Capitolo LXXVII - Mia

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Iniziai a sudare freddo. Ero nei guai. Guai grossi. Mi appoggiai allo stipite e sentii una mano fredda sulla mia. Mi girai.

-"Tutto bene?" mi chiese Vittoria.

-"L'ho chiamato. Sta venendo qui e.. E.. E.." dissi senza parole.

-"E ora sei nel pallone.." concluse per me.

-"Si.." ammisi.

-"Vai di sopra in camera sua ad aspettarlo.. Così non vi disturberà nessuno."

-"Sei un angelo.." le dissi sorridendole.

-"No.. Sono una madre che adora la sua futura nuora.." disse ridendo.

Non le risposi e mi incamminai nella stanza di Andrea. Mi appoggiai sulla vecchia poltrona in pelle nell'angolo e mi assopii, grazie alla luce soffusa creata dalle persiane chiuse. Mi risvegliai a causa di una luce intensa che mi illuminava il viso. Sbattei le palpebre e scorsi Andrea appoggiato a braccia incrociate sullo stipite della porta.

-"Non volevo svegliarti.." mi disse socchiudendo la porta, e ricreando l'atmosfera di poco prima, avvicinandosi a me.

-"Tranquillo.. Tanto tra un secondo mi odierai.." dissi chiudendo gli occhi.

-"E perchè mai?" mi chiese prima che mi alzassi in piedi.

Una volta alzata, mi fissò. Mi girai lentamente di profilo, e scostai i lembi della giacca, mettendo in mostra la pancia. Poi tornai di fronte a lui e attesi. Era immobile, e non sbatteva nemmeno le ciglia.

-"Dimmi che almeno respiri.." dissi cercando di spezzare la tensione.

-"Credo di essere sotto shock.. È quello che penso io?" chiese titubante.

-"Vieni qui.." dissi prendendogli le mani e appoggiandole sulla pancia.

-"Ohmmioddio.." disse tutto d'un fiato.

Lasciò le mani dove le avevo posate e cadde in ginocchio, fissandomi dal basso con riverenza.

-"Sei incinta.."

-"Si.."

-"Come diamine è possibile? Dimmi che è mio.."

Stavo per tirargli un ceffone, ma mi trattenni.

-"Certo che è tuo idiota!" dissi ridendo; "Dev'essere successo quando siamo tornati dalla Spagna.. Ho vomitato la pillola e non l'ho ripresa quel giorno.. Poi ho fatto una cura antibiotica.. E non abbiamo mai usato altre protezioni.."

-"Sì, mi ricordo.. Mi avevi anche chiesto di ricordartelo! Che idiota!"

-"Va beh.. Non è colpa tua.."

-"Si.. Eravamo in due ed entrambi dovevamo starci attenti.." disse duro.

Mi sentii in imbarazzo e mi ritrassi istintivamente.

-"Ehi ehi, non intendevo che non lo voglio Mia.. Torna qui.." disse prendendomi per le mani e rialzandosi, "Devo abituarmi all'idea.."

-"Lo so.. È difficile, ma non è un obbligo.. Ho scelto di tenerlo e non cambierò idea, ma se non te la senti, non te ne faccio una colpa.." dissi pensando di rassicurarlo.

-"Obbligo? Non sentirmela? Cristo, Mia, aspetti mio figlio.. Nostro figlio.. Credi che te lo lascerei fare da sola? Mai!" disse convinto.

-"Aspetto nostro figlio certo, ma capisco le difficoltà, per quello l'ho detto.. Anche se sono felice che tu voglia riconoscerlo e accettarlo.."

-"Dio mio! Accettarlo? Sono contento come una pasqua! Diventerò padre.. Wow.. Questo si che è un bel regalo di Natale!!!" disse sorridendo.

-"Ah si, non c'e che dire.." sussurrai.

Aveva parlato del bambino, non di noi come famiglia.

-"Si sa già di che sesso è?" mi chiese.

-"No.. Ho voluto aspettare a farmelo dire.. Non mi sembrava giusto saperlo senza di te.." ammisi.

Era vero. Per quanto avessi paura di parlargliene, era una cosa troppo importante per negargliela.

-"Ti ringrazio.. Sei stata molto premurosa, e io una testa di cazzo! Ma mi farò perdonare.." mi promise guardandomi negli occhi.

-"Ok.."

-"Da quanto lo sai Mia?"

-"Tre settimane.. Non riuscivo a trovare il coraggio di affrontarti.." ammisi.

-"Tre settimane.. Beh poteva andarmi peggio.." disse un po' risentito.

-"Mi dispiace.."

-"Dispiace più a me.. Scendiamo? Voglio dirlo a tutti!!!"

-"Certo.. Anche se.." dissi abbassando lo sguardo.

-"Lo sanno già vero?"

-"Si.."

-"Ok, allora voglio andare a prendermi le congratulazioni!" disse tirandomi per la mano.

-"Certo.." dissi delusa.

Speravo parlasse anche del nostro rapporto, ma non l'aveva fatto. Le mie paure erano infondate: non sarebbe stato con me per il bambino. Avrebbe accettato lui nella sua vita, non me. E dovevo ammettere che era molto più triste questa idea che non l'altra.

Una favola modernaWhere stories live. Discover now