Capitolo 1 Damon

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   La strada sembra interminabile e, da un certo punto di vista, vorrei che non mi conducesse a destinazione.

«Merda!», impreco furioso con me stesso, guardando il mio riflesso nello specchietto retrovisore; passo la mano sull'accenno di barba di due giorni che sento ruvida sulla pelle e solo quando oltrepasso Worchester, sento l'aria mancare all'interno dell'abitacolo.

Altre due ore di viaggio e sarò arrivato.

La spirale di ricordi di un passato felice è offuscata ormai dagli incubi che mi tormentano come ombre da quasi due anni, da quando tutto è cambiato, da quando io sono cambiato.

Mi guardo attorno lungo la statale, il sole non è ancora sorto; siamo solo io, la strada quasi deserta e questo cielo ancora nero, nero come ciò che marchia in maniera indelebile la mia anima tormentata.

Il telefono prende a squillare per la quinta volta in dieci minuti, rifiuto la chiamata e metto il silenzioso.

«Adesso non ho voglia di sentirla», commento ad alta voce.

È colpa tua.

Mi ricorda quella cazzo di voce interiore che, se solo avesse un volto, la prenderei a pugni. Ma ha ragione. Sono io che ho superato un'altra volta il limite e adesso non esisterà un tempo per poter dimenticare, per poter fare un passo indietro e rimettere ogni cosa al proprio posto.

Avrei potuto essere ancora a Indianapolis, vicino a lei, invece eccomi qui, con la coda fra le gambe che ritorno a casa.

«Dannazione!».

Il cartello che indica Medford sembra quasi prendersi gioco di me quando l'oltrepasso, con la sua scritta a caratteri cubitali, ricordandomi il motivo per cui non vorrei trovarmi qui. Lo stesso che mi ha portato lontano da tutto e tutti. Eppure, un tempo amavo questa città immersa nel verde della contea di Middlesex, nel Massachusetts. Il Mystic River l'attraversa come una vena vitale, dove case e alberi si riflettono nello specchio d'acqua. Non avrei mai pensato che sarei arrivato a odiarla con ogni viscera del mio essere ma è proprio così che è andata; detesto ogni angolo di questo luogo.

Mentre attraverso Main Street mi guardo appena attorno e noto che in due anni nulla sembra essere cambiato; è tutto esattamente come l'ho lasciato. Persino Colleen's ha ancora quelle orrende tendine anni Sessanta a righe bianche e nere che sporgono sopra l'ingresso. Pigio forte sull'acceleratore e vado dritto alla Tufts University, appena fuori città. La TU è sempre stata la mia unica scelta per il college, ma dopo quello che è successo l'avevo come rimossa.

Che senso ha sognare, quando vivi di soli incubi?

Non avrei mai creduto che lei potesse farmi questo.

Sapeva benissimo che in questo buco non ci sarei mai voluto tornare, ma ovviamente non poteva ascoltarmi o io ribellarmi quando ormai era tutto deciso. Quando io stesso non le ho lasciato scelta. Non posso biasimarla, non sono di certo il figlio perfetto o quello che tutti vorrebbero avere e la cosa peggiore è che non lo sarò mai.

«Sono arrivato!», quasi tuono nel risponderle al telefono, mentre posteggio la macchina di fronte al Campus.

«Come... come è stato il viaggio? Ero in pena per te». Stringo forte le mani sul volante, la sua voce tremante mi irrita, ma la verità che non riesco ad accettare è che mi fa male sentirla così, perché sono solo io la causa di tutto.

«Bene, ci sentiamo», taglio corto e riaggancio senza darle il tempo di salutarmi.

Sono troppo in collera con lei e con me stesso.

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