5.

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Louis scese lentamente la scaletta del fienile, e col cuore pesante si avviò verso il paese. Si ricordò all'improvviso di Grace, e tornò sui suoi passi giusto in tempo per sentire la voce della bambina giungere dalla finestra:

-Stai male, Harry?-

Assicuratosi che la sua piccola alunna non fosse da sola, prese il viottolo che conduceva in paese, affrettando il passo. Ben presto la camminata veloce si trasformò in una corsa, e Louis scappò via.


Harry era sconvolto. Non era normale che un uomo gli provocasse quelle sensazioni; sarebbe dovuto succedere con una ragazza, ed invece il bacio di Louis gli aveva confermato ciò che più lo terrorizzava, ciò per cui i genitori lo avevano allontanato da Denver, con l'intento di fargli cambiare aria, dopo che erano sorte delle voci allusive nei confronti del loro figliolo. Harry era diverso, era uno spostato, era un bersaglio facile alle prese in giro dei suoi coetanei, che avevano iniziato a rivolgergli insulti neanche troppo velati.


Una delle ultime volte sua madre gli aveva preso il viso tra le mani, asciugandogli le lacrime con i pollici, e guardandolo negli occhi gli aveva detto:

-Harry, non dar loro retta. Sei una persona meravigliosa. Sei il ragazzo più dolce ed altruista che io conosca. Quelli sono solo degli stupidi ragazzini insensibili-

Ma la storia era andata aggravandosi, ed i suoi genitori, dopo aver passato notti insonni ad arrovellarsi per cercare un modo per far cambiare le cose, avevano deciso di affidarlo temporaneamente a Peter, il fratello di sua madre, nella speranza che cambiando città il ragazzo riuscisse a vivere più serenamente gli anni della sua adolescenza.

Ed ecco che, invece, tutto ritornava centuplicato. Aveva provato piacere baciando un altro uomo. Era un finocchio.


Rimase steso in camera sua fino a che il sole non cambiò angolazione, dimenticando il panificio, la cuginetta, tutto quanto.

Grace rigovernò i piatti, e poi si mise a fare i compiti che aveva assegnato il maestro quel mattino. Impiegò circa un'oretta, poi giocò sull'uscio con le sue due bambole, lasciando che Harry dormisse. Suo padre arrivò verso le quattro, sorpreso e preoccupato dalla mancanza del nipote al panificio, davanti al quale era passato tornando dalla clinica.

-Gracy, che succede? Dov'è Harry?-

-Dorme. E' molto stanco, papà- disse la piccola.

Peter la sorpassò e si diresse in camera di Harry.

-Harry, stai male?-

Il nipote non si mosse. Di lui Peter vedeva soltanto una massa di ricci disordinati, perché era voltato a pancia in giù, col viso sprofondato sul cuscino.

-Harry?- Ripetè, sedendosi sul letto ed accarezzandogli la schiena, come per svegliarlo. Ma Harry lo sorprese singhiozzando.

-Harry, cosa ti prende? Cos'è successo?- Si allarmò, cercando di farlo girare per guardarlo in viso. Il nipote si fece manovrare come una bambola, il viso sconvolto dalle lacrime, gli occhi gonfi, e Peter si spaventò sul serio. Non lo aveva mai visto così, mai, nemmeno quando Emily era stata male.

-Harry, ti prego, dimmi cosa ti è successo!- Lo spronò, scuotendolo leggermente, ma provocandone soltanto un lamento che si trasformò in pianto. Peter se lo tirò tra le braccia, tentando di calmarlo, spostandogli i ricci dalla fronte sudata, chiamando Grace perché gli portasse dell'acqua. Gli bagnò il viso con uno straccio umido e gli fece bere a forza un sorso di whisky, mentre pensieri cupi iniziavano a passargli nella mente. Non appena Harry si fu leggermente calmato, addormentandosi contro la sua spalla, lo riadagiò a letto e si portò in corridoio la figlia, chiudendo la porta. Si inginocchiò davanti a lei e le posò le mani sulle spalle.

Come neve in settembreWhere stories live. Discover now