Capitolo 34 Allyson

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La mano scivola lungo il braccio, incontra la sua che intreccio nella mia, mentre ora posso vedere cosa si nascondeva dietro quelle pozze verdi.

«Devo vedere chi è», dice. D'istinto l'abbraccio, sento il suo mento poggiarsi sopra la testa, il cuore che accelera contro il mio orecchio.

«Non... non devi, se è importante ti chiameranno», cerco di infondergli sicurezza, la stessa che ha smarrito per strada. Sono ancora sconvolta dalle sue parole, da ciò che i suoi occhi hanno dovuto guardare impotenti. Stringo fra le braccia la sua rabbia e il senso di colpa che lo stanno divorando. Solo ora riesco in qualche modo a capire la sua vita, così complessa... così complicata. Il bussare alla porta si placa e ci ritroviamo avvolti dal silenzio della stanza, con il suono dei nostri respiri a colmare l'intero spazio. La sua mano, leggera, scorre lungo la schiena, i brividi si propagano in tutto il corpo; chiudo gli occhi e mi concentro solo su quei gesti. Ci sono mille altre domande che vorrei fargli, altri "perché" che esigono risposte: la sua amicizia quasi forzata con gli altri del gruppo. Come è riuscito a nascondere la verità al padre... e poi lei, Joselyn, con cosa lo ricattava? Non può essere per questo o forse sì? Lei ha scoperto di Arleen? I pensieri e le molteplici domande svaniscono nel momento che due dita sollevano il mio mento facendomi incontrare il suo volto. È come se ci guardassimo per la prima volta. I lineamenti marcati del viso sono più rilassati, il verde dello sguardo che quasi spicca nella penombra dell'appartamento. Con il dito indice traccio delle linee immaginarie, parto dallo zigomo, raggiungo la mascella pronunciata fino all'angolo della sua bocca. Si piega appena con la testa e le sue labbra sfiorano il mio dito.

«Sei così diversa», dice con voce roca. Chino lo sguardo per l'imbarazzo, sento le guance avvampare. «Guardami», supplica e non riesco a opporre resistenza alla sua voce che ha messo radici nella mia anima sin dal nostro primo incontro, senza saperlo stava già occupando la mia testa, il mio tempo... la mia vita. La sua aria strafottente, quel modo irritante di squadrarmi da capo a piedi, il suo sorrisino che si prendeva gioco di me. Lo detestavo a tal punto da volerlo disperatamente... solo che ancora non lo sapevo. Il suo sguardo mi penetra mozzandomi il fiato. «Potrei...», sfiora la punta del mio naso con il suo, «annegare nel tuo sguardo», mormora appena. «Al...», pronuncia il mio nome con fare quasi disperato allo stesso tempo che sento la pelle del collo inumidita dalla lingua che si muove con gesti circolari.

«Dam.», biascico impotente, in balia di quel piacere così nuovo, le sue dita premono contro i miei fianchi. Le mie mani raggiungono la sua chioma nella quale mi perdo. Come se fosse il gesto più naturale, inclino la testa all'indietro, gli occhi immaginano la sua bocca carnosa a contatto con la pelle. Il respiro accelera, strattono appena i capelli, sento i denti mordicchiare la spalla lievemente scoperta. Mi tira per i fianchi e senza aprire gli occhi mi lascio guidare, sento il rumore della porta che si apre. Socchiudo gli occhi trovandomi il suo ghigno impresso sul volto. «Ma.», balbetto non capendo.

«Credo che ora dovresti andare», dice passandosi una mano dietro la nuca e guardando verso il pianerottolo.

«Mi stai cacciando via?», domando incredula e confusa.

«Non ti sto cacciando via...», mi tira contro il suo petto quasi schiacciandomi, «ma se ora rimani, io non riuscirò a fermarmi», sussurra, il suo respiro caldo sulle mie labbra che tremano sotto il suo tocco.

«Oh...», esce solo dalla mia bocca, capendo cosa intende con quel "non riuscirò a fermarmi".

Sorride, mi posa un bacio sulla fronte: «Ci vediamo domani», come mi giro, sento una sculacciata leggera e mi volto sorridendo. «Era per quel gattino dalla testa grande sul tuo sedere», sghignazza divertito.

«Si chiama Hello Kitty, non gatto dalla testa grande», sentenzio piccata, scuoto il capo, raggiungo il portone con il suo sguardo che percepisco alle spalle. Mi volto appena mentre esco dal palazzo, lo vedo, in piedi poggiato allo stipite della porta, le braccia incrociate al petto, i muscoli tesi sotto la maglia che aderisce alla perfezione al suo petto, mi strizza l'occhio poco prima che possa uscire.

UN AMORE PROIBITO Cuori SpezzatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora