32. Una sentenza severa

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Dopo un Natale all'insegna della sobrietà, allietato soltanto dalla felicità di Grace per i regali, all' inizio del nuovo anno i quattro indagati per il favoreggiamento all'evasione vennero infine processati.

Piccolo Lupo, dal canto suo, li protesse giurando il falso, ovvero che i quattro non fossero in alcun modo coinvolti. L'indiano aveva ottenuto per davvero la grazia durante il suo processo a Denver, ovvero la sua pena di morte era stata commutata in un ergastolo ai lavori forzati, che altro, però, non era se non un modo più lento di morire. I suoi amici di Colorado Springs avevano intenzione di appellarsi per davvero al Presidente degli Stati Uniti, ma in primis dovevano risolvere le loro vicende legali. Ora l'indiano era in viaggio per Boston, da cui sarebbe stato dirottato per un campo di prigionia.
Il dottor Payne, assistito da un avvocato chiamato da Denver, suo amico d'infanzia, venne interrogato a lungo sulla natura dell'aiuto fornito ai due indiani. Fu il primo dei quattro ad essere messo sotto torchio dalla commissione. Ne uscì esausto, ma a testa alta.
Subito dopo fu il turno di Peter, e di seguito Louis e Niall.
Harry venne interpellato per ultimo, ed era un fascio di nervi. Per la prima volta da quando era arrivato a Colorado Springs, Anne e Desmond Styles erano arrivati da Denver per spalleggiare il figlio, con uno stuolo di avvocati a difendere lui e Peter dalle accuse. Con il peso dei loro sguardi sulle spalle, Harry venne processato. Il tribunale militare era veloce ed efficace, per cui il verdetto fu rapido e netto.
Per Liam, la caduta di ogni accusa nei suoi confronti, come già detto in precedenza, in virtù della sua professione e del suo ruolo. Per Peter, una multa onerosa come ammenda, e la richiesta di non avere più contatti con gli indiani, pena il carcere.
Niall e Louis vennero assolti con una sanzione disciplinare, ovvero la sospensione del salario per quattro mensilità.
Al momento delle decisioni riguardanti Harry, che era minorenne e perciò legalmente sotto la tutela dei suoi genitori, lui era ad occhi bassi, in silenzio, tra Anne e Desmond. Il presidente della commissione, in veste di giudice, gli si rivolse direttamente.
-Ragazzo, ti sei messo in una posizione piuttosto scomoda. Lo Stato potrebbe perseguirti penalmente, come gli altri, ma ho deciso di appellarmi alla tua giovane età e di assolverti, a patto che tu torni coi tuoi genitori a Denver-
La sentenza, netta come una mannaia, lasciò senza parole Harry e Louis, che si sentirono morire.
-La prego... prenda altri provvedimenti. Voglio restare qui- disse Harry, subito tacitato.
-Silenzio! Non è previsto di poter obiettare. Questo è quanto- stabilì il giudice, segnando la fine del processo.

Harry fu subito abbracciato dai suoi genitori, sollevati oltre ogni speranza, e da Peter, che era felice per lui, ma anche in pena. Il ragazzo si lasciò manovrare come un burattino, ancora senza provare nessuna emozione, evitando di proposito di guardare nel vuoto che si sentiva dentro al cuore.
Gli Styles rimasero con Peter, mentre Louis di proposito evitava Harry, standogli alla larga. Sapeva che, se si fosse avvicinato in quel frangente, il ragazzo sarebbe scoppiato a piangere.
La famiglia riunita di Harry ed i Cox rimasero insieme a pranzo, mentre il ragazzo si estraniava.
Anne, dopo una occhiata complice di Emily, chiese al figlio di accompagnarla a fare due passi.
Harry si strinse nel pesante pastrano, sprofondandovi fino al naso, mentre la donna trovava conforto nel suo pesante giaccone.
-Tesoro...mi dispiace. Vorrei vederti felice, e non lo sei- esordì lei, appoggiandosi ad un tronco, con lo sguardo perso nel paesaggio innevato.
Harry per tutta risposta scoppiò a piangere, andando ad abbracciarla. Non servì dire altro; la madre lo confortò come poteva, lasciandolo singhiozzare sul suo collo, accarezzandogli i capelli.

Louis arrivò a casa Cox per cena, su invito di Peter.
Harry era in stalla con Amira, troppo affranto per stare in compagnia, ed il giovane maestro conobbe i genitori di Harry senza che lui fosse presente. Fece loro un'ottima impressione. Raggiunse Harry solo dopo cena. Il ragazzo era rimasto tutto il tempo nel box di Amira, che lo consolava a suon di musatine tenere e di sbuffi caldi sul viso.
Harry lo sentì entrare, e sollevò su di lui un'espressione talmente abbattuta, che il maestro non poté fare altro che stringerlo a sé, mentre Harry ricominciava a piangere.
-Non piangere, piccolo mio. Troveremo il modo. È solo questione di tempo, vedrai. Abbi fiducia- tentò di placarlo, mentre il ragazzo gli si aggrappava alla maglietta.
-Non posso vivere senza di te-  riuscì a dire tra i singhiozzi.
-È solo questione di tempo. Stai tranquillo, troveremo una soluzione- lo blandi' ancora Louis, cullandolo tra le braccia.
-Me lo prometti?-
-Te lo prometto- rispose Louis.

Harry ripartì coi suoi genitori il quindici gennaio 1902.

Cadde in uno stato di tale desolazione, che Anne, per distrarlo, lo obbligò a seguirla in un lungo viaggio in Europa, cercando di coinvolgerlo nel proprio lavoro nel mondo dell'arte. Ma suo figlio pareva spento, come se qualcuno avesse smorzato tutta la sua gioia di vivere. Dopo sei mesi, al ritorno dall'Europa, era preoccupata oltre ogni misura.


-Agosto 1902-

Erano rientrati dalla Grecia da appena due giorni, spossati dal viaggio oltreoceano e dalla differenza di fuso orario, ed Anne sciolse in acqua un po' delle erbe che le aveva regalato il fratello, mesi prima, per il mal di testa.

-Harry? Sei sveglio?- Bisbigliò, socchiudendo appena la porta.

-Sì- fu la laconica risposta, così entrò nella penombra.

-Ti ho portato il mix di erbe- disse, andando a sedersi sul letto del giovane, che era steso a pancia in su.

-Come ti senti?- Lo sollecitò.

-Come se fossi appena uscito da una centrifuga- rivelò il ragazzo, passandosi una mano sugli occhi.  Poi si tirò su a sedere e bevve dalla tazza che sua madre gli porgeva.

Anne guardò, desolata, il viso triste di suo figlio. Sembrava che, allontanatosi da Colorado Springs, gli fosse venuta a mancare ogni gioia di vivere. I suoi lineamenti erano sempre inespressivi, lo sguardo vuoto, persino le rare risate suonavano forzate. Lei sapeva che Harry si stesse sforzando di non darle a vedere il suo tormento interiore, ma l'impressione che aveva era quella di una pianta abituata a vivere in pieno sole, che viene spostata all'ombra, e lì languisce, indebolendosi e diventando filamentosa e scolorita.

-Non posso vederti così, Harry. Non c'è nulla che ti faccia sentire un pochino meglio? Amira è nel box, è arrivata due giorni fa. Vuoi vederla?-

-Grazie, mamma. Non preoccuparti. Più tardi andrò a vederla- le promise il ragazzo.

Anne, col cuore pesante, ma decisa a fare qualcosa, andò a telegrafare al fratello. Lo avvertì del loro ritorno, e gli chiese di essere messa in contatto con Louis, che si trovava a Boston, affinché si fermasse a Denver durante il viaggio di ritorno.


" Harry, bentornato sul suolo americano. Riparto appena possibile da Boston, sarò lì da te tra due settimane. Con affetto, Louis"

Il telegramma, tra le mani di Harry, venne stropicciato da un tremore violento del giovane. Sua madre gli afferrò i polsi, per sostenerlo. Si guardarono negli occhi, senza parlare. Non era necessario.



22/03/2016 Vorrei esprimere tutta la mia vicinanza alle famiglie delle vittime degli attentati in Belgio, e tutta la mia rabbia, e dolore.

#prayforBruxelles


Come neve in settembreWhere stories live. Discover now