Andrew incrociò le braccia al petto, una scintilla di divertimento scattò nei suoi occhi.

"Tu piuttosto? Hai interrotto qualcosa di importante, dovresti almeno avere la decenza di uscire e lasciarci finire." La ragazza disse, portandosi una ciocca di capelli biondissimi dietro l'orecchio.

Mi alzai in piedi, ponendomi esattamente di fronte a lei. "C'ero prima io."

"Andrew." La ragazza sbuffò. "Questa è la camera di Andrew."

"E di mio fratello, da cui ho avuto il permesso. Ma per quale assurda ragione mi sto spiegando con te? Piuttosto compra le salviette struccanti, invece di accumulare il trucco sulla tua faccia di giorno in giorno." Un ghigno maligno comparve sulle mie labbra, il sorriso divertito di Andrew invece si allargò. "Guarda la sua faccia." Indicai il viso di Andrew, con disgusto. "Ha più rossetto lui che io."

La ragazza spalancò la bocca indignata, portandosi una mano al petto quasi come se l'avessi colpita. "E tu? Non dici niente?" Disse rivolgendosi ad Andrew.

"Ci provo da diciotto anni, ormai ho perso le speranze." Il ragazzo alzò le spalle con noncuranza, appoggiandosi al muro dietro di lui.

La ragazza diventò rossa di rabbia, ma con tutto quel fondotinta doveva essere difficile notarlo. Represse un gridolino isterico, abbottonandosi la camicetta trasparente che indossava. "Cancella il mio numero, idiota." Sibilò ad un soffio dal viso di Andrew, che la osservò impassibile. La ragazza si ricompose ed uscì dalla stanza, sbattendo la porta con furia.

Con nonchalance tornai a stendermi sul letto, e diedi uno sguardo al televisore. "Oh, andiamo! Mi sono persa tutto l'episodio." Sbuffai, contrariata.

Andrew, ancora immobile dove lo avevo lasciato, mi osservava alzando un sopracciglio. "Ti rendi conto di quello che è appena successo?" Mi chiese, scrutandomi attentamente.

"Mhmh." Dissi, concentrandomi però sul telefono. "Come diavolo si manda indietro?" Mugugnai, quasi tentata di lanciare il telefono contro il muro.

"Cris." Andrew parlò ancora. Non mi resi conto nemmeno di averlo davanti fin quando non mi strappò il telefono dalle mani. "Ehi!" Sbuffai, alzando la mano verso di lui, che però portò l'aggeggio dietro la schiena. "Sto parlando con te."

"E questo dovrebbe interessarmi perché?" Dissi allora io, alzando un sopracciglio, guardandolo in attesa e mettendomi seduta.

Andrew mi guardò intensamente, lanciando il mio telefono sull'altro letto. Poggiò le mani sulle mie cosce, in modo da abbassarsi alla mia stessa altezza. "Sto avendo dei seri dubbi sulla tua sanità mentale in questo momento." Disse, guardandomi male.

"Ammettilo, era divertente però." Gli risposi, ghignando. Il cipiglio di Andrew lentamente assunse dei tratti più dolci, fin quando non sollevò un angolo della bocca in un sorriso. "Un po', te lo concedo."

Sorrisi. "Cher e Carter erano nella mia stanza, ovviamente. Avevo solo bisogno di riposare." Dissi, stendendomi ancora una volta. Andrew mi spostò più in là, e si sdraiò accanto a me. "È successo qualcosa?" Mi chiese premurosamente.

"No." Gli risposi, sbadigliando. "Sono solo stanchissima." Ammisi.

Andrew si voltò sul fianco, nella mia direzione, le sue ginocchia spinsero contro le mie cosce. "Evans, lasciami i miei spazi." Dissi immediatamente, cercando di spingerlo, ma lui non si mosse di un solo centimetro.

"Ci tenevo a ricordarti che sei nella mia camera." Mi disse lui. "O meglio, sul mio letto. Posso prendermi tutti gli spazi che voglio, visto che sono i miei."

"Che avido." Sbuffai, voltandomi anche io sul fianco. Adesso eravamo faccia a faccia, percepii quasi il suo respiro battere contro il mio viso. "Dio non ti ha insegnato a condividere i tuoi beni? Ad essere più gentile con il prossimo?"

Born to be yoursWhere stories live. Discover now