Capitolo 10. "Conoscere talvolta significa osare."

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La luna splendeva vivacemente, ne coglievo l'immagine sbiadita riflessa sulle acque della Laguna in lontananza.
Per giungervi avevamo percorso una strada malandata già all'epoca che costeggiava la collina su cui sorgeva Villa Stoica.
Jane si rivelò una ragazza molto piacevole e gentile.
Ogni qualvolta un animaletto della notte attraversava la nostra strada lei si emozionava e si copriva la bocca con la mano per lo stupore.
Poiché prestava molta attenzione al tono di voce,per evitare di disturbare le creature del bosco, spesso si ammutoliva di colpo e mi invitava imbarazzata a fare lo stesso.
Era senza dubbio una giovane dai mille interessi.

"Pensa che spesso, per quante cose catturano la mia attenzione, devo trascurare un interesse per un altro e questo mi fa sentire così in colpa!"

I nostri sguardi si incrociarono, notai del disappunto sul suo volto, dopotutto non aveva ancora compiuto sedici anni, era ancora molto giovane.

"Anche a me capita sai? Ma non sarà certo un mese o persino un anno a cancellare l'affinità che c'è tra te e quell'attività."

Jane si addolcì  alle mie parole, si sentì colpita nel profondo e non smise di ringraziarmi per la mia nobiltà d'animo per tutto il resto del tragitto.
Talvolta noi esseri umani sappiamo essere così crudeli e critici con noi stessi.
Ci illudiamo che gli altri si mostrino per ciò che sono, perfetti, agli occhi del pubblico  ignorandone le debolezze e fragilità.
Eppure, dico io, guardiamo al nostro riflesso e agli altri con gli stessi occhi.
Alcuni di noi, sono sempre pronti a mettersi in discussione di continuo; fino al punto in cui perdiamo ciò che abbiamo coltivato pensando non ce ne appartenga il merito.
Jane ascoltò le mie riflessioni con profondo interesse ed empatia innata, ne rimasi colpita.
Dopo circa tre quarti d'ora passati a calpestare erba umida e rigogliosa, finalmente scorsi un luccichio che solo il particolare riflettersi della luna piena sull'acqua poteva causare.
Vorrei precisare che era un posto molto frequentato ma che quella sera, per via della fiera, per strada non incontrammo più di quattro o cinque visitatori.

"Jane,siamo arrivate! Oh mio Dio è splendido!"

La ragazza non rispose, fece una giravolta e si tolse le scarpe pesanti e scomode.

"Andiamo lungo la riva. L'acqua è ancora piacevole in questo periodo dell'anno."

Vedendomi preoccupata si avvicinò e prese in mano le scarpette.

"Non ti fare problemi per il vestito, la Laguna non è fangosa. Ma se non te la senti possiamo fermarci qui."

Scossi la testa e sfilai le scarpe che Dumitra mi aveva generosamente affidato.

"Certo che no! Andiamo."

Jane mi prese per mano e tirammo su le gonne con l'altra per paura di danneggiarle.
Si levò un leggero vento, una brezza affatto fastidiosa appena in grado di pettinarci le chiome acconciate.
La Laguna era ancora lontana di fronte a noi, ne vedevo solo il riflesso, come fosse un miraggio.
Cominciai a correre incurante della situazione, del mio vestito costoso e pesante, dell'imbarazzo presente fino a poco prima tra me e la quasi sconosciuta che mi aveva accompagnata fino a lì.
Anche Jane si abbandonò a comportamenti selvaggi e istintivi.
Si udiva il gracchiare di corvi e lo svolazzare di foglie secche insieme alle nostre voci, musica per le orecchie.
Tra una risata e l'altra prendevamo fiato con respiri profondi assaporando la purezza dell'aria di quel posto, a mo di ultimo respiro.
La Laguna  si faceva sempre più vicina, finché non la vidi.
Jane si bloccò.

"Jane?"

La ragazza non rispose.

"Jane?"

Questa volta domandai con maggiore insistenza.
Ma mai mi aspettavo che sarebbe stata capace di tapparmi la bocca con le sue stesse mani.
Ci scambiammo un'occhiata di terrore.
Avevo il fiato corto, le feci capire che stentavo a respirare.

If I Was Your VampireWhere stories live. Discover now