Capitolo 22

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Quando il mattino dopo mi svegliai, sentii la pesantezza del braccio di Andrew, a tenermi saldata al suo petto, che combaciava con la mia schiena. Sentivo ancora la secchezza delle mie lacrime attorno agli occhi, e mi affliggeva ancora un briciolo di stanchezza. Nulla di paragonabile a quella provata nel giorno precedente, visto che ero riuscita finalmente a dormire. Poteva sembrare paradossale, ma dormivo meglio a New York.

Cercai di spostare il braccio di Andrew senza che si svegliasse, ma con scarsi risultati. Mugolò nel sonno e poi si stropicciò gli occhi, aprendoli lentamente.

"Si può sapere cos'hai da agitarti?" Brontolò, con la voce rauca. Sebbene non fosse il massimo della simpatia al mattino, non potei fare a meno di sorridere per quanto risultasse tenero.

"Volevo alzarmi." Gli risposi. "Dobbiamo andare a casa di Cher con gli altri." E per altri, intendevo la nostra comitiva di amici: dopo il diploma ognuno aveva preso la sua strada, ma ci eravamo ripromessi che, non appena fossimo tornati a Los Angeles, avremmo fatto una rimpatriata.

Andrew sbuffò, alzando gli occhi al cielo. "Non voglio alzarmi."

"Tu non lo farai, ma io si." Dissi, spostando completamente il suo braccio e mettendomi all'impiedi. Andrew storse le labbra in una smorfia di disprezzo, e si mise seduto sul letto. "So che ti piace dormire con me, Green. Non fare la preziosa."

«Non solo dormire, mio caro Andrew» "Si, come mi piacerebbe prendere l'orticaria." Lo liquidai, Andrew spalancò la bocca e si alzò in piedi. Mi raggiunse e, ancora una volta, mi afferrò a mo' di sacco di patate. Repressi un gridolino isterico quando mi trovai a testa in giù, con la faccia ad un soffio dal suo fondoschiena.

"La prossima volta che lo fai ti denuncio."  Sbraitai. Andrew, per zittirmi, mi diede una pacca sul sedere. Spalancai la bocca sconvolta, e iniziai a prendergli a pugni la schiena, indignata. Nel mentre, scendemmo al piano di sotto.

"Il permesso di toccarmi lo hai comprato su eBay? Perché a me non sembra di avertelo concesso." Sibilai, sentii la risata di Andrew fargli vibrare il petto.

"Ti ho toccata anche meglio di così, se ben ricordi." A quel punto, la mia bocca toccava terra. Poteva averlo sentito qualcuno, o peggio, mia madre. La donna che fantasticava su un nostro possibile futuro insieme praticamente da quando ne avevo memoria. Se avesse sentito le sue parole, probabilmente non me ne sarei più liberata.

"Andrew Evans." Ringhiai, colpendogli la schiena. "Potresti evitare di urlarlo ai quattro venti?"

Quando entrammo in cucina, finalmente mi fece scendere. Per un momento, la testa sembrò girarmi, prima che mi abituassi di nuovo a stare su due piedi.

Andrew si avvicinò all'isola della cucina, e prese un bigliettino rosa. "Siamo andati a fare la spesa, non distruggete la casa." Lesse ad alta voce.

Si voltò poi verso di me, lanciando un'occhiata al salotto. "Papà? Emily? Mamma?" Chiamò uno per uno la sua famiglia, e quando non ottenne risposta, si girò verso di me, con un sorriso sghembo. "Ora me la paghi." E corse verso di me. Provai a scappare, ma lui fu più veloce e mi prese i fianchi. Mi fece salire sul suo busto, mi aggrappai a lui per paura di cadere.

Andrew salì di nuovo le scale, e si diresse nel bagno. Quando lo vidi aprire il soffione della doccia, impostandola sull'acqua ghiacciata, affondai le unghie nella sua schiena, aggrappandomi completamente a lui.

"Andrew ti prego." Lo supplicai, guardandolo negli occhi. Lui sorrise vittorioso, e iniziò ad agitare le mani sui miei fianchi, facendomi il solletico. Fui costretta ad allentare la presa su di lui a causa di forze maggiori, e prima che me ne rendessi conto, mi spinse sotto il getto d'acqua fredda, anzi, gelata.

Born to be yoursWhere stories live. Discover now