Capitolo 37. "Personaggi dal passato: Angela." (Jane's POV)

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Ripiegai con fare metodico il cappotto, mi rigirai la rugosa lama del coltello tra le mani, ne accarezzai la lama sporgente, il sangue dirompente.
L'impugnatura ancora calda mi coccolava il palmo e rendeva il mio animo irrequieto, provocava un leggero senso di orrore che si diramava con velocità procurandomi dei fastidiosi conati di vomito.
Scrutai le piante verdeggianti che bagnavano la loro rigogliosa chioma nelle acque scure della Laguna, attraverso la finestrella appannata che dava sul retro, era rigata, forse dal tempo.
Un piccolo orologio a pendolo segnava le sei del mattino, il sole si nascondeva tra le felci quasi come se fosse intimorito dall'aspetto cupo della radura, erano oramai le prime ore dell'alba.
Ammirai i deboli raggi di sole che si riflettevano sullo specchio d'acqua e teneri pensieri nacquero con timidezza nella mia mente, temevano di essere ripudiati, cercavano una ragione per essere da me apprezzati.
Rividi gli occhi di Floris, limpidi e preziosi, cupi ma al contempo maliziosi; erano in grado di scrutare la mia anima irrequieta.
Mi rimproverai per quei pensieri dal nullo spessore, le guance rosse e calde tornarono pallide e gelide, più del ghiaccio, più della morte stessa.

Sangue.

I miei gesti abituali, simili ad un rituale, erano stati interrotti da quegli intrusivi pensieri che mi avevano resa debole e incapace, la lama aveva penetrato la mia carne ed era uscita repentinamente lasciandomi con incuranza a sanguinare.

Maledetto.

Dopotutto era solo un oggetto.
Non possedeva né una coscienza, né un'anima.
Non era certamente in vita.
Non che questo fosse un requisito affinché un qualcosa divenisse consciamente dannoso nei confronti del prossimo, lui ne era un diabolico esempio.

"Tesoro ti sei tagliata?"

Mi domandò nonna Helena facendo capolino alle mie spalle con una garza ruvida e arida.

"Nulla di grave, stavo pulendo il tuo coltello."

La nonna mi afferrò con dolcezza la mano infortunata, la disinfettò con cura, ne ricongiunse i lembi penetrando la mia carne con ago e filo.

"Non lamentarti tesoro, abbiamo quasi terminato."

L'ago era percepibile all'interno del mio corpo, si insinuava tra le pareti della ferita come un verme, il filo mi solleticava i tessuti.
Il sangue rosso come mai prima d'ora si miscelava con la soluzione del disinfettante, si formarono bollicine gonfie e sature.

"Di chi è quel sangue, nonna?"

Ella trasalì quasi come anziché chiamare il suo nome mi fossi rivolta a lei nel più oltraggioso dei modi.

"Mi dispiace."

Sussurrai nel vano tentativo di porre rimedio a quella fuga di parole.

"Tua madre non mi ha mai concesso il perdono e nemmeno tu dovresti farlo."

Notai che il suo volto oramai solcato dalle rughe del tempo si era corrucciato in un'espressione di sofferenza e i suoi occhi, piccoli zaffiri offuscati dal dolore, erano bagnati da lacrime salate.

"Non so nemmeno quale sia la tua colpa, come posso sapere se ti perdonerei oppure no?"

È assurdo come l'ombra contro cui sto lottando sia anche l'artefice del segreto che si cela dietro la mia distrutta famiglia, dietro l'infelicità di una madre e la rabbia di una figlia.

If I Was Your VampireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora