Capitolo XLIX - Mia

9.1K 169 14
                                    

Due settimana dopo, ebbi il permesso di tornare a casa. A casa mia. Sentivo il bisogno di riavvicinarmi alla mia famiglia, perchè era vero che Andrea era diventato il mio centro, ma dovevo ammettere che i miei genitori avevano fatto tanto per me, per quanto fossero tremendi alle volte, e che mi volevano davvero bene. Quindi avrei fatto uno sforzo, fermo restando che ci sarebbe stato Andrea con me. Sempre.

Nei giorni passati, avevo fatto finta che andasse tutto bene, che non avessi nulla di rotto, che l'ospedale fosse un resort a cinque stelle, e soprattutto, che ciò che mi era successo non mi aveva segnata.
La notte non dormivo. Chiudevo gli occhi per far piacere ad Andrea, che mi controllava a vista. Ma avevo si e no riposato cinque ore, in dieci e passa giorni, e presto sarei crollata.

Non volevo pensarci. Non potevo pensare di addormentarmi, e rivivere tutto: ciò che era successo alle medie, e ciò che mi era capitato la settimana prima mi venivano i brividi, e la mia mente, non avrebbe retto. Avevano fatto venire persino il mio psicologo, ma non volevo saperne di parlare con nessuno.

Solo Gio aveva capito il mio giochino, ma mi lasciava in pace, forse per paura di quello che avrebbe dovuto sentire. Andrea nasava che qualcosa non quadrava, ma era troppo occupato a chiedermi scusa e tranquillizzarmi, per accorgersi di ciò che non andava. E ne fui contenta, così avrei potuto evitare di parlarne, e di crollare.
Avevo già dovuto discuterne più volte con la polizia, e alla fine, dovettero accontentarsi di quel poco che ero riuscita a dire.
Quel poco, per fortuna bastò a incarcerare il mostro, che fino a nuovo ordine, sarebbe rimasto rinchiuso o in carcere o in un istituto psichiatrico.

Ero contenta di tornare a casa, anche perchè volevo riabbracciare i miei cagnoni, e i miei amici. Veronica purtroppo, non poteva mai restare molto in ospedale, perchè con la
bambina così piccola, rischiava troppo, visto l'alto tasso di probabilità di contrarre infezioni; quindi, una volta a casa, sarei potuta stare ore con lei.

Gli amici di Andrea erano rimasti a Bologna, e non avevano ancora riprogrammato la partenza. Ero commossa dal loro comportamento: erano venuti tutti i giorni a trovarmi e a fare due chiacchiere, senza mai essere invasivi; anzi, mi facevano morire dal ridere. Fui felice che fossero riusciti a dar da bere quella bugia ai poliziotti, perchè in fondo, era causa mia se avevano reagito così, e non sarebbe stato giusto ne pagassero le conseguenze.

Andrea invece, per quanto dolce, amorevole e disponibile si dimostrasse, mi rendeva sempre più irrequieta. Se anche non l'avessi capito dagli occhi che c'era qualcosa che non andava, la sua faccia, l'aveva tradito più volte. Capivo quanto fosse arrabbiato, dispiaciuto e triste, ma ero io quella che aveva subito l'ennesima violenza. Ero preoccupata che stesse cercando il modo di lasciarmi, o allontanarsi da me, ma avevo paura di chiederglielo. Preferivo averlo accanto a me, anche se non mi voleva, piuttosto che perderlo.

Avevo sempre criticato le ragazze-zerbino, ma non potevo farci nulla. Lo amavo per davvero, e l'idea di aprire gli occhi e non trovarlo, mi uccideva. Mi ero trasformata da forte ed indipendente, a debole e succube. Non male in così poco tempo.

Mi alzai dal letto e andai in bagno a lavarmi e vestirmi. Mi servì l'aiuto dell'infermiera, visto che tra flebo, tutore e bende, sembravo una mummia. Indossai una tuta, e tornai sul letto, in attesa che mi togliessero gli aghi e gli elettrodi.
Non dovetti attendere molto: infatti, in 10 minuti fui pronta per uscire.

Avevo insistito che Andrea tornasse a casa a studiare, visto che aveva una tesi su cui lavorare, quindi a portarmi a casa, c'erano i miei e Gio.
Quando fui fuori, trovai oltre loro, Andrea con i cani al guinzaglio, e un mazzo di fiori nell'altra mano.

Scoppiai a piangere, e feci per corrergli incontro, dimenticandomi della gamba e delle costole. Stavo per cadere, quando Giovanni mi afferrò per la vita, facendomi un male atroce, e mi consegnò tra le braccia del mio fidanzato.

Una favola modernaWhere stories live. Discover now