Capitolo 15 Allyson

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Come ha potuto? Era lì che ascoltava la conversazione come se ne avesse un qualche diritto. I suoi occhi vagavano su di me in cerca di risposte, ma sono bastate poche parole per farmi capire che ancora una volta si era presentato solo per ferirmi, per prendersi gioco di me. Sono certa che se non fossi stata la ragazza di Alec, non si sarebbe mai preso un disturbo simile, quello di tormentarmi. Cammino verso la fermata dell'autobus con tutta questa rabbia mista a delusione a premere sul petto. La sento bruciare mentre il fiato si spezza al ricordo delle parole volgari che ha usato mentre parlava di qualcosa che per me era stato intimo, privato e personale. Per lui, sono una delle tante labbra che ha baciato, ora finalmente so cosa pensava.

Mi siedo sulla panchina con fare sconfitto, butto un occhio al tabellone dove leggo che il prossimo autobus per il centro passerà fra mezz'ora.

«Perfetto», esclamo sarcastica.

Prendo il telefono dalla borsa e mi appresto a mandare un messaggio ad Alec:

"Possiamo parlare?".

Non so bene cosa gli dirò una volta che saremo uno di fronte all'altro. Non ho scuse per il mio comportamento, questa non sono io, confesso a un'anima confusa. Allo stesso modo non conosco giustificazioni per il suo di comportamento. Non ho memoria di uno schiaffo che abbia colpito il mio volto. Mi sono sentita umiliata sotto quegli sguardi estranei, curiosi e pettegoli mentre sentivo la guancia avvampare dal calore.

I suoi occhi erano iniettati di sangue e non si distingueva più il nero profondo nel quale credevo di essermi persa insieme alle carezze, alle parole dolci e ai modi gentili. Dove sono finiti? Dov'è finito Alec? È questo che non capisco.

Il rumore prodotto dai freni dell'autobus mi fa trasalire dai miei pensieri e mi appresto a salire, siedo nel primo posto libero vicino al finestrino e cerco di godermi il lungo viale alberato che porta verso la città. Il trillo del telefono mi avvisa dell'arrivo di un messaggio, ma resto a guardare la bustina che lampeggia sul display non sapendo bene cosa aspettarmi. Trattengo il fiato mentre tocco lo schermo per aprirla: "Ti aspetto da Colleen's".

Metto il telefono a posto e sento la confusione darsi battaglia con la ragione. Ho bisogno di parlargli, dichiaro con fermezza a me stessa cercando di mantenere i nervi ben saldi. Guardo una coppia di liceali salire alla fermata successiva, saranno dell'ultimo anno, osservo le loro mani intrecciate, i loro sguardi complici che si perdono l'uno nel mondo dell'altro.

Le risate di lei riempiono l'intero abitacolo, sorrido a quella voce carica di felicità che al contempo insinua in me un senso di malinconia. Scosto la testa accorgendomi di essere quasi a destinazione. Scendo e aspetto che l'autobus riparta prima di attraversare.

Lo sguardo mi cade sulla moto di Alec posteggiata fuori dal locale, verso il quale sembro trascinarmi a fatica; sono combattuta tra la voglia di irrompere lì per mettere a tacere tutta questa situazione e quella di scappare lontano da tutta questa situazione che sembra crollarmi addosso senza un motivo preciso.

Spingo la porta ed entro. Lo vedo subito, scatta in piedi non appena i nostri sguardi si incontrano. Supero i tavolini rotondi dove altre persone sono intente a gustarsi il proprio brunch.

«Ehi», sussurra.

«Ciao», rispondo a mia volta stringendomi nelle spalle.

«Siediti», indica la sedia libera di fronte alla sua dove prendo posto. Allunga la mano verso il mio volto e d'istinto sollevo la testa per non essere toccata; vedo il suo sguardo morire e sprofondare sul legno del tavolo che ci separa.

«Scusa, io... io Alec, sono confusa e spaventata», confesso a entrambi, perché è realmente così che mi sento.

«Sono io che devo scusarmi con te», si strattona i capelli come se li volesse quasi strappare per come leggo la frustrazione marcare il suo profilo. «Ally, io non sono quel tipo di persona», le sue parole sono cariche di emozione, gli occhi lucidi rispecchiano la veridicità di ciò che sta dicendo.

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