscita del college, io e Andrew li seguimmo in automatico, ma non prima che lui mi rispondesse. "Adesso ti faccio vedere io di cosa è capace una primadonna."

Non feci nemmeno in tempo a comprendere le sue parole, che lo sentii afferrarmi per le ginocchia e caricarmi sulla sua spalla. Lasciai sfuggire dalle mie labbra un lamento esasperato, colpendogli con un pugno la schiena. "Devi smetterla di trattarmi come un sacco di patate!" Sbraitai, i miei lunghi capelli sfioravano il pavimento ed ondeggiavano a un ritmo dettato dal passo costante di Andrew.

"I sacchi di patate non sono così fastidiosi." Mi punzecchiò, tendendomi stretta a lui dalle cosce. Le sue mani emanavano un forte calore lungo tutte le mie gambe, come faceva ad avere così perennemente caldo? Io sentii prepotentemente tutti gli spifferi che si insinuarono sotto il mio maglione, sollevato leggermente a causa dell'innaturale posizione in cui ero costretta.

"Quando mi farai scendere ti ucciderò con le mie stesse mani. E non avrai nemmeno il tempo di implorare per il perdono." Sibilai, aggrappandomi alla sua t-shirt quando simulò il lasciarmi dalle cosce, facendomi quasi sembrare di cadere. Anche se il tutto durò qualche attimo, non riuscii ad evitare che il mio cuore iniziasse a martellare nel petto a causa dello spavento.

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