Andrew restò interdetto qualche istante, prima di spalancare gli occhi e le labbra, finalmente capendo. "Tu credevi che..."

"Lo credo ancora." Lo interruppi, scrollando le spalle. "Non posso averne la certezza."

Andrew deglutì a fatica l'ultimo sorso di caffè, prima di poggiare la tazza a terra. Si voltò completamente verso di me, e per fortuna mi sembrò quasi di vedere parte della rabbia svanire dal suo volto. "Cosa..." iniziò, interrompendosi poi per sospirare appena. "Cosa ti ha fatto cambiare idea?"

Sorrisi piano, ricordando quel giorno. "Stavo andando in ospedale, per abortire." Iniziai. "Quell'ospedale era dannatamente enorme ed io non ricordavo il piano in cui dovevo andare. E il caso ha voluto che, una volta aperte le porte dell'ascensore, mi fossi ritrovata nel reparto neonatale." I miei occhi divennero lucidi all'istante, ma cercai di trattenere le lacrime. "È stato così strano... ho sentito come un richiamo, e quando sono entrata nel reparto, sono passata accanto al nido, che aveva una vetrata, dove c'erano tutti i neonati in piccole culle. E più li guardavo e più mi sentivo in colpa per quello che stavo facendo. Potevo portare in grembo il frutto di uno stupro, ma era mio figlio. E probabilmente un gesto del genere non me lo sarei mai perdonato."

Andrew, quasi istintivamente, afferrò la mia mano e la strinse con la sua. Quel contatto mandò una scarica elettrica lungo tutta la mia spina dorsale, e senza che me ne accorgessi il cuore mi batté un po' più forte.

"Avresti potuto dirmelo, Cris." Sussurrò appena. "Lo avremmo affrontato insieme."

"Si, così tu saresti venuto in Italia per prenderti cura di un figlio che probabilmente non è neanche tuo." A quel punto, una lacrima cadde dal mio volto, ma riuscii ad asciugarla in fretta e a non versarne altre. "Sapevo che lo avresti fatto."

"Si, lo avrei fatto." Confermò, sollevando il mento. "Ma sarebbe stata la scelta giusta, una scelta che spettava a me."

"Andrew, non potevo permetterti di lasciare i tuoi studi e la tua città per... un'incertezza." Mormorai. Durante la gravidanza, Andrew era l'unica persona che avrei davvero voluto al mio fianco. Sarebbe stato un periodo decisamente migliore con lui accanto, ma non per questo doveva essere fatto. Andrew non poteva cambiare tutti i suoi piani e la sua vita per me, e per un ipotetico figlio.

"Non è stata facile per me, Drew." Dissi, voltandomi completamente verso di lui. "Avevo deciso di tenerlo, ma i primi mesi non riuscivo neanche a guardarmi allo specchio. Vedevo la mia pancia crescere e correvo a vomitare."

"Se me ne avessi parlato, avremmo potuto fare il test." Mi disse, serio. "Avremmo potuto sapere se fosse mio figlio."

"E se non lo fosse?" La voce mi uscì fuori come un sussurro, estremamente rauca e debole. "Avrei avuto un pezzo di carta che mi avrebbe ricordato per tutta la vita di Thomas."

Andrew serrò le labbra, chinando di poco il capo. Eppure, la sua mano stringeva ancora la mia. "Cris, io voglio saperlo se ho un figlio..."

Strinsi gli occhi, prendendo un grosso sospiro. Sapevo che lo avrebbe voluto, e per quanto in realtà non fossi pronta, sapevo anche fosse la cosa giusta da fare. "Quando vuoi possiamo andare in ospedale e fare il test."

Andrew annuì appena, poi si poggiò completamente allo schienale del dondolo, ed iniziò a muoverlo lentamente. Tra di noi crollò un piacevole silenzio, prima che mi decidessi a parlare.

"Quindi... migliori amici, hm?" Chiesi sarcastica, ma una sorriso non riuscii a trattenerlo. Mi sembrava quasi surreale parlare di nuovo con lui, dopo aver chiarito finalmente la questione del bambino. Onestamente, credo l'avrebbe presa molto male; ma del resto, Andrew è sempre riuscito a sorprendermi, ogni giorno sempre di più.

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