Capitolo 23 Allyson

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Pulisco le labbra che ancora sanno di lui, del suo sapore inconfondibile. Un altro bacio rubato al quale non ho saputo dire di no. Guardo i suoi occhi sgranarsi e scrutarmi da capo a piedi, lo sguardo è cupo, si sofferma sulle mie labbra fino a raggiungere i miei occhi dove sembra quasi aggrapparsi.

«Cosa vuoi da me Damon?». Non so se voglio conoscere la sua risposta, la verità.

«Non lo so», mormora distogliendo lo sguardo da me per perdersi nelle pareti della camera. Rido amaramente.

«Perché continui a baciarmi? Perché continui a tormentarmi? Perché non sparisci una volta per tutte?», sbraito. Per fortuna mia madre e Christian sono a cena fuori, penso fra me e me, immaginandomi il peggiore degli incontri fra padre e figlio.

«Vedi? Vedi, sei fastidiosa, sei... tu sei insopportabile. Le tue domande, questo», con un gesto teatrale della mano indica la mia persona. «Questo tuo sentirti in diritto di giudicare il prossimo, quando sei la prima ad avere dei problemi o sbaglio?», non posso credere che l'abbia detto.

Che sia arrivato veramente a tanto.

«Sai una cosa, Damon? È vero, avrò anche dei problemi», la voce mi s'incrina ma ricaccio indietro le lacrime. Troppe volte mi sono resa ridicola di fronte a lui. Ora basta. «Però io non cerco nessuno da tormentare per fargli pagare un conto che non gli spetta».

Gli volto le spalle, vado a chiudermi in bagno. Le mani tremano senza sosta e le stringo una contro l'altra. Cosa diamine mi aspettavo come risposta? Il respiro accelera inseguendo il cuore che sento quasi scoppiare. Sento il petto bruciare dal fuoco che solo il suo sguardo e le sue parole riescono a far divampare nel mio corpo. Odio questa sensazione che riesce solo a farmi sentire prigioniera. L'aria sembra non bastare, il pavimento quasi svanisce sotto i piedi. È come essere in balia delle onde, ma non riesco a nuotare contro una corrente così forte... contro di lui.

«Perché proprio lui?», mormoro e sollevo lo sguardo contro lo specchio. Osservo me stessa con occhi diversi ma che riesco comunque a riconoscere, sono gli stessi che per primi mi hanno giudicata sbagliata, molto prima che lo potessero fare gli altri.

«Sì, Allyson, sei tu il problema, sei tu a essere sbagliata», ripeto a me stessa con la delusione verso le mie stesse parole. Stringo fra i denti il labbro per trattenermi, ma è inutile, a una a una le lacrime le sento scivolare lungo le guance, ognuna di esse una sofferenza alla quale non posso sottrarmi.

«Basta... Basta... BASTA!», urlo sfinita e con la mano stretta in un pugno colpisco il grande specchio di fronte ai miei occhi che cade in mille pezzi.

Guardo quei frammenti che riflettono la mia immagine spezzata come ormai lo è già la mia anima.

«Allyson. Allyson, apri questa cazzo di porta», sbraita Damon. È ancora qui? Non emetto un fiato, guardo solo il sangue gocciolare sul piano in marmo del lavandino e coprire il bianco della ceramica che si colora di rosso. Lo sento colpire ripetutamente la porta, poi il silenzio, sollevo lo sguardo. Un tonfo tremendo mi fa retrocedere di qualche passo, vedo il suo viso pallido raggiungermi in un secondo. Le sue mani sul viso.

«Stai bene? Guardami», dice come se volesse riscuotermi dai pensieri. Afferra la mia mano. «Merda! Hai un brutto taglio. Siediti», mi ordina, ma la voce è differente, non è arrogante come al suo solito. Siedo sul bordo della vasca, dove rivoli di sangue sporcano il pavimento e resto quasi ipnotizzata dalle gocce che cadono una di seguito all'altra.

Con la coda dell'occhio lo vedo fare avanti e indietro, apre e chiude cassetti e sportelli nel bagno, borbotta qualcosa e torna da me, mettendosi in ginocchio. La mia gemella interiore ride di un Damon Sanders ai miei piedi. «Hai una brutta ferita», commenta versandoci sopra del disinfettante, cerco di ritrarre la mano per il bruciore ma lui la tiene ferma. «Non muoverti, devo vedere se hai delle schegge di vetro». Perché era ancora qui? «Non credevo che fossi quel tipo di ragazza», aggiunge e le sue due pozze verdi si schiantano contro le mie.

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