Capitolo 7 Allyson

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Sento dei passi lungo le scale

«Cosa succede?», mi volto verso suo marito.

«Mi spiace averla svegliata, domani toglierò il disturbo». Non le lascio il tempo di aggiungere altro, corro verso la mia camera e mi chiudo dentro a chiave; le mani tremano mentre prendo il telefono pronta a chiamare mio padre. Il suo nome è sotto i miei occhi, devo solo premere il tasto per avviare la chiamata, ma non ce la faccio, non posso fargli questo dopo tutto quello che lui ha fatto per me in questi anni. Andrà bene, ripeto a oltranza nella mia testa e farò in modo che sia così, lo farò solo per lui.

Mi lascio cadere sul letto e scorro i messaggi di Joselyn che mi cercava preoccupata. Le scrivo velocemente che sto bene e che ci vedremo domani. Stringo forte il cuscino contro il petto dove il cuore sembra quasi volermi esplodere e mi lascio cadere in un sonno che spero mi porti lontano e che mi faccia dimenticare quello stupido bacio. Mi sveglio prima del previsto perché voglio evitare di incontrare mia madre; devo sistemare la questione dell'alloggio il prima possibile. Sono stata una sciocca a pensare che sarebbe bastato convivere per cancellare l'assenza che ha creato solo un enorme vuoto dentro di me. Mi preparo di tutta fretta, non so nemmeno cosa mi sia messa addosso, poi raggiungo la cucina solo per un caffè e mi blocco sulla soglia.

«Posso parlarti?», mi chiede il signor Parker; in questi mesi non sono riuscita ad avere una confidenza tale da dargli del tu, forse perché non volevo affezionarmi a un'altra persona alla quale mia madre avrebbe prima o poi spezzato il cuore.

«Non ho molto tempo», preciso, ma lui mi fa cenno con la mano di sedermi. «Mi dispiace che fra te e tua madre ci siano tutti questi problemi, ma andartene non risolverà le cose», mi verso il caffè nella tazza mentre continuo ad ascoltarlo.

«La ringrazio per l'interessamento. Io non so quale versione di mia madre abbia conosciuto, ma la persona che conosco io, non è stata la madre che avrebbe dovuto essere». Abbasso gli occhi e sorseggio il caffè che è più amaro di questa giornata che deve ancora iniziare.

«Nemmeno io sono stato un buon padre», confessa e io lo guardo perplessa.

«Ha un figlio?», si strofina il mento con la mano, un gesto che mi è quasi familiare.

«Sì, ma è come se non ce l'avessi più, se l'avessi perso per sempre. Ho commesso degli errori e lui non è il tipo che perdona facilmente. Per questo ti chiedo di dare un'occasione tua madre, te lo chiedo da genitore. Non siamo perfetti, sbagliamo anche noi», ogni parola esce con il peso della sofferenza dalla sua bocca, la stessa che ha segnato ogni anno della mia adolescenza. «Datevi un altro mese di tempo nel quale provare a conoscervi meglio. Se dopo un mese vorrai ancora andartene, ti troverò io stesso un posto in qualche dormitorio del campus», aggiunge.

«Un mese, non un giorno di più», è un favore che sto facendo più a lui che me stessa, perché avrei voluto sentire, almeno una volta, la stessa sofferenza nella voce di mia madre; ma gli occhi di quest'uomo riflettono il mio stesso stato d'animo al quale non riesco a dire di no, malgrado percepisco l'impulso darsi battaglia dentro di me.

Arrivo al campus in anticipo di mezz'ora e raggiungo la caffetteria per un'altra dose di ricarica. Non riuscirò a reggere tutte le lezioni avendo dormito appena tre ore.

«Ehi, Allyson», mi volto verso Cody sorpresa di trovarlo qui a quest'ora.

«Come mai così mattiniero?», domando mentre lui ordina alla ragazza due caffè e me ne porge uno.

«Veramente non sono ancora andato a dormire, ma se salto un'altra lezione sono nella merda», ammette e ci sediamo a uno dei tavoli liberi.

«In effetti abbiamo un paio di corsi insieme e ancora non ti ho visto», gli faccio notare ridendo e lui per l'imbarazzo si gratta la testa e ride a sua volta.

UN AMORE PROIBITO Cuori SpezzatiWhere stories live. Discover now