Capitolo 41

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Dopo due giorni, io e Cher fummo chiamate ad andare al commissariato; grazie alle telecamere esterne di sicurezza di locali vicini, erano riusciti ad inquadrare dei ragazzi che correvano il più lontano possibile; uno dei quattro avvistati, aveva il volto chiaramente devastato da segni che solo una rissa avrebbe potuto provocare, e aveva le nocche sporche di sangue. Dopo averli identificati, erano riusciti a catturarli. Spettava a noi riconoscerli.

Con noi vennero anche Andrew e mia madre, che avevano insistito. Il primo, sperava con tutto se stesso che fosse stato preso anche Thomas, e voleva vedere con i suoi occhi mentre lo ammanettavano. Mia madre, invece, voleva vedere con i suoi occhi colui che, dopo aver massacrato di calci e pugni suo figlio, lo aveva lasciato a terra in fin di vita, prima di appiccare il fuoco e decretare la sua morte.

Il cuore batteva sempre più forte, ad ogni passo in più che facevamo verso l'ufficio dove ci era stato detto di andare. Andrew teneva ben stretta la mia mano, ma quella volta non riuscì a calmarmi come avrei voluto.

Quando entrammo nell'ufficio, ad attenderci ci fu un ispettore seduto ad una scrivania, che non appena ci vide si sollevò in piedi e strinse uno ad uno le nostre mani. Su una delle pareti, c'era una sorta di finestra, coperta da una tendina. Probabilmente loro erano lì dietro, e tutto questo non faceva altro che accorciare sempre di più il mio respiro. Lanciai un'occhiata a Cher, che fissava chiaramente adirata quella tendina. Non vedeva l'ora di sapere chi ci fosse oltre quel vetro.

"So che non deve essere facile per voi." Disse, osservando soprattutto me e Cher. Io deglutii a fatica, Andrew accarezzava con i polpastrelli delle dita il dorso della mia mano. "Questo è l'ultimo sforzo che vi chiediamo."

"Sempre che lì dietro ci siano le persone che cerchiamo." Borbottai. L'ispettore serrò le labbra, seriamente dispiaciuto. "Controlliamo, allora."

Si avvicinò al vetro e tirò su la tendina. La prima persona che comparve alla nostra vista fu James. Serrai immediatamente i pugni, senza neanche rendermene conto. Cher, invece, partì in quattro e si avvicinò con furia al vetro, le lacrime iniziarono a caderle lungo il viso. "Tu, brutto figlio di puttana." Lo puntò con il dito poggiato sul vetro, ma l'unica risposta che ottenne da James fu un sorriso che mi fece accapponare la pelle. Quel ragazzo era malato, doveva essere davvero fuori di testa.

L'ispettore afferrò gentilmente Cher per le spalle, allontanandola dal vetro. La ragazza si schiarì la gola, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Lanciò uno sguardo nella mia direzione, io mi ritrovai a serrare le labbra e trattenere le lacrime. Nello sguardo James non c'era neanche un briciolo di rimorso; se ne stava lì in piedi, oltre il vetro, e l'unica cosa che riusciva a fare era sorridere in un modo così malsano che, se avessi potuto, sarei andata lì dentro solo per prenderlo a pugni.

"È lui." Dicemmo in contemporanea io e la mia migliore amica. Portai lo sguardo su mia madre: aveva le guance rigate dalle lacrime, una mano davanti alla bocca per soffocare i singhiozzi, ma il suo sguardo carico di odio era rivolto solo al ragazzo oltre quel maledetto vetro; colui che ci aveva portato via Carter, che aveva distrutto le nostre vite senza restarne per niente scalfito.

Mi avvicinai a mia madre e la strinsi tra le mie braccia, lei si lasciò andare in singhiozzi che ormai non riusciva più a trattenere. Accarezzai la sua schiena e la strinsi con tutta la forza che avevo, sentendomi maledettamente impotente davanti al suo dolore.

"Portatelo via." Disse l'ispettore, sospirando. "Avanti il prossimo."

Ad entrare ora nell'altra stanza fu un ragazzo che non avevo mai visto prima. Lo sguardo di Cher, però, faceva chiaramente capire che non era lo stesso per lei. "Lui ha appiccato il fuoco." Mormorò solo, mordicchiandosi con insistenza un dito tra le labbra.

Born to be yoursWhere stories live. Discover now