Capitolo 37. "Personaggi dal passato: Angela." (Jane's POV)

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"Ho bisogno di saperlo, nonna."

Calcai con il tono l'importanza dell'ultima parola che pronunciai.

Sono stanca di aspettare, attendo una spiegazione, nonna, mi devi una risposta.

"Porta quel coltello sul tavolo, l'ho usato per tagliare le membra di un povero uccellino.-"

Sta divagando. Eppure ho deciso che la lascerò parlare.

-"ne ho trovati fin troppi senza vita in questi giorni e mi domando se non ci sia una qualche pianta pericolosa che non conosco."

Sfilò il coltello dalla mia mano e lo ripose con cura sul tavolo.

"Ho bisogno che tu vada in paese, ho terminato l'aglio."

Annuii socchiudendo gli occhi e mi incamminai verso il paese, era troppo presto per recarmi in qualsiasi negozio.
La nonna mi aveva senza dubbio congedata, temeva la mia richiesta di informazioni; ebbene, tutto ciò di cui avevo bisogno lo avrei scoperto da sola.
La viottola che si insinuava tra la selva della radura era colma di arbusti e radici, la pioggia aveva lascito che l'umidità formasse una nebbia scura e densa come una nuvola portatrice di un temporale.
Il villaggio era ancor lontano, mi guardai alle spalle, ero certa di aver udito quel famigliare richiamo.
Lei era qui, non vi era alcun dubbio.
Rallentai il passo cosicché potesse inconsciamente ritrovarsi a una distanza troppo misera per nascondersi, attesi con pazienza.

"Angela, è passato molto tempo."

Una figura agile si mosse tra le folte chiome degli alberi.

"È così, Jane. Troppo tempo."

La giovane donna mi si mostrò nella sua apparenza tutt'altro che Angelica.

Dopotutto, è figlia di Itsuko ma anche di quel diabolico mostro.

"Non sei cambiata di una virgola.

Le feci notare.

Angela mi si avvicinò con passo sensuale come era suo solito fare.

Quanto desidererei essere come lei.

"Non essere sciocca mia cara Jane. Sai che non è il momento né il luogo adatto per scherzare."

Il suo tono acido mi fece indietreggiare, ogni sua parola faceva sulla mia pelle lo stesso effetto di una spina.
Angela era come una maestosa rosa, bella come nessun altro fiore sulla terra, subdolo e pericoloso ti trafiggeva il corpo con i suoi artigli qualora commettessi l'errore di fidarti di lei.

"Mi dispiace Angela, lo sai."

Scoppiò in una risata che riecheggiò come il gracchiare di un grosso corvo, tanto sinistra che mi mise i brividi, deglutii stringendomi nella mia mantella.
Le cime innevate circostanti divenivano più scure ad ogni suo lamento.

"Bugiarda. Cosa ha fatto tua nonna per proteggere mia madre? Cosa?"

Gridava con una voce ultraterrena, profonda e acuta,nonostante ciò, solo io ero in grado di udirla.
E, qualora non le avessi dato una risposta, avrebbe fatto in modo di averla scrivendola lei stessa su codesta misera terra col mio stesso sangue.

"È tutta colpa di quel mostro di tua zia non è vero? Lui ne ha fatto una schiava, lei lo desidera, lo ama."

Mi coprii le orecchie, da tempo fischiavano.
Cercai con gli occhi il sole, la luce era scomparsa, la nebbia fitta rendeva la foresta sinistra.

"Non parlare, taci!"

Gridai.

"Anche tu vuoi vendicarti di lui. Non mentirmi."

Azzardai a dire.

La donna si copriva le zanne e mi scrutava con quei suoi occhi di sangue, fluttuava sul paesaggio infernale del bosco.
Villa Stoica era visibile in lontananza, si prendeva gioco di noi, la sua presenza ci infestava, lui ci osservava.

"Sgualdrina che non sei altro! Lui è l'essere da cui ho avuto origine e sai bene che lo voglio eliminare.-"

Fece una pausa e si asciugò la bava che le scendeva dalla bocca.

Non vedi l'ora di avventarti sul mio collo, non è vero?

"Ma prima ucciderò l'artefice di tutto ciò.-"

Tentai di ribattere ma i suoi occhi mi resero incapace di parlare.

"E, infine, mi ficcherò un paletto nel petto e cesserò di soffrire per una natura infernale che tanto odio e che desidero ogni mia vittima possa dimenticare.
Desidero che gli sia possibile perdonarmi."

Le pupille iniettate di sangue si riempirono di lacrime umane, un contrasto piuttosto singolare.
Fu quella dimostrazione di viscerale umanità a farmi trasalire.

"Che Dio mi possa perdonare!"

Il suo urlo stremato risuonò nel mio cervello come i lamenti di un fantasma, Angela con questa confessione firmò la sua atroce condanna.

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