41. Di pane e di segreti

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La vita, non appena tornati a Colorado Springs, divenne piuttosto frenetica per Louis. Si fece assorbire completamente dalla scuola e dal lavoro per qualche giorno, ma Harry era tranquillo, perché sapeva che quello era il modo del giovane di lavorare: voleva fare le cose fatte bene, ed avere il controllo su ogni aspetto. Lui, dal suo canto, aiutò per davvero la madre a far pervenire dei lavori piuttosto notevoli di alcuni artisti emergenti, con l'intenzione di allestire una piccola mostra temporanea. Nel contempo tornò ad aiutare Peter al forno, provando una soddisfazione immensa a rimettere le mani in pasta: la prima notte che lo fece, sotto allo sguardo divertito di Tyler e di suo zio, rivelò di averlo sognato innumerevoli volte. La setosa sensazione dell'amalgama liscio ed elastico, la cedevole compattezza che doveva contrastare per impastare, l'odore acidulo del lievito madre. C'era qualcosa di magico, nell'alchimia di ingredienti e calore.

Certo, non gli erano mancate la fatica delle levatacce notturne e del trasportare i sacchi di farina, ma alle sette del mattino, quando i pani appena sfornati si raffreddavano sul pianale, diffondendo un aroma delizioso, Louis entrò per adempiere al loro rito quotidiano. Di fronte alle pagnotte appena sfornate, con l'acquolina in bocca, si sorrisero, ed Harry sentì che ne valeva la pena.

La differenza stava nel fatto che, per la prima volta, non erano soli a quell'ora. Suo zio era tornato a casa non appena avevano iniziato ad infornare, certo di aver rispolverato la memoria di Harry sulle procedure, ma Tyler era rimasto. Ora si era eclissato nel locale del forno, ed Harry, consapevole della sua presenza, si sentì in colpa.

Scusandosi con lo sguardo, andò a chiamarlo, per chiedergli di unirsi a loro per far colazione. Louis si adombrò, ma fece buon viso a cattivo gioco. Harry, come sempre ingenuo e cieco di fronte all'evidenza, insistette per dividere il suo latte con lui. Era troppo gentile; la sua premura avrebbe facilmente potuto essere fraintesa. Ripromettendosi di parlargli, Louis finì il suo pasto, perché a breve avrebbe iniziato a lavorare, ma non resistette alla tentazione di marcare il territorio baciando il suo ragazzo a fior di labbra, che arrossì.

-Ci vediamo dopo. Ciao, Tyler- Li congedò.

Harry si sentì in imbarazzo, perché di solito evitavano certe effusioni in pubblico, e sgattaiolò via dalla spinosa situazione iniziando a preparare le consegne. Tyler, però, lo seguì per aiutarlo, in quanto le cose erano un po' cambiate, da gennaio ad ora. Piano piano il rossore sulle guance di Harry svanì, e sorvolarono sull'episodio senza commentarlo.

-Sai che il signor Horan mi ha dato lezioni private per tutta l'estate?- Gli rivelò il ragazzo.

-Veramente? Sono proprio contento- rispose sinceramente Harry, sorridendogli.

-Anch'io, perché ora riesco a leggere quasi bene. Il dottor Payne mi ha aiutato tantissimo, anche se ultimamente è impegnato alla riserva...-

Harry sgranò gli occhi:

-Come mai? Chi sta male?-

-Non lo so. E' molto riservato, sul piano personale-

Harry annuì, caricando un altro cesto pieno di pane sul carretto.

-Senti, Harry... non ti ho mai ringraziato per avermi aiutato con questo mio problema. E' tutto merito tuo, se ora sono arrivato fino a qui- lo stupì il ragazzo, guardandolo negli occhi. Harry si schermì:

-Non dire stupidate, io non ho fatto nulla. Hai fatto tutto da solo-

-No, invece mi hai aiutato tanto, ed io lo apprezzo molto. Davvero: grazie- ripetè il ragazzo.

-Non ci pensare. Dai, ora rientra. Ci vediamo tra un'ora-

Mentre Harry si occupava di consegnare gli ordini di prodotti da forno, Louis apriva i battenti della piccola scolaresca. Lavorare con due classi divise per età era tutta un'altra storia, rispetto a prima, e riuscivano persino a fare alcune attività in co-presenza.

La sua classe era quella dei più piccoli, dai sette ai nove anni, per cui l'unico rimpianto era quello che a fine anno avrebbe perso Grace.

Anche quel mattino i ragazzi presero posto schiamazzando, ma sbrigandosi. Il maestro Louis era buono, ma severo, e non tollerava i perditempo. Mentre scriveva alcune annotazioni alla lavagna, sentì un lieve brusio alle sue spalle, per cui si girò, giusto in tempo per vedere proprio Grace con gli occhi lucidi e le guance arrossate.

-Cosa succede?-

La bambina scosse il capo, facendo intendere che fosse tutto a posto mentre si tratteneva per non scoppiare a piangere, e Louis la lasciò stare, dandole modo di ricomporsi. Iniziò la lezione, che coinvolse più o meno tutta la classe, ed in breve arrivò l'intervallo.

I bambini corsero fuori per giocare e sgranocchiare la merenda, che generalmente erano mele o pane. Louis ne approfittò per avvicinarsi a Grace, che era stranamente isolata dagli altri bambini, e non stava mangiando.

-Cosa succede, Grace? Ti senti poco bene?-

La bambina arrossì, negando col capo.

-Sto bene, signor Tomlinson-

-Ed allora cosa c'è che non va? Vuoi parlarmene?-

-No, mi scusi- rispose lei.

-Va bene; sappi che, se vuoi parlare di qualsiasi cosa, io sono qui- si arrese il maestro, facendole una carezza sulla guancia ed allontanandosi.

Quel mattino, Harry aveva portato il pane al saloon dopo un sacco di tempo.

Il proprietario del saloon l'aveva accolto col suo solito sorrisetto, ma ormai Harry si riteneva immune dalle insinuazioni provocatorie dell'altro, tanto che riuscirono ad avere una conversazione pressoché normale, all'inizio. Poi, Blake commentò:

-E così, il micetto si è trasformato in un tigrotto-

-Sai, una volta le tue insinuazioni mi mettevano in imbarazzo. Ora, mi infastidiscono soltanto- rispose Harry a metà tra il serio ed il faceto, sicuro di potergli tenere testa.

-Fare nuove esperienze aiuta a crescere, ti hanno reso meno innocente. E' quella la differenza- Replicò Blake, scoppiando in una risata mentre Harry avvampava, come si era aspettato.

-Mi sbagliavo: mi metti ancora in imbarazzo!- Borbottò tra i denti il ragazzo, urtandolo poco gentilmente con un cesto contro il torace. L'uomo non si scompose minimamente, incassando il colpo neanche tanto forte, perché Harry era troppo gentile per colpirlo seriamente.

-Non mi deludi mai. Ma dimmi, visto che siamo in argomento...- Harry lo interruppe tappandosi le orecchie, facendolo ridere di nuovo.

-Sto scherzando. Stai attento al garzone, invece-

-Tyler?! E perché mai?- si stupì Harry, abbassando le mani dalle orecchie. Era cresciuto in altezza, ed ora poteva guardare l'uomo senza dover alzare lo sguardo, da pari a pari.

-Si è preso una cottarella. Mi ricorda te, quando sei arrivato, tutto innocente ed a occhi sgranati... anche se, ultimamente, sta crescendo, non trovi?- Divagò Blake, guardandolo negli occhi.

-Mi stai dicendo che... oh, no. Non va bene- disse Harry, dispiaciuto.

-Dipende- lo sorprese l'altro, facendogli alzare di nuovo gli occhi dal pavimento.

-Cosa stai dicendo? Non ti capisco-

-Dipende da quello che vuoi tu. Converrai che è un bel ragazzo. Ha il viso di un angelo, e gli occhi di ghiaccio. Anche se continuo a trovare più belli i tuoi- rispose Blake, mentre Harry arrossiva di nuovo.

-Per favore, smettila. Non prendermi continuamente in giro. Sono un adulto, e certe frasi sconvenienti non dovresti dirle- lo rimproverò Harry, indurendo lo sguardo.

Blake alzò le mani:

-Guarda che la malizia sta negli occhi di chi guarda, Harry. Io ho fatto solo delle osservazioni oggettive, ed ho espresso la mia opinione. Se volessi scandalizzarti, ti direi ben altro-

Harry scosse il capo. Non riusciva a tenergli testa nelle schermaglie verbali, ma sentiva a pelle che l'uomo non fosse malintenzionato. Solo, il suo essere gentile non riusciva a capire appieno la schiettezza irriverente ed eccessiva dell'uomo. Sospirò, e fece un cenno di saluto, congedandolo.

Come neve in settembreHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin