Capitolo 37 Allyson

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È strano trovarmi qui, sembra essere diventato il "mio posto", quello in cui rifugiarmi dal mondo intero. Eppure, non appartiene alla mia infanzia, il solo ricordo legato a questo campo da calcio è stato quel bacio... il primo. Mi stringo nelle spalle, il profumo dell'erba bagnata, il freddo del cemento dei gradoni degli spalti a contatto con il mio corpo, sono l'unica cosa che voglio sentire. Forse dovrei tornare a Boston, ricominciare tutto da capo e lasciarmi questa strana piega che ha preso la mia vita alle spalle. Come se fosse facile. Ricordo a me stessa. Mi chiede di fidarmi di lui, ma in realtà non so realmente chi ho di fronte. Una domanda che mi pongo dal nostro primo scontro. Chi è Damon Sanders? È vero, ora so di Arleen, ma me l'avrebbe mai detto? Incomincio a stilare una sorta di lista mentale, nella quale appunto tutte le domande che ancora non hanno ottenuto risposta: questo legame forzato con gli altri... Per affari mi ha risposto, poi vediamo... ah sì, i due anni che ha vissuto a Indianapolis dei quali non proferisce parola. Come ha vissuto in quella nuova città? La cosa che più mi irrita sono i suoi continui sbalzi di umore. Oh, sì, l'essere bipolare con la sua personalità è un eufemismo a confronto. Incrocio le braccia al petto e mi rendo conto che pur non essendo qui, riesce a indispettirmi allo stesso modo. Poteva rispondere al cellulare di fronte a me, ma no, certo che no. Avrei scoperto che dall'altro capo del telefono ci sarebbe stata un'altra ragazza, una come Tamara, forse. Il solo pensiero mi dà la nausea, l'immagino con altre ragazze... chissà quante. Rabbrividisco all'idea, riesco a sentirmi un'altra volta sbagliata, non alla sua altezza. Insomma, Allyson, svegliati! Chi voglio prendere in giro, uno come lui non ci avrebbe pensato due volte a.... a fare quello che fa ogni ragazzo di quasi vent'anni. Forse ha solo pietà per me? Scatto in piedi come se avessi trovato la soluzione a tutto.

«Lui prova pena per me», sibilo.

«Non puoi pensarlo davvero», sussulto, mi volto lentamente trovandolo dietro di me, con i pugni serrati lungo il corpo.

«Io...», balbetto, vorrei dirgli che non lo penso, ma non posso, perché è esattamente così che mi sento. I suoi occhi mi guardano in modo diverso, ma sembra frapporsi fra di noi un muro troppo alto da valicare e io... io non penso di avere le forze per abbatterlo.

«Non provo pena per nessuno, cosa cazzo ti salta in mente?», dice passandosi una mano dietro la nuca, con il volto che si solleva verso il cielo.

Sollevo anche io lo sguardo verso quello stesso manto stellato che copre le nostre vite. Per un attimo chiudo gli occhi, alla ricerca di qualcosa che non trovo e mi rendo conto che sto crollando. Sto lasciando un pezzettino di me a ogni mio passo. Se non riuscissi più a voltarmi per raccogliere i pezzi, cosa ne sarebbe di me? Che fine farei? Domando quasi in una supplica a chi possa ascoltare quei pensieri.

«Perché sei scappata?», apro gli occhi incontrando i suoi, troppo vicini al mio volto.

«La tua macchina è a posto», gli faccio notare indicandola.

«Mi spieghi cosa ti prende?», scoppio in una fragorosa risata, che ha dell'isterico. Con un gesto della mano credo di averlo mandato a quel paese, anzi, sono certa di averlo fatto mentre scendo i gradini e raggiungo il prato poco distante da me. «Al...», i suoi passi mi seguono. «Allyson, fermati cazzo!», grida, mi blocco col respiro affannato, il cuore che martella nel petto e mi rendo conto che sto correndo, sto... sto scappando. È l'unica cosa che sento e che non riesco a evitare di assecondare, come se fosse qualcosa più grande di me, come se non fossi più in grado di gestire un corpo che sembra non appartenermi.

«Sono stanca», sussurro a denti stretti senza voltarmi verso di lui, che sento alle spalle. «È tutto sbagliato, io sono sbagliata. Non... non posso stare qui... e far finta che tutto vada bene... che», mi giro inchiodando i miei occhi contro i suoi, che si dilatano sotto le mie parole, mostrandomi una pupilla che copre quel poco di verde che ero riuscita a scorgere nel suo sguardo, «che fra noi sia tutto a posto», su quest'ultima parola chino lo sguardo, per evitare di vedere il suo deluso penetrarmi fin sotto la pelle.

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