Capitolo 28. "Guidata da sinistri venti." (Elvira's POV)

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L'incontro con Dumitra e Victor si faceva sempre più vicino, la mia sensazione di inadeguatezza si amplificava, e, con essa, il dolore per la tragica morte di mio padre dilaniava il mio fragile cuore.
Era chiaro che un debutto nella società con le mie deboli competenze linguistiche e con la fuga codarda della mia famiglia alle spalle sarebbe stato alquanto complicato, d'altronde, pareva che tutti sapessero.
Era giunto il fatidico giorno, non che fosse mai stato lontano, ero stata avvisata il giorno prima, perciò avevo avuto ben poco tempo per rimuginare.
Le mura di Villa Stoica assorbivano in modo repentino il calore del mio corpo lasciandomi gelida, la pelle al tatto pareva composta da freddo marmo.
Mi guardai allo specchio contemplando la nitida figura che vi era riflessa.
Incisi dolci parole dedicate a quel riflesso tanto famigliare, parole sincere e fluenti, scorrevano macchiando il foglio di cupo inchiostro come l'olio.

"Chioma nera di lucente tormalina
ricade come edera sul collo rischiarandolo,
annebbia con garbo l'iride cristallina.

Lo sguardo è perennemente curioso mentre si poggia sul lago,
creatura a me simile,saggia, offre conforto al sognatore ispirandolo,
ne assorbe dunque l'avvolgente colore con il pianto.

Pare l'autunno dolciastro ma pur sempre inquieto,
lo sguardo rilassato scruta l'animo di ognuno,
poi si scioglie dinnanzi un volto come il mio incompreso.

L'animo è racchiuso in un sogno oramai fugace,
nascosto dietro gli specchi che han' da guardare,
assorbe la sofferenza tramutandola in gioia viscerale che poi mi pervade.

Attendo che il sole domini la volta celeste,
guardiano,come me, osserva senza giudicare,
poiché desidero narrare magie sotto la luce solare.

Vivo per pennellate di luce sulla notte,
stelle lucenti che illuminano le mie vette pendenti,
per attimi di serenità difronte il corso dirompente degli eventi.

Spirito ricercante la libertà che solo la natura può regalare,
spirito pacifico e tormentato che non ama idealizzare,
bensì ricercare ciò che di più puro ogni essere può aver da donare."

Che lugubre notte avevo poi passato!
Ne ricordo ancora il sentimento di abbandono che provai. Abbandonata alle sciagure terrene fluttuavo in una fitta nebbia che mi infestava l'animo.
Era oramai la terza volta che qualcosa di tanto oscuro ed inspiegabile accadeva tra le mure di quella maledetta casa.
Questa volta non si trattò di passi sommessi, violenti esseri notturni che irrompevano dalle finestre dimenticate volutamente aperte, quanto più, di timidi amici misteriosi.
Teneri fantasmi, mansueti spiriti, graziosi spettri a quattro zampe nella mia mente, o forse, nella tua.
Era una fredda notte d'inverno, contavo due mesi dal mio arrivo in Romania, la temperatura era calata perciò strinsi la pesante coperta tra le dita e la tirai fin sopra la testa.
Cominciai a sprofondare nella fase più giovane del sonno e rilassai la mente socchiudendo gli occhi.
Era una serata silenziosa, priva di vento, prima di un qualunque verso animale o grido umano, come era solito che fossero le notti.

Che dolce suono il silenzio.
Spesso, anche troppo di frequente, ci dimentichiamo di quanto esso sia fondamentale per produrre proficui pensieri.
Il silenzio è cosa intima, diviene l'incubo delle persone che si conoscono ben poco poiché esso permette di sentire i pensieri che altrimenti sarebbero stati coperti dal suono della voce, pronunciante futili parole.

-"I pensieri sono l'unica vera realtà, ciò che vediamo?Una sovrapposizione maldestra delle realtà di ciascun individuo."

Mi aveva detto una volta Helena.

Le ante dell'armadio in legno di noce scricchiolavano come biscotti marmorei sotto i denti.
Poi ripresi a sentire quei dannati passi in lontananza, poi un grido: mi svegliai di soprassalto.
Mi alzai a sedere tastando il comodino con la mano,a tentoni, cercando l'interruttore della luce.
Pareva scomparso perciò cominciai ad ansimare in preda al panico; quando mi portai le mani al volto sentii che erano divenute impercettibili al tatto per quanto fredde.
Nel buio quasi totale della stanza da letto un attimo di lucidità mi portò consiglio, con un respiro profondo, consapevole dei limiti rigidi della realtà, mi alzai e controllai la finestra.
Accarezzai il muro dipinto di una tinta scura ma tenue alla ricerca dell'anta, l'avrei chiusa e poi sarei tornata a dormire, in qualche modo.
Per poco non inciampai sulla lunga tenda di seta che mi si arrotolò addosso come un serpente, mi spinsi in avanti per mantenere l'equilibrio e quindi verso la finestra facendo attenzione a non sbilanciarmi eccessivamente, o sarei caduta.
Trattenni il respiro dentro quella vorace di aria fredda che si faceva sempre più gelida nell'avvicinarmi alla grande finestra.
D'improvviso il mio corpo smise di ondulare goffamente e sbattei sul vetro: la finestra era chiusa.

"Com'è possibile?"- sussurrai come temendo che qualcuno potesse sentirmi-"La finestra è chiusa ma c'è una corrente d'aria."

Mi misi una coperta attorno le spalle mentre le mie pupille si abituavano lentamente all'oscurità.

"Ci deve essere un'apertura nel muro"- cominciai a tastare le pareti, poi aprii l'armadio trattenendo respiri pesanti.

Frugai con le mani dentro il mobile per raggiungerne il fondo, vestiti, gonne, ancora stoffa soffice, ruvida, sottile, spessa, pelo soffice.
Qualcosa si mosse.
Rammentai che non possedevo pellicce e il cuore mi balzò nella gola, dove si rintanò battendo all'impazzata e impedendomi di parlare.
Ritrassi subito la mano come se avessi sfiorato il più mostruoso segreto dell'armadio, terribile come quello del dolce Dorian Gray, entrambi tanto candidi all'apparenza.
Amavo particolarmente quel libro.
Una nuova ventata invernale mi scostò i capelli dalle spalle e mi fece sussultare, oramai in preda al panico, che mi impediva ogni ragionamento, feci la cosa più insulsa che mi passò per la mente in quegli attimi: richiusi l'armadio e mi precipitai all'esterno della mia camera.
Tirai un sospiro di sollievo e mi inoltrai nel lungo corridoio diretta verso il bagno.
Non trapelava la benché minima luce dalle stanze dei miei inquilini, alcun rumore, solo fredde correnti,brezze fredde che solitamente si insinuavano tra gli alti rami, nei boschi.
Sentii in lontananza la mia porta aprirsi, conoscevo bene quel rumore, non ero certo stata io ad aprirla o tantomeno a lasciarla socchiusa, odiavo provocare anche il più piccolo rumore nelle case altrui.
Smisi di respirare per tentare di afferrare qualche suono con le orecchie ben tese, nascosta,e mi accostai dietro all'alta libreria che copriva il lato sinistro di quel che quella notte mi prese una navata.
Poi, ci fu nuovamente un mortale silenzio in quella orribile casa.
Ripresi perciò a camminare allungando silenziosamente il passo.
Qualcuno dietro di me, tuttavia,pareva star facendo lo stesso.

If I Was Your VampireNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ