Chapter 2.

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Una parte di me ancora non voleva credere che fossi veramente lì, dire che 'ce l'avevo fatta' era un eufemismo, ma in parte era la verità, anche se l'arrivo rappresentava solo la punta dell'iceberg. Mi ero informato su internet tempo prima e avevo trovato un alloggio temporaneo in un ostello, trovare un lavoro non sarebbe stato molto difficile, dal taxi ero riuscito a scorgere una moltitudine di annunci, non avevo esperienze lavorative ma mi sarei rimboccato le maniche e avrei fatto sicuramente del mio meglio. Giunto a destinazione pagai il taxi ed andai alla reception, mi venne affibbiata la stanza 120A, non persi tempo a raggiungerla, era una stanza piccola ma contenente l'essenziale, aveva la pareti blu ed azzurre e c'erano un letto, un bagno e due armadi abbastanza capienti. Una volta sistemate le mie cose, decisi di chiamare mia madre. Si rivelò una chiamata abbastanza difficile, lei non riusciva a capacitarsi del perché me ne fossi andato di casa ed io feci il necessario per calmarla. "Non ti chiedo di capire la situazione, accettala per il momento, ci sentiremo qualche volta per telefono, tornerò, non ti preoccupare" , furono le parole con le quali chiusi la chiamata dopo circa mezz'ora. Le dissi che ero a Londra ma che doveva lasciarmi i miei spazi, ringraziai il cielo che non avesse fatto troppe storie e che avesse cercato di essere ragionevole. Erano circa le dieci di mattina quando scesi in strada e cominciai a vagare senza meta per la città. Era davvero una città meravigliosa Londra, proprio come me l'ero sempre immaginato, la gente era un po fredda e distaccata ma non me ne curavo più di tanto, non ero andato lì per trovare qualcuno a caso, ero li per trovare me stesso. Le strade erano affollate, taxi, autobus, moto e macchine sfrecciavano di fronte ai miei occhi, la gente camminava a passo spedito e l'aria e particolarmente fredda anche se quel giorno splendeva il sole. Mi presi un po di tempo per visitare sommariamente la città e mi sentii felice, avvertivo quel tipo di felicità che magari non ti faceva sorridere, ma che in un certo senso ti faceva sentire completo all'interno. Andai a pranzare in un locale che si affacciava sul Tamigi, era un bar davvero tranquillo, sembrava che il tempo si fosse scordato di quel posto che era rimasto di stampo classico, stile anni cinquanta. I miei occhi si illuminarono quando l'anziano signore che possedeva il locale appese un cartello nel quale affermava di aver bisogno di qualcuno che lo aiutasse nella gestione, non persi tempo a corrergli incontro lasciando il mio panino a metà. Dopo un breve ma intenso colloquio, l'uomo mi diede appuntamento per il lunedì seguente e mi diede delucidazioni per quanto riguarda gli orari e la paga. Avevo quattro giorni pieni per godermi la città, mandai un veloce messaggio a mia madre annunciandole la novità e corsi a prendere il bus. Visitai il Big Ben, il museo delle cere di Madame Tussaud, dove mi scattai molteplici foto con le statue delle persone più famose, e cenai all'Hard Rock Cafè, dove spesi un capitale in maglie, felpe e tazze di ogni genere. Tornai all'ostello solo per cambiarmi i vestiti e mi diressi ad un Irish Pub nelle vicinanze. Erano circa le dieci quando varcai la soglia del locale Irlandese, mi sistemai su di uno sgabello ed ordinai una birra al cameriere. Circa svariate birre dopo ed intense chiacchierate con il cameriere, che avevo scoperto avere origini Irlandesi, mi svegliai sul letto della mia stanza con un ragazzo che dormiva placidamente accanto a me e che riconobbi essere il cameriere del locale. Che diamine ci faceva il biondino nel mio letto?

Una notte. (Larry Stylinson)Where stories live. Discover now