Chapter 34.

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Quanta fatica m'era costata convincere Louis che Caleb, da qualche tempo almeno, non era più un elemento rilevante nella mia vita, ma lui non ci voleva credere anche se quelle parole le avevo pronunciate io stesso. Non riuscivo a toglierlo da quello stato protettivo nel quale si era catapultato, diceva che era geloso perché tra di noi qualcosa c'era stata anche se non sapeva realmente quale motivo ci aveva spinti ad incontrarci. Io, dal mio canto, provavo a fare finta di nulla anche se dentro ero profondamente turbato dal ritorno di Caleb. Come aveva fatto a trovarmi dopo tutto questo tempo? Di certo, e conoscendolo almeno un po', sapevo che non fosse una coincidenza e ciò non appariva positivamente ai miei occhi. Non ne parlai con Louis in ogni caso, questo sarebbe stato un pretesto per fare in modo di levare di torno Caleb e, anche se la cosa non mi sembrava così malaccio, non volevo mettere nei guai Louis.

Le cose sembravano tornate alla normalità, certo, se si lasciavano di parte Caleb e Niall, la mia, anzi, la nostra vita, quella mia e di Louis, appariva perfettamente ritmica. Io amavo letteralmente la routine che scandiva i nostri giorni, amavo sinceramente tutto quello che facevamo lontani, come il lavoro per esempio, perché sapevo che me lo avrebbe fatto apprezzare di più. La cosa che mi faceva sentire realmente felice era ritornare dal lavoro e trovarlo sul divano seduto intento a leggere qualche rivista a caso lasciata sul tavolinetto del salone, mi piaceva vederlo lì con il suo broncio da concentrazione e spesso, anzi, sempre mi ritrovavo ad osservarlo divertito ed innamorato. Se prima sorridere era una missione impossibile, adesso con lui era un'abitudine.

Durante alcune delle nostre serate casalinghe, vale a dire film e coperte, mi soffermavo ad osservarlo mentre mi accarezzava i capelli e cercava di capire cosa sarebbe successo nella scena successiva e pensavo che nonostante le nostre terribili disavventure, noi eravamo ancora lì, avevamo sfidato le crisi, le distanza, le mancanze e perfino la morte, sempre insieme, sempre accanto all'altro, che male che andasse ci saremmo sorretti a vicenda. In quei momenti di perdizione totale, sentivo di essere così felice da poter perfino piangere di gioia, una gioia, una felicità sincere per davvero. Ogni persona meriterebbe di provare quella felicità, quella che spesso tendiamo a non notare nemmeno.

Da qualche mese avevo trovato lavoro presso una gioielleria nel centro della città e spesso mi trovavo ad avere a che fare con uomini che, volendo fare la proposta di matrimonio alle fidanzate, si affidavano a me per la scelta dell'anello, ed io, furbo quanto ingenuo allo stesso tempo, mi facevo raccontare qualche dettaglio della futura, almeno si sperava, sposa ed ascoltavo con occhi sognanti quegli sprazzi di vita così semplici quanto importanti che i mariti, con un sorriso sghembo sul volto, sceglievano naturalmente di raccontare, episodi casuali che restavano impressi nella mente. A quasi ventuno anni suonati, nonostante fossi abbastanza giovane, riflettevo spesso sul matrimonio e, di tanto in tanto, mi capitava di osservare rapito le fedi d'oro e, molte volte, lo ammetto, avevo ben pensato di commettere una follia e di prendere un anello per Louis, però poi mi ridestavo da quel sogno ad occhi aperti e lasciavo stare.

Un pomeriggio, una volta congedato gli ultimi clienti, mi soffermai, per l'ennesima volta, ad osservare quelle due fedi d'oro bianco con una pietra azzurra e verde incastonata al centro, erano davvero bellissime e, ancora una volta, fui tentatissimo di comprarle. Quel pomeriggio, forse per la prima volta, riflettei bene se comprarle o meno. Ero davvero pronto ad un passo del genere?

"Dovresti prenderle." Mi disse il mio capo che, come in punta di piedi, si era avvicinato a me.

"Intendo dire..le guardi spesso, potrei anche farti uno sconto." Aggiunse dopo qualche secondo.

"A dire il vero sono indeciso, non so se sono pronto per questo passo." Risposi io pronto a girare i tacchi e andarmene a casa.

"Se non fossi pronto a questo non ci penseresti nemmeno." Disse l'uomo. Non aveva tutti i torti.

"Che dovrei fare?" chiesi io palesemente indeciso, anche se una scelta l'avevo già fatta e si poteva leggere a chiare lettere nei miei occhi.

James mi sorrise e con un cenno della mano mi disse: "Vieni ragazzo, devi solo firmare alcune carte."

Nervoso, ero troppo nervoso. Firmai con mano tremante quelle scartoffie e, ancora tremante, misi in tasca quelle due fedine poste nel contenitore in velluto nero.

Uscii dal negozio e presi il bus e, durante il tragitto, decisi quasi automaticamente che l'anello con la pietra azzurra l'avrei tenuto io, mentre l'altro con la pietra verde sarebbe andato a Louis. Sembrava così semplice ed invece stavo letteralmente agitandomi come uno sciocco.

Entrai in casa con passo incerto, Louis era seduto sulla sedia della cucina e beveva qualche intruglio nella tazza che gli avevo regalato all'inizio del nostro fidanzamento.

"Ehi." Mi salutò lui alzandosi e baciandomi delicatamente le labbra.

"Ciao." Risposi io sorridendo automaticamente.

"Dovresti provare questa tisan.." cominciò a dire lui tornando a sedersi.

"Sposami." Dissi io interrompendolo verso la fine della frase e restando fermo, come congelato, sul posto.

"Eh?" chiese lui guardandomi leggermente accigliato.

Estrassi i due anelli e li appoggiai sul tavolo da pranzo della cucina ed aggiunsi: "E' da quasi un mese che guardo questi due anelli ed oggi mi sono deciso a comprarli. Insomma, guardali, la pietra azzurra, come i tuoi occhi, va a me, mentre l'anello con la pietra verde, come i miei di occhi, la prendi tu. Sposami. Ne abbiamo passate tantissime insieme eppure siamo ancora qua, cosa abbiamo da perdere?! Sposami."

Quelle parole suonarono atone, ma, nonostante la loro semplicità, furono sentite. Pronunciai quel discorso improvvisatissimo restando sempre al posto di prima, sembravo quasi in trance mentre pronunciavo le parole più importanti della mia vita, quelle che, nel bene o nel male, avrebbero cambiato tutto irrimediabilmente.

Louis mi guardava con la bocca socchiuse, sicuramente era rimasto stupito da quella proposta, ma non seppi leggere il suo sguardo. Io mi persi e, come nei migliori film, mi vennero in mente tutti i momenti passati insieme, mi ricordai del nostro primo incontro avvenuto di fronte la ruota panoramica, del concerto dei The Fray, dell'incontro con sua madre, delle nostre serate passate fra coccole e sguardi che gridavano discorsi che le nostre bocche e le nostre menti non avrebbero mai saputo formulare e pronunciare, della dichiarazione sul molo di Clevedon, mi ricordai che aveva rischiato la vita per vedermi felice e che, mentre chissà chi mi teneva sul baratro, lui mi aveva aspettato pazientemente per sei lunghi mesi, perso nell'incertezza di vedermi ancora una volta. Pensai anche alle litigate senza senso sfociate in tragedie, alla mia scappatella fuori città, agli attacchi di gelosia, alle notti passate a consolarlo dai suoi incubi e dai suoi attacchi d'ansia.

Pensai così ad alta voce che a stento mi accorsi della voce di Louis che, ovattata, arrivò alle mie orecchie.

"Harry.."

Una notte. (Larry Stylinson)Where stories live. Discover now