Capitolo 25. "Con il fiato sul collo."

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Ci incamminammo verso il grazioso cottage di Helena, illuminato oramai solo da pochi raggi lunari che filtravano tra le chiome di arbusti e alberi dai fusti piuttosto alti.
La foresta diveniva ogni volta più chiara ai miei occhi, sentieri, vere e proprio strade si presentavano nella mia mente e si proiettavano sullo scenario buio.

"Come fai a conoscere così bene il bosco?"

Jane mi scrutò con gli occhioni color castagna e scrollò le spalle mentre faceva una giravolta completa, si avvolgeva con l'oscurità di quel mondo.

"Non so. Da quando sono nata vengo a trovare mia zia, è naturale che io conosca ogni radice qui."

Sembrava avere un'immagine ben precisa del bosco, a partire dal più modesto fiore sino alla quercia che vegliava sul resto della flora.
Camminava sicura tenendo la testa ben alta, d'altro lato io, che più che qualche camminata ludica con gli scout non avevo fatto, incespicavo di continuo inciampando sui miei stessi piedi.

"Non ti facevo così agile Jane, mi stupisci!"

Era una ragazza empatica, si fermò rivelando un sorriso sincero e si sedette su un tronco rovesciato dal vento.

"Non sono agile, tutt'altro, ma questa è casa mia. Vorrei poterti spiegare."

Il desiderio di ribattere per scoprire qualcosa di più, ottenere finalmente un altro pezzo del puzzle, era così forte che tentai di farlo.
Non ebbi il tempo di finire la frase poiché venni ammutolita da Jane, la quale, sempre sull'attenti, aveva udito passi pesanti in lontanava.

"Corriamo fino a Zia Helena."

Percepii paura pura e potente nelle sue parole, le sue mani tremavano scorticando la corteccia secca e umida del tronco.

"Le foglie non sono più secche e croccanti, il fango attutirà i passi."

Annuii inspirando profondamente.
Una strana fragranza si insinuò nelle mie narici distraendomi dallo sguardo ipnotico di Jane.

"Lo sento anche io Elvira, non siamo sole."

Mi prese il polso e mi trascinò via con se senza attendere una mia reazione.
Correvano spezzando il vento freddo e impetuoso con i nostri corpi.
Le chiome degli alberi si facevano da parte invitando il nostro passaggio.
La frenesia mista all'adrenalina annebbiava la mia vista lasciando il paesaggio ricoperto da un alone opaco, simile a nebbia rossastra.
Jane bussò alla porta della zia attenta a non produrre troppo rumore, o l'intruso ci avrebbe scoperte, ripeteva come sua consuetudine la sequenza di gesti.
Ricordo che sussurrava per cercare di distrarsi dalla voglia di cacciare fuori dalle orbite le lacrime salate.

"Ti scongiuro, apri."

Bisbigliò Jane.

Batté nuovamente un colpo.

"È finita. Se non aprirà sarà tutto finito."

Appoggiò i gomiti sul portone rozzo e sporco strisciando lentamente a terra.

"Jane, tesoro, alzati."

La presi tra le braccia stringendola a me.
Lo sgradevole odore che avevamo percepito poco prima si faceva vicino, era acre,invadente, nauseante.

"Jane, dobbiamo andare via. Alzati, ti prego."

Rumore di passi pesanti ma agili sul terreno malleabile giungevano a noi.

"Jane!".

Il chiavistello accolse la chiave che girò agilmente, con un piccolo rintocco, risuonante in tutto il bosco, la porta si spalancò.

"Entrate, fate presto ragazze."

Cinsi Jane dalle spalle e la sollevai trascinandola all'interno.
Non attesi la padrona di casa per richiudere la porta dietro di me con tutte le premure del caso.
Sospirai impietrita dalla scena che mi si prospettava davanti.
Helena teneva la testa di Jane tra le mani e la accarezzava emanando calore, riuscivo a sentire fiamme soavi scottarmi la pelle.
La lunga collana della donna pendeva ricadendo sul collo della giovane nipote, un'ametista dal colore brillante mi parse rischiarata dal pallore della pelle, brillava.
Non osai interrompere il bizzarro rituale proferendo alcuna parola.
Attesi che Jane fosse tornata in se per domandare riguardo l'accaduto, si riprese con facilità e nell'immediatezza del gesto della zia.

"Come stai Jane?"

Le iridi brillavano riempite da una sfumatura aranciata, lucide, ma appena visibili, soffocate dalla grandezza delle pupille fin troppo reattive alla luce.

"Di nuovo lui."

Disse lei alla zia.
La donna annuì; volgendo il capo nella mia direzione incalzava senza bisogno di parole la ragazza.

"Victor. Ci sta con il fiato sul collo."

Helena strinse la mano alla nipote per rassicurarla ma Jane si allontanò fuggendo l'affetto con un accenno di sorriso.

"Cosa vuole da noi?"

Alle loro orecchie sembrò suonare come una domanda retorica, le bocche delle due donne si piegarono in un ghigno sarcastico.

"Il libro e il nostro silenzio."

Non bastò il tempo per una parola di più.
Helena spalancò gli occhi intimandomi di fare silenzio, di attendere l'inevitabile: sarebbe potuto entrare con qualche scusa implausible da intrusivo quale era, avrebbe potuto attendere il mio passaggio nel tentativo di fare ritorno a casa.
Sedendo tra le due donne, l'una giovane come la luna crescente, l'altra anziana come la guardiana calante, percepii sensazioni tanto famigliari da riuscire a gioire di un momento così improbabile.
Tanto era cambiato da quando avevo scambiato le prime parole con Helena, nuovi sensi si erano aperti alle mie capacità, contemplavo nuovi colori, udivo nuovi suoni, percepivo nuovi odori e sensazioni.

If I Was Your VampireWhere stories live. Discover now