25. Il problema di Tyler

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La malattia aveva debilitato enormemente Louis. Non lo aveva detto ad alta voce, perché non voleva che Harry si preoccupasse più di quanto non fosse già, ma stava faticando a riprendersi. Era rimasto ricoverato in clinica, quando i posti letto andavano via via svuotandosi, e la cittadina tornava lentamente ad una parvenza di normalità. Lui osservava il tranquillo via vai dalla finestra, stancandosi anche solo per mangiare due cucchiai di minestra. Liam gli aveva detto che fosse normale, che non doveva avere fretta, ma Louis era demoralizzato.

Harry passava tutte le mattine a salutarlo ed a portargli il pane appena sfornato, di cui lui assaggiava soltanto la crosta, apprezzandone la fragranza, ma senza appetito. Poi tornava al pomeriggio, prima dell'apertura del panificio, e spesso rimanendo semplicemente fino a sera, mentre Peter e Tyler si arrangiavano. Avevano ripreso a preparare anche le paste alla crema di mais, in sospeso dall'inizio dell'epidemia, e quello, più di tutto il resto, aveva dato ad Harry una parvenza di normalità.

Niall passava altrettanto spesso, fermandosi però per meno tempo, impegnato com'era a rendere di nuovo agibile la scuola, che sarebbe stata riaperta senza Louis. Per il momento, anche solo stare seduto stancava il maestro. Niall cercava di coinvolgerlo il più possibile, senza esagerare, per evitare che si sentisse relegato in un angolo, e Louis lo apprezzava tantissimo.

Quel giorno, Harry arrivò proprio mentre i due insegnanti stavano discutendo di pedagogia, materia totalmente sconosciuta ad Harry, che si fermò intimidito dietro alla porta socchiusa, realizzando quanto distanti fossero lui e Louis sul piano culturale. Niall stava dialogando serenamente con lui, argomentando e avvalorando il suo discorso con competenza. Liam gli arrivò alle spalle, facendolo sobbalzare. Harry gli fece cenno di non dire niente, e tornò sui suoi passi, lasciando i due parlare indisturbati.

Tornò in negozio, anche se era chiuso, e si sedette nel retrobottega con la testa tra le mani. Si sentiva combattuto. Da un lato, era certo che l'affetto che lo legava a Louis fosse profondo, viscerale. Dall'altro, si rendeva conto di non essere abbastanza per lui. Louis era un uomo adulto, di cultura elevata, sapeva suonare il piano, sostenere conversazioni di un certo spessore ed aveva un lavoro per cui era riconosciuto e stimato. Lui cos'era? Un semplice ragazzetto che impastava il pane, con la licenza primaria e tanti sogni per la testa. Nulla di più.

Tyler lo fece sobbalzare.

-Scusa, non ti avevo visto- mormorò il ragazzo, guardandolo incuriosito.

-Cosa ci fai qua?- Gli chiese Harry.

-Resto qua a leggere. Tuo zio lo sa- rispose il ragazzo, ed Harry si rese conto di sapere poco o niente di lui.

-Dove abiti, Tyler?-

-Oltre la chiesa, fuori dal centro cittadino, come te-

-E come mai non vai a casa a pranzo?-

Tyler abbassò gli occhi, non volendo rispondere.

-Scusami, sono maleducato e curioso- fece marcia indietro Harry, al che il ragazzo scosse la testa:

-No, no, hai tutto il diritto di farmi delle domande. Lavoriamo insieme e quasi non ci conosciamo-

-Cosa leggi?- Chiese Harry, allungando il collo per leggere il titolo. Tyler fece per nasconderlo, ma ormai il ragazzo aveva visto: era un libro per bambini. Il ragazzino biondo arrossì fino alla punta delle orecchie.

-Sono stupido. Non riesco a leggere. Ora lo sai- sbottò, mordendosi un labbro, umiliato. Non si aspettava di trovare Harry nel retrobottega, e non aveva pensato di nascondere i suoi sterili sforzi di migliorarsi.

-Ehi. Tu non sei stupido. Io ti conosco, e so che non lo sei-

Tyler guardò fuori dalla finestra, mestamente:

-Ed invece sì. Ho un problema nella mia testa. Non riesco a leggere. Mi sto sforzando di esercitarmi, e mi vergogno un sacco-

-Ne so qualcosa- borbottò Harry, alzandosi ed afferrando il libro.

-Fammi capire perché non ci riesci- lo spronò, mettendogli il libro davanti al viso.

-Mi vergogno- ripetè il ragazzo, con le guance color mattone.

-Tyler, lo sai che non ti prenderei mai in giro. Voglio aiutarti-

-Il reverendo mi diceva che sono stupido- confessò il ragazzo, esternando finalmente uno dei motivi principali della sua insicurezza.

-Quel soldato, Smith, mi ha sputato in faccia credendo che volessi sedurlo- scivolò fuori dalla bocca di Harry, che spalancò gli occhi non appena si rese conto di aver rivelato un particolare che non aveva mai confidato a nessuno, nemmeno a Louis.

Tyler spalancò la bocca, con una espressione talmente incredula che Harry arrossì a sua volta.

-Ti ho detto una cosa che non sa nessuno- borbottò.

-Siamo pari- replicò il ragazzo.

-Bene. Ed allora, che rimangano confidenze tra noi. Ora, prova a leggere- tagliò corto Harry, che sentiva l'istinto di prendere sotto alla sua ala protettiva quel ragazzino timido.

Non appena Tyler iniziò a sillabare con difficoltà, Harry si rese conto del problema. Il ragazzo riconosceva con facilità le lettere, prese singolarmente, ma non riusciva a leggerle insieme per formare le parole, invertendo le sillabe. Poco dopo smise, umiliato e con le lacrime di frustrazione agli occhi.

-Ehi, ehi, non piangere. Sono sicuro che è un problema che si può risolvere. Hai provato a chiedere al dottor Payne?-

Il ragazzo sgranò gli occhi chiarissimi su Harry.

-Secondo te si può risolvere? Non sono semplicemente stupido?-

-Ma cosa dici. Certo che non sei stupido. Anzi, forse potremmo chiedere a Louis; insegnando, forse lui ha già avuto a che fare con cose così...-

-No, ti prego Harry. Louis mi mette in soggezione. Non dirgli niente- lo supplicò il ragazzo.

-Ok, ne parleremo con Liam- decise Harry.

-Io mi vergogno tanto...- tentò di protestare ancora Tyler, ma Harry lo bloccò:

-No, Ty. Non ti devi vergognare. Non è colpa tua. Non hai deciso tu di essere così, e nessuno ha il diritto di prenderti in giro-

Come neve in settembreWhere stories live. Discover now