Chapter 35.

86 8 0
                                    

"Harry.." disse Louis dopo un po', avevo captato la sua voce dopo qualche istante, assorto come ero dal rumore dei miei pensieri. Lo guardai in faccia, aveva un sorrisino triste e gli occhi lucidi. Non avevo bisogno di spiegazioni, quell'espressione e quel tono di voce usato avevano dato vita ad una paura, ad una reazione, che avevo previsto ma che non mi aspettavo realmente di vivere, pensavo che avrebbe accettato anche così, su due piedi, non importa quanto avventata fosse stata quella proposta. Decisi, nella mia mente, tra me e me, che non avevo bisogno né di scuse ne tantomeno di spiegazioni, mi sarei addossato la colpa di quella proposta troppo avventata per noi che, in fondo, eravamo troppo giovani e che, oltremodo, non avrebbe cambiato nulla all'interno del nostro rapporto. Decisi, ancora una volta silenziosamente, che non avevamo bisogno di nessun pezzo di carta dal comune. Presi l'anello che era destinato a me e lo misi in tasca, l'altro lo lasciai sul tavolo della cucina. Sorrisi amaramente quando lo spostai più verso lui.

"No! Ho capito, sta tranquillo. Sappi che non cambierà niente tra di noi, spero. Prendilo come un regalo se vuoi." Dissi io riferendomi all'anello, non riuscivo a guardare Louis negli occhi e sperai vivamente che quella fosse solo una rabbia, una delusione passeggere.

"Non vuoi ridarle indietro?" disse Louis tentennante, la sua voce tremava, pronta a spezzarsi proprio come me di fronte a quella frase. Ingenuamente ed internamente avevo sperato che lui mi fermasse e mi dicesse che doveva solo pensarci di più, ma invece mi sorprese dicendomi quelle cose. Sorrisi di nuovo, forse più amaramente di prima, e scossi il capo.

"Dobbiamo parlare, devo dirti delle cose..Importanti." disse Louis quasi nervosamente.

"Non adesso, capiscimi." Dissi io, non era proprio il momento di parlare di cose che sapevo benissimo mi avrebbero fatto cedere, di nuovo. Perché ormai lo sapevo, quando si trattava di me, non c'era una cosa che andasse bene o che non fosse stata compromessa. Negli ultimi tre anni avevo vissuto situazioni che rasentavano l'assurdo, avevo vissuto sensazioni che non augurerei probabilmente nemmeno al peggiore dei miei nemici. A volte mi consideravo una specie di disgrazia per gli altri tanto quanto per me. Ma cosa potevo farci? Cercavo di fare il mio meglio, cercavo di stupire me stesso in primis, ma tutto quello che ottenevo erano situazioni impossibili ed ingestibili.

Mi diressi verso la stanza da letto, mi chiusi a chiave lì dentro e, una volta sdraiatomi sul letto, misi le cuffiette e feci partire una canzone dalla riproduzione casuale del mio telefono.

Banalmente pensai che la musica, da un po' di tempo ormai, era divenuta la causa principale delle mie riflessioni. In certi casi, pensai ancora di più cadendo nel cliché, mi aveva perfino salvato. Ricordai perfettamente che, quando mi decisi finalmente ad andarmene via dal mio paese originario, i Simple Plan mi avevano aiutato a prendere, o meglio, a confermare la decisione che in cuor mio avevo già fatto. Ricordai esattamente come mi sentii, e come mi ero sempre sentito, perennemente incompleto ed insoddisfatto, il concetto di quello che volevo essere era nettamente distante da quello che ero. Presi così la mia vita in mano e me ne andai per trovare me stesso, quello reale, che ancora non era venuto fuori.

Decisi, accompagnato dalle note di una canzone di Sia, che mi sarei calato in un silenzio tale da permettermi di poter riflettere. Considerai l'opzione di aprire un nuovo capitolo della mia vita che mi avrebbe portato alla piena realizzazione di me stesso.

Ma se si apre una porta bisogna chiuderne un'altra, altrimenti si crea corrente.

Ero disposto a chiudere quella porta?

Veloci passarono i giorni che mi dividevano dalla scadenza della mia decisione. Passarono giorni scanditi dal mio silenzio e dalla mia irrequietezza che, dentro me, sapevo benissimo da cosa fosse scaturita.

Io mi conoscevo talmente bene in alcune cose che sapevo che il tempo che mi ero preso per decidere era solo un tempo di passaggio, perché fin dall'inizio sapevo cosa avrei fatto.

In quel periodo di decisione, internamente già avvenuta, ebbi l'opportunità di stare con me stesso, di potermi conoscere meglio e ad aprirmi a me. Io, ai miei stessi occhi, ero una sorta di mistero che solo io avrei potuto risolvere.

Nessuno, ahimè, aveva avuto la pazienza, la curiosità o l'affetto per provare ad aiutarmi in quel percorso di crescita che avevo compiuto, e stavo tuttora compiendo, da solo.

Per una settimana, o giù di lì, trovai conforto nella musica, una fedele compagna che avevo trascurato per un po' ma che suonava indisturbata nella mia mente nonostante nessun apparecchio elettronico la espandesse nelle mie orecchie. Lei era sempre lì e, cosa più importante, radicata nel mio cuore.

Realizzai una cosa riguardo me stesso, forse una delle pochissime cose positive della mia persona, ovvero la mia capacità di sapere andare avanti. Chissà quante volte mi ero ritrovato con tutte le speranze strappate via, eppure avevo sempre trovato il modo di reagire, di andare avanti o, perlomeno, far finta di nulla.

Avevo cercato, e in parte ci ero anche riuscito, di raccogliere di nuovo tutte le mie forze e di abbandonare le mie paure per andare ancora una volta oltre.

Perché puoi andare in qualsiasi città bellissima chissà dove, ma il coraggio e la voglia di ricominciare da capo non devono mai mancare, nemmeno quando tutto va bene. Bisogna far scorta di certezze per quei periodi di carenza, di carestia. Bisogna immagazzinare tutto in una valigia e non perdersi d'animo, anche se sempre fin troppo semplice e più plausibile.

Era giovedì, lo ricordo bene, benissimo, ero appena tornato da una lunga passeggiata che mi aveva portato a conoscere alcuni dei parchi più belli, ma a me sconosciuti, di Londra. Ero certo di voler dare una possibilità a Louis di raccontarmi tutte quelle cose di cui voleva informarmi tempo prima. Mi sentivo particolarmente sicuro e, anche se non lo avrei mai ammesso, mi sentivo positivo, come se quella conversazione avrebbe portato chissà quali cose, sicuramente mi avrebbe parlato del periodo in cui non c'ero stato, ma mi andava bene così, o almeno credevo.

Aprii la porta lentamente, non so per quale strana ragione, forse volevo solo apparire disinvolto agli occhi di Louis. Mi diressi verso la cucina.

Brusii.

Brusii e due persone semi distese sul tavolo.

"Era questo tutto quello di cui volevi parlarmi tempo fa?" Chiesi io retorico e abbastanza deluso.

Mi girai nuovamente verso la porta dalla quale ero entrato e lasciai Louis e Caleb consumare qualcosa che non avrei mai capito e perdonato.


Una notte. (Larry Stylinson)Where stories live. Discover now