Federik

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Meg a volte faceva delle cose che la facevamo sembrare ingenua ma il modo in cui le diceva era tanto convincente che non sembrava ingenuità la sua ma solo una tecnica per ingannare la gente. La verità? Non l'ho mai capita e non mi applico molto per farlo visto che era la ragazza di Scott. In ogni caso quel giorno in soffitta ero sicuro stesse facendo una cavolata di cui si sarebbe pentita e che avrebbe dovuto accettare le dolorose conseguenze del suo piano alternativo. Gillian si era convinta ed io non potevo fare altro che eseguire gli ordini e fare ciò che mi era stato richiesto. Quella sera servimmo la cena alle sette e dopo tutti andarono a letto più o meno presto. Io e Scott rimanemmo in cucina con altre cameriere per sistemare le stoviglie e quindi fummo gli ultimi a tornare in stanza. Quando stavamo salendo le scale per il piano riservato al personale sentii del singhiozzi provenire dal salone. Subito mi fermai e strinsi il pugno nel corrimano della scala sperando fosse stato solo uno scricchiolio ma il singhiozzo si ripeté e mi voltai per tornare di soppiatto nel salone. Sono sempre stato bravo a confondermi tra la folla. Gillian dice che ho una non- chalance degna di James Bond. Arrivai alla porta del salone che era socchiusa e sbirciai dentro. Era buio tranne per qualcosa che illuminava il fondo della stanza. Piano e con mano leggera aprii la porta senza farla scricchiolare e mi intrufolai dentro. Il salone era scuro e le poltrone come i tappeti e i quadri erano avvolti dal buio della notte. Erano quasi le dieci e a Londra il cielo era già scuro come la pece. Quella notte non c'era la luna e ciò rendeva tutto più inquietante e triste. Guardai immediatamente in fondo alla stanza e vidi una figura  davanti al caminetto con il focolare acceso che proiettava la sua ombra nel tappeto. Era una figura esile e snella. Era seduta a terra davanti al fuoco e accanto a se c'era qualcosa che non riuscì a riconoscere.
- chi va là?- chiese la figura voltandosi e  rendendomi noto il viso delicato e bellissimo di Penelope.
- sono George- sussurrai avvicinandomi cautamente. Potevo pensare fosse in pericolo ma dalla situazione che si era creata,credo che lei sia stata la persona più al sicuro di tutti sin dal principio.
- vuoi del vino?- mi chiese alzando l'oggetto vicino a lei che illuminato dalla luce del fuoco riconobbi una bottiglia di vino rosso.
- non pensavo fossi un'ubriacona- sorrisi avvicinandomi a lei ma rimanendo in piedi
- tu non sai niente di me "George"- esclamò pronunciando il mio falso nome con disprezzo. Era brilla e lo si poteva capire dalla voce leggera quasi come se non si sforzasse per parlare ma le venisse naturale come una corrente in una cascata.
- non è una cosa che mi interessava sapere- ammisi guardandola attentamente e sfruttando l'oscurità che ci divideva per renderla mia anche solo con lo sguardo
- invece dovrebbe. Tu mi critichi tanto ma sembra che lo fai per una ragione. Perché? Ti piace vedermi soffrire oppure è uno strano giochetto?- chiese guardandomi dal basso all'alto e scostando i capelli neri alla rinfusa sulla schiena
- nessun giochetto- ammisi e capii che in quel momento potevo dire quel che pensavo e volevo tanto lei non l'avrebbe ricordato e solo in quel momento avrei potuto parlare con la parte di Penelope vera. Quella che ero sicuro nascondesse a tutti per paura.
- non posso sopportare il fatto che tu non possa essere mia e disprezzarti sembra il modo migliore per convincere me stesso che non provo niente e non sei altro che una ragazza con un bel viso,ma non ci riesco- ammisi abbassandomi e poggiandomi sulle ginocchia per guardarla negli occhi. Sembrava sbalordita come una bambina che vede un castello delle principesse a Disneyland,poi si mise a ridere e fui io quello sbalordito
- non sai quante volte i ragazzi mi dicono che gli piaccio. Tanti,tanti e molto altri ancora sono innamorati di me- disse incominciando a lisciarsi i capelli,guardando il fuoco.
- ne sono consapevole- dissi trattenendo un senso di vuoto
- eppure... Non mi sono mai innamorata. Nessuno è mai risultato perfetto- ammise sbuffando e bevendo un'altro sorso di vino dalla bottiglia. In quel momento assomigliava più al padre che alla madre.
- dammi un po' la bottiglia- le dissi avvicinandomi e prendendogliela dalla mani. Mi guardò  in cagnesco ma obbedì come un cucciolo al proprio padrone
- a te non piaccio?- mi chiese quando fui vicino
- ti ho detto quello che provo- ammisi sostenendo il suo sguardo
- allora ti piaccio- sospirò sorridendo
- pensavo di essere così sfortunata da non piacere all'unico ragazzo che mi piace davvero- sussurrò  poi mettendosi in ginocchio e avvicinando il suo viso al mio. Era così bella ed io non resistetti proprio e la baciai. Eravamo inginocchiati uno davanti all'altra nel buio della notte e fu proprio il calore del camino a svegliarmi dal mio sogno. Lei era brilla. Io non potevo approfittarne anche se avessi voluto,perché ne ero innamorato come tutti quegli sciocchi che avevano il cuore spezzato. Stavo diventando uno di loro ma ancora più grave era il fatto che sapevo cosa stavo rischiando eppure sembrava così bello avere Penelope tra le mie braccia che fui tentato di lasciarmi spezzare il cuore solo per un momento di dolcezza,ma mi avevano insegnato a guardare il futuro e non lasciarsi ingannare da un solo momento magico. Così me ne andai e la lasciai sola nella notte. L'indomani non avrebbe ricordato niente. Avrei voluto avere la stessa fortuna.

Nobili spie Where stories live. Discover now