Capitolo 36. "Incontro ultruterreno." (Elvira's POV)

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Non temevo il buio che avvolgeva il mio corpo inquieto, non badavo ai grugniti grotteschi che percepivo in lontananza né tantomeno prestavo attenzione a lamenti femminili che risuonavano in quelle che parevano a tutti gli effetti delle catacombe.
I miei piedi erano scalzi sul pavimento coperto di polveri e frammenti di pietra.
Ogni qualvolta un sassolino si insinuava nella mia carne percepivo un dolore acuto, poi il sangue defluiva lento lasciando dietro di me una scia densa,rossa e calda.
Mi avrebbe sicuramente trovata, non sarebbe stato un rompicapo il mio nascondiglio;dopotutto, ero io a trovarmi nel suo territorio.
Era bizzarro come quella casa fosse in grado di far sì che fossi io stessa a tendermi le più atroci trappole, a fare in modo che il mio buonsenso svanisse facendomi cadere nelle imboscate più prevedibili.
Ripensai alle chiome scure degli alberi dietro casa, nel retro della mia casetta in Germania, quella in cui ero cresciuta.
Mentre polvere scura si alzava ad ogni mio passo, ragni si risvegliano zampettando qua e là, il sorriso caloroso di mio padre mi strappava il cuore in mille pezzi.
Il suono della sua voce roca e beffarda che usava per narrare storie di poco conto riguardo la sua adolescenza, qualche bravata fatta nelle campagne della sua terra dopo qualche goccio di troppo, mi trafiggeva il petto con furia animalesca.
Avrei voluto gridare il suo nome, fargli sapere che in codesto mondo nulla era paragonabile alla sua presenza rassicurante, domandargli per quale motivo mi avesse abbandonata.
Per un istante un calore terreno mi avvolse, le lacrime sgorgarono felici di essere state liberate, il dolore esplodeva nel mio animo, colava come sangue imbrattando i ricordi che conservavo gelosamente nel cuore.

Papà non ti dimenticherò mai.

Camminavo senza mai sostare, inciampavo senza mai cadere, tenevo lo sguardo fisso sull'orizzonte buio.
Si usa affermare che ad un passo dalla morte, la fine eterna della nostra esistenza umana, si ripercorrano le memorie che a noi sono più care; quel corridoio mi avrebbe condotta da mio padre per questo la mia corsa era tanto disperata.
Un tormento tanto profondo quanto lancinante mi aveva invasa e posseduta, le afflizioni altrui si mescolavano alle mie, si muovevano insieme, mi lasciavano incapace di seguire la ragione.
Vidi la mamma che piangeva dopo una discussione, una bimba con il nasino rosso e il respiro affaticato dal pianto che mi assomigliava tanto:ero io.
Una giovane era in un freddo obitorio, giaceva a terra, chiedeva a Dio perdono; si domandava perché mai proprio lei avesse deciso di punire così duramente.
Mai come in quel momento sentivo il bisogno di un tumulo su cui accasciarmi e lasciare che il tempo scorresse alleviando i miei patimenti.

È così doloroso Eleonor.
Mamma perché mi hai fatto questo?
Papà,non esisti più, non ti potrò mai più supplicare di non lasciarci andare.

Vidi il candore del pelo bianco della gatta, mi sembrò una lunga chioma scossa da movenze umane e femminili, attendeva che la seguissi: l'oscurità era mitigata da una luce calda e lontana.
Aveva un volto così angelico da sembrare surreale, un corpo trasparente che fluttuava con grazia, capelli lunghi che avvolgevano la sua danza.
Incontrai i suoi occhi, luminosi nel buio, non avevano colore, il rosso dei capillari era quasi impercettibile, le sue iridi erano bianche come la neve.

"Sei tu."

La ragazza, se questo è l'appellativo giusto per riferirsi a quella splendida creatura, annuì imitando un'espressione umana che manifestava timidezza nell'ammettere uno scomodo particolare.

"Chi sei?"

L'essere non rispose.

"Chi sei? Devi dirmelo!"

Gridai con decisione tale da percepire un bruciore nel punto più profondo della mia gola, mi ritrovai l'odore acre del sangue sotto le narici e spalancai gli occhi.

"Cosa mi hai fatto?"

Sussurrai con il poco di voce che mi era rimasta, mi strinsi la gola con le mani.
Finalmente la creatura parlò.

"È stato lui."

La situazione diveniva ad ogni particolare aggiunto sempre più surreale, il tempo a Villa Stoica scorreva lento, vigevano leggi governanti la realtà piuttosto ambigue e immorali.
Ero divenuta pazza, questa era l'unica spiegazione.

"Questa casa è abitata dal demonio! Voglio andarmene."

Mi dimenai per ritrovare l'equilibrio eppure mi era impossibile scappare, quella lontana luce mi sapeva attrarre.

"Sono mortificata per la morte di tuo padre."

La voce ultraterrena della ragazza risuonava nell'umido sotterraneo.

"Come fai a saperlo?"

La giovane mi sorrise, nei suoi occhi scorsi immagini diverse, le riconobbi: erano i miei ricordi.

"Che mostro sei? Cosa mi avete fatto?"

Presi a sbattere i pugni contro le mura gridando con forza disumana, la sofferenza penetrava nelle mie membra facendomi contorcere in preda ad atroci dolori.
Nel bianco dei suoi occhi si faceva strada mio padre, il suo corpo senza vita, gonfio di liquidi corporei, con un'espressione affranta e sguardo assente.

"Papà non lasciarmi, voglio morire insieme a te!"

La creatura aveva assunto le sembianze di mio padre, crollai ai suoi piedi, sfinita dal pianto disperato che mi aveva da tempo consumata.

"Non può sentirti."

Mio padre si dissolse nell'aria.

"Papà!"

Urlai con voce spezzata per poi ricadere miseramente a terra; come un fragile uccellino, troppo giovane, troppo incapace, che era morto tentando di volare.

"Sei un angelo, sto forse morendo? Dimmi che mio padre mi sta aspettando."

La sua mano magra si avvicinò al mio volto e materializzandosi mi asciugò le lacrime dal volto.

"Io sono sempre stata accanto a te mia cara Elvira. Ti ho salvata ogni volta."

Pareva uno spettro,si allontanava nuotando nell'aria con maestosità.

"Seguimi, non hai scelta."

Sto sognando.

La luce ad ogni passo si faceva più vicina.
Il corridoio scuro e modesto si trasformò in un ampio atrio con soffitti a cassettoni retti da larghe colonne.

Dove sono giunta?

Strinsi il pugno e infilai la mano nella tasca per impugnare il mio fedele rosario, mi avrebbe certamente rassicurata se solo lo avessi trovato.

Dio abbi pietà di me.

I miei passi non erano i soli a risuonare nel silenzio di quella notte eppure lo spettro non aveva piedi che potessero poggiare sul terreno.

If I Was Your VampireWhere stories live. Discover now