Capitolo 24 Damon

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 Sfilo il telefono dalla tasca, gli occhi leggono il suo nome.

«Scusami», mi alzo dal letto e vado verso il bagno. Non lo so nemmeno io perché le ho lasciato quello stupido telefono che trova per caso nella sua stanza. Confusa, si ritrova a chiamare il solo numero registrato, il mio. Chiudo la porta alle spalle sulla quale mi appoggio. Trattengo il fiato. A volte nemmeno rispondo, non perché non voglio sentirla, ma solo perché fa male. Altre volte è un gesto naturale che quasi mi riporta indietro nel tempo.

«Pronto?», resta un istante in silenzio.

«Pronto... chi sei?», la voce riesce a strapparmi un sorriso, la solita domanda a trafiggermi da parte a parte.

Chi sono?

«Ciao, Arleen, come stai? Sono Damon», rispondo, sperando che un giorno basti il mio nome per farla ritornare la persona che era... mia sorella.

«Damon, chi?», chiede non capendo.

«Scusa, pensavo che ti ricordassi di me, ci siamo visti tempo fa», dico, inventandomi un'altra scusa, un'altra bugia per non turbarla.

«Scusami ma proprio non ricordo», confessa e la voce carica di tensione percorre il mio corpo.

Vorrei essere lì.

Merda! Sono un coglione, non dovevo risponderle.

«Sai, non ricordo... io... io non ricordo niente». Chiudo gli occhi poggiando la testa alla porta. «Pronto?», resto in linea senza proferire parola fino alla prossima domanda.

Chi sei?

«Scusa, hai sbagliato numero», dico d'un fiato chiudendo il telefono. Guardo ancora un po' il nome sul display, stringo forte il cellulare per trattenere delle lacrime mai versate. Apro la porta e quando mi avvicino al letto, Allyson sembra essersi addormentata con indosso quello stupido pigiama di Winnie the Pooh. Deve essersi cambiata quando ero al telefono. Chissà se ha ascoltato la telefonata. Siedo sul letto con la testa che sento scoppiarmi fra le mani.

«Tutto bene?», sussurra alle mie spalle.

Raddrizzo la schiena.

«Sì, era solo Cody», mento, perché non posso dirle di Arleen, non ora. Non sono pronto a dar voce a quella notte, a tutte le cose successe che hanno stravolto la mia vita e quella che è seguita dopo l'incidente.

«Se ti va di parlare...», dice e mi volto verso di lei.

«Parlare di Cody?», domando sarcastico, non capendo il senso delle sue parole.

Forse perché è lei che ha capito te.

Sbuffo alla stronzetta nella mia testa. Allyson si siede poggiando la schiena alla testiera del letto, portando le gambe al petto. Non mi piace quando si mette così, mi ricorda la notte che Alec le aveva dato lo schiaffo.

«Dico solo che forse non dovremmo dormire, ma parlare».

«Ti ho detto che avremmo parlato domani», dico e sento il tono della voce indurirsi.

Cazzo, è così difficile per me.

«Io voglio parlare ora, ne ho bisogno», mi supplica stringendo ancora di più le braccia attorno alle gambe. Alzo gli occhi al cielo, non sono bravo in queste cose e sinceramente non ho idea da che parte incominciare.

«Va bene. Di cosa vuoi parlare?», chiedo pentendomi già della domanda. La vedo rilassarsi, sciogliere la stretta dalle gambe e incrociarle sul letto.

«Non voglio farti delle domande, cioè vorrei...», prova a spiegare seguita dall'imbarazzo. Non tiene mai le mani ferme quando è nervosa, sembra scacciare via qualcosa che vede solo lei. Ravvia i capelli di continuo dietro le orecchie, malgrado siano in perfetto ordine, e il labbro, non posso guardare il modo in cui lo tiene fra i denti. «...Voglio che sia tu a dirmi qualcosa, qualsiasi cosa», conclude.

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