Capitolo 47 Allyson

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Jenna guida fino alla KAT senza chiedere. È questo che mi ricorda quanto la nostra amicizia sia vera e sincera. In poco più di un mese ha ascoltato non solo i miei sfoghi, ma molto di più i miei silenzi, ai quali ha sempre volto un sorriso di rassicurazione. Anche ora, mentre indosso abiti non miei, con la testa poggiata al finestrino mentre provo a perdermi nel paesaggio che mi scorre di fronte, lei riesce a tranquillizzarmi. Ho chiuso la porta di quella stanza sapendo bene che stavo chiudendo qualcosa di molto più grande. Il suo bacio brucia ancora sulle labbra che sfioro appena al ricordo del suo sapore. In quel momento mi sono persa in un viaggio dal quale non sarei mai voluta tornare, nemmeno se sul biglietto ci fosse stato scritto "destinazione Inferno", perché sapevo che mi sarei bruciata, che avrei percorso altri rischi, altri pericoli, che avrei versato altre lacrime amare ma l'avrei fatto con lui. Sono patetica, lo so. Chi vorrebbe tornare da chi ti ha consumato, da chi ti ha fatta più piangere che ridere? Io. Perché quelle lacrime erano vere, dettate da ciò che ci circondava e che ci inghiottiva al tempo stesso. Ha preso ogni parte di me, perché io gliel'ho concesso, prendendo a mia volta qualcosa di suo. Lo so che io scorro nelle sue vene come lui nelle mie. L'ho sentito nei suoi occhi che mi parlavano solo guardandomi, in quel bacio che voleva rapirmi l'anima, nel suo tocco leggero come una piuma che mi solleticava la pelle facendola rabbrividire. Puoi vivere una sola volta queste emozioni, non ho avuto altri ragazzi oltre quel breve periodo con Alec e mi è bastato per rendermi conto della differenza. Di come il cuore non conoscesse salti nel vuoto, capriole, del fatto che non sentivo il corpo sciogliersi sotto il suo sguardo. Quegli occhi verde scuro, così cupi, si sono rivelati smeraldi al sole e so che quello sguardo, quella scintilla di desiderio e di passione era solo per me, solo e unicamente per me. Lui è il mio "unico", lo porterò nel cuore sapendo che nessuno potrà mai competere, lo ricorderò con nostalgia e mi farà sempre male il petto quando mi perderò in quelli che saranno ricordi lontani. So di averlo perso, so che ha bisogno di aiuto ma non si farà mai aiutare da me; troppo orgoglioso, andrebbe contro la voglia costante di volersi punire, contro il bisogno di farsi del male. Ho imparato a conoscere troppo bene la sua rabbia, la sua autodistruzione dalla quale vuole solo tenermi lontana. Perché è questo che sta facendo, crede di potermi proteggere da sé stesso, ma non ci si può salvare da un amore del genere quando ti entra dentro occupando ogni parte della tua testa e del tuo respiro. È diventato quasi come una sfida per lui, uno dei suoi combattimenti clandestini, solo che a essere chiuso nella gabbia c'è soltanto lui e l'anima nera che lo tiene prigioniero dai suoi stessi incubi.

Dopo una doccia calda, ancora avvolta nell'asciugamano, mi siedo sul letto; la testa ha bisogno di fare ordine, di metabolizzare e un brivido di terrore corre lungo la schiena mentre di fronte ai miei occhi si materializza quello sguardo famelico, riesco a sentire ancora la puzza di alcol mischiata al tabacco che mi provocano un senso di nausea. Mi stringo nelle spalle, Jenna sospira e sento i suoi occhi addosso.

«Ora mi cambio così andiamo», dico con sufficienza, lasciandomi scivolare tutto alle spalle. Come se fosse facile. Quasi rido di me stessa.

«Allyson, fermati un attimo», dice mentre mi avvicino al mio armadio.

«È già tardissimo», le faccio notare fingendo un debole sorriso.

«Ascoltami», mi supplica. Stringo fra le mani il pullover nero a collo alto, non ho il coraggio di voltarmi, la sua voce è diversa, vuole sapere, capire e forse dopo averla buttata giù dal letto in quel modo ne ha tutto il diritto.

«Dim... Dimmi», resto di spalle facendo finta di non trovare ciò che cerco.

«Lo sai che non ti farò domande, ma sei tu che hai bisogno di parlare», dice in un sussurro. Le parole pesano, fanno male, se dessi voce ai miei pensieri sarebbe come renderli reali anche se lo sono già, vividi come un incubo a occhi aperti. L'ho lasciato da quanto, un'ora? Eppure, la sua assenza è una presenza costante della quale so che non mi libererò mai.

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