Capitolo 12. "Il libro proibito."

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Ogni parte di me era stata travolta da un tremolio violento e incontrollabile così, Dumitra mi si avvicinò nel tentativo di rassicurarmi.

"Tesoro perché sei così agitata? Ti ho solo toccato la spalla."

Dopotutto aveva ragione, ma se solo avessi avuto il coraggio di parlarle dei rumori che avevo udito forse anche lei si sarebbe messa in guardia.
Temevo di gridare al lupo invano, ero molto stanca, anzi decisamente esausta e Villa Stoica era abbastanza suggestiva da divenire un teatrino perfetto per i miei film immaginari.
Dubitai di me stessa a tal punto da convincermi a tornare nella mia stanza.

"Oh nulla, ero semplicemente pensierosa."

Dumitra mi sorrise accarezzandomi la spalla con le dita magre.
Mi ripeté le solite cose raccomandandosi di non fare complimenti e di chiamare lei e Orazio in caso di necessità.
Mentre mi allontanavo camminando in punta di piedi, con la coda dell'occhio, vidi Dumitra adagiarsi sul divanetto del salotto con un libro in grembo.
Mi sentivo in colpa poiché forse ero stata proprio io a svegliarla, come ho già detto, la ragazza aveva un sonno tanto leggero!
Definirei il confine tra la Dumitra addormentata e cullata da dolci sogni e quella sveglia e sull'attenti come una bolla di sapone, per quanto fragile.
Ad ogni modo, tornai nella mia stanza e mi rintanai sotto le coperte in cerca di protezione.
Quella notte non era illuminata dalla luna e le stelle erano coperte da un corposo manto di nuvole nere che minacciavano temporale.
La mia stanza non appena spensi la luce cadde nel buio più totale.
Risi di me stessa cercando di tenere la mente occupata.
Non ero mai stata una giovane paurosa o credulona, tutt'altro!
Fin da quando ero piccola amavo passare la notte a leggere thriller, ricordo essere "Un nome senza volto" la mia lettura preferita, specialmente in inverno.
Ho sempre preferito dare ascolto alla razionalità e alla scienza.
Non ero certo stata una bambina impressionabile.
Eppure quella notte non riuscì a chiudere occhio, lottando contro pensieri indesiderati che sbucavano dalla mia mente come erbacce in un campo.
Ad ogni rintocco dell'orologio della chiesa vicina a Villa Stoica facevo il conto alla rovescia per le 6, orario in cui suonava la sveglia per Orazio e gli altri collaboratori domestici.
Sapevo che se avessi varcato la porta della mia stanza prima di quell'ora avrei svegliato nuovamente Dumitra.

"Buongiorno Orazio."

"Buongiorno Elvira! Hai dormito bene?"

Orazio aveva appena indossato i vestiti di servizio e camminava accanto a me con passo deciso massaggiandosi le tempie.

"A dirla tutta questa notte non ho mai preso sonno. Mi sono svegliata a causa di rumori che sentivo sotto il pavimento e in salotto Dumitra mi ha spaventata così tanto che non sono più riuscita a dormire."

Orazio mi ascoltava con attenzione come sempre, scambiò qualche occhiata con la cuoca e poi si congedò per svolgere il suo lavoro.

Dumitra, come di sua abitudine, scese in cucina pochi minuti dopo di noi e si sedette sulla sedia di fronte alla mia.

"Come mai eri sveglia sta notte?"

Niente mezzi termini, mi guardò dritta negli occhi attendendo con impazienza una risposta.

"Ho sentito dei rumori, nulla di importante. Mi dispiace tanto di averti svegliata, non avrei voluto, credimi."

Mi zittì con un gesto veloce e sgraziato  lasciandomi interdetta.

"Che tipo di rumore?"

"Rumori forti sotto il pavimento, forse dei passi. Ma ero molto stanca e potrei essermi sbagliata."

Proprio prima che Dumitra potesse rispondere Orazio la informò dell'arrivo di alcuni visitatori distogliendola dalla conversazione.
Lei senza aggiungere altro si alzò sorridendomi.
La salutai e tornai con discrezione ai miei libri prima che anche i signori Stoica scendessero.
Passai ore sui libri perdendo completamente la cognizione del tempo.
Nella libreria della Villa avevo trovato un libro molto interessante e completo riguardo la cultura folkloristica del posto e così, senza nemmeno rendermene conto, mi ritrovai in un mondo che non conoscevo, un mondo che forse avrebbe potuto rispondere a molti dei miei bizzarri enigmi.

"Quello è il libro della signora Helena! L'aveva dato in dono alla mamma!"

"Mi hai spaventata ben bene Oana."

"Oh, scusa Elvira, che emozione, quel libro, pensavo fosse sparito! Custodiscilo bene, non lo dirò a nessuno.
Promesso!"

Non compresi il perché di tanta segretezza per un semplice libro.
Poi però riflettendoci bene dovetti rivalutare le mie conclusioni affrettate.

"Conosci Helena?" Chiesi alla bambina.

Lei si mise sulle punte portando le manine dietro la schiena e abbassò lo sguardo.

"Beh non di persona, tu la conosci?"

Devo ammettere di essermi sentita in colpa per aver mentito così spudoratamente ad una bambina, l'istinto però, mi suggerì di tenere questa nuova conoscenza per me.
Quella donna mi sarebbe potuta essere d'aiuto e non potevo permettere a  semplici dicerie di ostacolare i miei studi.

"No, sfortunatamente no, perché non mi parli un po' di lei?"

Vidi gli occhi di Oana brillare.

"Certo! Helena è-"

"Una fattucchiera che va contro la nostra religione e le nostre usanze."

Il signor Stoica mi si presentò di fronte in tutta la sua maestosità.

Doveva essere sulla quarantina, l'età minima basandosi sull'età delle figlie, ma il suo aspetto non era stato sciupato dagli anni.
Non mi tratterò dall'affermare più volte ciò che sto per dire solo per non sembrare interessata ad un uomo tanto più grande di me e per giunta padre delle mie sorelle ospitanti, infatti, si tratta della pura verità.

Il signor Stoica era decisamente un uomo attraente e di classe.

Il suo incarnato chiaro e i lineamenti marcati facevano sembrare il suo volto scolpito con lo scalpello dal migliore artista del tempo, per non parlare della voce  profonda con la quale si rivolgeva a me, quelle poche volte in cui lo faceva.

I suoi occhi scuri mi incantavano, era capace di intrappolare i miei pensieri con catene fatte di sentite parole.

"Cosa sai di lei Elvira? L'hai conosciuta?"

Sbattei più volte le ciglia per distogliere lo sguardo da lui senza riuscirci.
Finché qualcuno si mise tra noi spezzando quella sottile magia.

"Signore, sono arrivati i visitatori di oggi, la stanno attendendo in giardino."

"Va bene Orazio, arrivo subito."

Detto ciò si allontanò velocemente lasciandomi persa e confusa.
Strinsi la copertina del libro che avevo trovato e su cui mi ero seduta nel tentativo di nascondere.
Con un sospiro di sollievo lo nascosi tra i vestiti e corsi nella mia stanza per continuare la lettura in santa pace.
Mi raggomitolai tra le coperte, con il vento che soffiando contro la finestra mi accarezzava i capelli con piccoli spifferi d'aria gelida.
Lessi di una leggenda chiamata "La caduta del bambino misterioso" sfogliando con ingordigia le pagine spesse e ingiallite, inalandone la forte fragranza di bosco.
Sulla facciata esterna della chiesa Nera di Brasov infatti, si trova la statua di un bambino in procinto di cadere nel vuoto.
Si racconta che il bambino morì a causa degli operai che costruirono l'edificio e che lo gettarono, provando solo in seguito dispiacere e senso di colpa, per verificare che la parete fosse dritta.
Lessi molte leggende raccapriccianti e ne rimasi tanto affascinata e rapita da divorare quasi l'intero libro in una mattinata.
Giunsi al capitolo 12 e mi accorsi di pagine strappate, fatte a pezzi in modo feroce.
Pensai che la cosa giusta da fare, vista la mia sete di sapere di quel giorno, fosse chiedere l'aiuto di Jane e tornare alla Laguna per incontrare Helena.
E così feci.

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