13. Avonaco

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Il mattino seguente Harry stava combinando un disastro dietro l'altro.

La lievitazione non era stata soddisfacente; aveva bruciato la prima infornata, scottandosi l'indice di una mano con la pala rovente; aveva rotto un sacco di farina sul pianale, e dulcis in fundo, aveva dimenticato di segnare la croce sopra ai pani che aveva messo a cuocere dopo aver pulito il disastro.

Eppure, nulla di tutto ciò l'aveva scalfito. Aveva un sorriso sognante stampato sul viso, anzi, era precisamente tra le nuvole, occupato com'era a rivivere la sera precedente.

Suo zio non l'aveva rimproverato, limitandosi a commentare tra se e sé che " la distrazione del cuore non fa bene al pane", e cercando di evitare che il nipote non si infilasse per sbaglio nel forno credendo di uscire dalla porta.

Quando entrò il dottor Payne, perciò, Peter sospirò di sollievo, sperando che la visita riportasse il nipote coi piedi per terra.

-Buongiorno. Avrei bisogno di scambiare quattro chiacchiere in privato con te, Peter- esordì il giovane medico. Con un cenno di intesa al nipote, Peter si portò sul retro del negozio, ed Harry rimase nel negozio con Tyler, lontano dal forno. Quando ne uscirono, cinque minuti più tardi, erano pallidi e seri, e Liam uscì salutandoli solo con un cenno del capo.

-Cosa succede, zio?- Si preoccupò subito il ragazzo.

-Te ne parlo a casa, Harry. Tyler, per favore, fai il giro delle consegne con Harry. Stamattina è particolarmente distratto- rispose Peter in tono bonario.

-Scusa, zio- arrossì Harry, mortificato. Caricò con il garzone il carretto, e cercò di concentrarsi sulle commissioni.


Giunti al saloon, Harry era di nuovo perso nei suoi pensieri, tanto che non notò nemmeno l'occhiata strana che gli rivolse Blake, né tantomeno che questi avesse terrorizzato il povero Tyler con una battuta audace. Finirono il giro, ed una volta tornati al negozio, Peter mandò Harry all'emporio con una breve lista della spesa per tenerlo lontano da lì.

Durante il tragitto verso casa, a mezzogiorno, Peter svelò al nipote quello che avrebbero tentato di fare. Liam era rimasto colpito dall'osservazione di Harry su Avonaco, il vecchio capo indiano, ed aveva deciso di cercare il modo per farlo uscire dalla riserva e tentare di operarlo.

Era andato dal dottor Ferguson, mettendolo al corrente della gravità clinica del vecchio indiano, ricevendo in risposta la proibizione assoluta di intervenire in alcun modo su un suo paziente.

 Non aveva il permesso di intervenire nella riserva, perché il vecchio medico delle terme aveva dato un parere negativo. Il paziente era suo, e non riteneva necessario operarlo. Non era nemmeno passato di persona a visitarlo, decidendo a priori; per Liam era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso e che l'aveva fatto decidere di chiedere aiuto a Peter. Non potevano farlo evadere e portarlo alla clinica; l'unica soluzione era allestire un tavolo operatorio in un posto protetto, lontano da occhi indiscreti.

Era una follia; Harry era senza parole di fronte all'audacia ed al coraggio del medico, che rischiava non solo di non poter più esercitare, ma di finire in galera.

-Mi pare di capire che vorrebbe amputargli il piede destro, perché rischia di fare una cancrena gassosa, o qualcosa del genere, che gli sarebbe fatale. L'operazione è rischiosa, ed io non so se i pro valgano i contro. Siamo d'accordo che oggi lo accompagno alla riserva, per valutare di nuovo la situazione- concluse Peter, serio e preoccupato.

-Voglio venire con voi- esclamò Harry. Lo zio stava per replicare, ma qualcosa nello sguardo del nipote, sorprendentemente, lo convinse.

-Harry, sappi che è una cosa pericolosissima. Rischiamo la galera, per una cosa del genere. Qui non si tratta di fare da tramite per passare qualche medicina; qui si tratta di favorire una evasione di una persona deportata. Voglio che tu sia consapevole di ciò-

Harry annuì.

-Questo significa che non devi parlarne ad anima viva, nemmeno a Louis- continuò lo zio.

Harry esitò lievemente, poi acconsentì di nuovo.

-Ti dò la mia parola-


Il pomeriggio stesso, per la prima volta in vita sua, Harry mise piede nella riserva.

Aveva inventato una scusa con Louis, rimandando la loro uscita alla sorgente, ed ora osservava ammutolito i pochi teepee consunti, ed un paio di cani magri che si contendevano un osso. Peter aveva firmato per lui all'ingresso, registrandolo a suo nome, perché era minorenne. Il soldato di piantone lo aveva scrutato a lungo, intimidendolo, prima di lasciarlo passare.


La tenda più grande era quella del capo tribù, Avonaco, Orso Magro, il cui nome gli era stato dato in gioventù per aver fatto amicizia con un orso, il quale era cresciuto ed invecchiato assieme a lui, passandogli forse un po' del suo spirito, in quanto sembrava per davvero un orso. O almeno lo era sembrato; ora, la fierezza e la maestosità dell'animale avevano abbandonato le membra del vecchio, che sembrava niente di più di un anziano ammalato, coperto da alcune pelli, sdraiato su un giaciglio.

Harry notò subito un odore acre, solo in parte coperto dai profumi delle bacche e delle piante che stavano bruciando nel fuoco acceso. Peter lo fece avvicinare all'anziano, ed Harry salutò, chinando il viso, il capotribù. Colui che, in passato, aveva tentato di trattare col governatore per aiutare la sua gente; colui che aveva visto susseguirsi molti colonnelli dell'esercito, vedendo in tutti la stessa incomprensione e lo stesso disprezzo per il suo popolo e le sue tradizioni.

Piccolo Lupo li raggiunse, sorridendo ad Harry ed accogliendoli come ospiti graditi, facendo gli onori di casa. Poco dopo arrivò anche Migisi, Aquila, l'unica figlia rimasta in vita di Avonaco, e quindi colei che un domani avrebbe preso il posto del padre. Lei offrì loro delle bevande; poi Peter chiese ad Harry di uscire. Il ragazzo seguì Misigi, imbarazzato di non comprendere la lingua, ma la principessa indiana lo sorprese con uno stentato inglese. Nel frattempo Liam valutò le condizioni del paziente, aiutato da Peter e da Piccolo Lupo, e poi uscirono a loro volta, trovando Harry e Misigi intenti a giocare con due bambini, gli unici due di tutta la riserva, che fischiavano attraverso uno strumento di legno intagliato.

-La situazione è grave. Non si può aspettare- disse Liam. Harry si alzò e gli si parò davanti:

-Sei un eroe, hai tutta la mia stima e ti aiuterò facendo tutto il possibile-

Liam gli sorrise, grato, prima di rivolgersi ai due indiani e parlare con loro. Il villaggio pareva deserto; tutti sapevano quello che sarebbe successo, ed aiutavano i tre bianchi cercando di non insospettire i soldati.

-Peter, abbiamo bisogno di te. Casa tua è abbastanza isolata rispetto al paese; io abito sopra alla clinica, per cui da me è escluso che possa portarlo. Non avrei mai voluto chiedertelo...- iniziò Liam, ma Peter lo fermò con un gesto della mano:

-Il fienile è a tua disposizione, non aver pensiero. Quanti giorni gli serviranno per riprendersi?-

-Nelle sue condizioni? Almeno una settimana; ovviamente non avremo tutto questo tempo. Qui devi entrare in gioco tu, Piccolo Lupo- fece Liam.

-Sarà un onore. Lo nasconderò nella foresta- affermò l'indiano.

-Sai che sarai ricercato? Che ti spareranno a vista? Vivrai per sempre come un fuggitivo, Honiahaka- commentò Peter, dispiaciuto.

-Scriveremo al governatore. Gli esporremo il caso. Andremo fino a Washington e chiederemo la grazia- affermò, convinto, Harry.

Piccolo Lupo abbracciò Harry di slancio, e Misigi gli sorrise.



Come neve in settembreWhere stories live. Discover now