CAPITOLO 44 Damon

68.7K 2.2K 178
                                    

Qualcosa mi infastidisce lungo il fianco, cerco di ignorarlo spostandomi, ma mi sento troppo pesante.

«Alzati, dannazione!», il piede di Cody continua a colpirmi leggermente. Le palpebre troppo pesanti si schiudono a fatica, ci metto un po' a realizzare che sono sdraiato a terra, le mattonelle fredde contro la mia guancia ne sono la prova.

«Che cazzo vuoi?», bofonchio cercando di tirarmi in piedi, ma fallisco miseramente al primo tentativo. Dannata merda. Impreco contro me stesso.

«Ti rendi conto che sei svenuto?», riesco ad alzarmi. La tempia martella. Forte.

«Sei perspicace», dico prendendomi gioco di lui. Devo far cessare queste voci del cazzo. Barcollando raggiungo la cucina.

«Non ti riconosco più, Damon», ammette con tristezza.

«Forse non mi hai mai conosciuto veramente», gli faccio notare sogghignando.

«Perché fai così?», continua con la sua paternale del cazzo.

«Perché è l'unico modo che conosco per spegnere il mondo», mormoro più a me stesso che a lui. Prendo dell'acqua dal rubinetto, il mio corpo richiede liquidi e anche in fretta. Joselyn fa capolino dalla camera da letto, mi ero quasi dimenticato di lei. Indossa una mia maglietta che la copre fino a metà coscia, ha i capelli arruffati e il trucco della notte precedente che le imbratta il volto. Come la vedo digrigno i denti. «Levati la mia roba. Quante cazzo di volte devo dirtelo che non devi indossare nulla di mio?», strillo. Ancora intontita per i postumi del cocktail quasi letale che ci siamo concessi durante la notte, resta impassibile. Posa il suo sguardo su Cody accennandogli un saluto prima di chiudersi in bagno.

«Non ci avrei mai creduto che ti saresti abbassato a tanto... a Joselyn», rabbrividisce scandendo il suo nome.

«È solo un modo come un altro per scaricarmi, niente di più», spiego cercando qualcosa che faccia smettere il martello pneumatico nella testa.

«Ma ti ascolti, cazzo? Un modo per scaricare?», mi incalza.

«Hai sentito bene, amico, hai presente solo piacere incondizionato senza vincoli né obblighi, quando e come ne ho voglia?», serro la mascella sotto il suo sguardo torvo, in piedi a poca distanza da me noto la sua irritazione dettata dalle mie parole.

«Ti farai male se continui così. Devi darci un taglio con questa merda!», indica la roba sparsa sul tavolino. Scrollo le spalle.

«Non hai ancora capito? Questa merda, come la chiami tu, è la mia vita. Mi resta solo questo», ringhio avanzando verso di lui.

«Non sei venuto una sola volta a trovare Arleen da quando è a New York», mi rimprovera. Ha ragione, non ci sono andato e non ho alcuna intenzione di mettere piede in quel cazzo di attico, dove mia zia può sbattermi in faccia i suoi soldi e dimostrarmi che non sono stato in grado di provvedere a loro.

«Ci sei tu, no? Ci sei sempre stato... alle mie spalle, giusto?», gli punto un dito contro. «Riesce facile a tutti fottermi, ma ora sono io che ho deciso di fottere la mia vita», aggiungo frugando nella borsa di Josy alla ricerca di una pastiglia perché faccia tacere questa voce del cazzo nella testa.

«Quante volte devo scusarmi? Quante cazzo di volte devo dirti che non ho avuto scelta?», rido e lo guardo inarcando un sopracciglio.

«Bene, tu non hai avuto scelta prima e io non ne ho una adesso. Quindi, se sei qui ancora per rompermi i coglioni la porta sai dov'è», trovo finalmente ciò che stavo cercando e la metto sotto la lingua senza aspettare altro. Funziona meglio di un analgesico, non senti più nulla, anche se non è quello il mio problema, è un mese che il mio corpo non riesce a sentire niente. Joselyn compare di fronte a noi dopo essersi data una sistemata.

UN AMORE PROIBITO Cuori SpezzatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora