Capitolo 26. "Questione di confidenza."

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Villa Stoica era più gelida del solito, il mio respiro formava nuvolette leggere, l'atmosfera mi lasciava con il il fiato sospeso.
Dumitra strimpellava soavi melodie all'organo, l'accompagnava con abilità, spropositata per la giovane età, la piccola Oana con il suo violino.
L'organo occupava lo spazio centrale del grande salotto, poggiava su un sontuoso tappeto rosso sangue, il suono si disperdeva nella stanza rimbalzando con gravità sul soffitto a cassettoni.
Le pareti parevano vuote per quanto l'eco si faceva forte, i soffitti alti, come catacombe francesi, cullavano le note della canzone che stavano suonando.
Mi ero accomodata sul divano timidamente dopo ciò che era accaduto, la mia assenza da Villa Stoica, l'inseguimento di Victor, i comportamenti di Helena e Jane, di sicuro non potevano essere passati inosservati.
Mi persi in pensieri che correvano come bianchi cavalli nella foschia della notte mentre udivo la musica come se fosse ovattata.

"Che ne pensi? Elvira?"

Oana mi ripescò con involontaria prepotenza dal mio fantasticare.

"Siete state meravigliose! Non avevo mai sentito delle musiciste abili come voi."

Dumitra alzò il capo mostrando un timido sorriso, le gote si erano colorate di leggere macchie rossastre.

"Suoniamo da quando siamo piccole. Semplice pratica."

Disse con umiltà portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
La stanza si faceva più calda e i sentimenti che vi fluttuavano all'interno più sereni.
E fu allora che il campanello suonò disturbando la nostra conversazione.

"Vado ad aprire."

Detto ciò, Dumitra si inoltrò nel lungo corridoio e sparì nella penombra.

"Allora Elvira, come ti trovi con Helena?"

Il mio cuore mancò di riflesso un battito, la gola divenne secca come il terriccio di pungenti rose appassite.

"Come scusa?"

Tossì per mascherare l'agitazione che mi aveva assalita.
E come se non bastasse, per volontà di un destino a quanto pare meschino, Dumitra tornò a sedersi al suo posto seguita da uno sgradevole accompagnatore: Victor.

"Ciao Elvira!"

Mi sentii mancare l'aria.

"Ciao, è da molto che non ci vediamo."

Mentii.
La notte precedente non ci eravamo scrutati con sguardo attento come facevamo reciprocamente di consueto ma i nostri odori, il nostro respiro affannoso, le nostre anime, si erano mescolate in quel bosco.
E lui lo sapeva.

"Non ti ho più vista a casa, sono passato spesso in questi giorni."

Si passò una mano tra i capelli biondi scoprendo l'occhio sinistro da un ciuffo che gli ricadeva morbidamente sulla fronte.
Era così affascinante da lasciarmi interdetta, eppure, da quando mi trovavo ospite dagli Stoica, ciò accadeva fin troppo spesso.

"Ho passato molto tempo ad esplorare i dintorni. Ho approfittato di questi pochi giorni di sole."

Il ragazzo mi guardò con diffidenza ma fece finta di nulla difronte il volto enigmatico di Dumitra.
Mi parse si fosse accorta di qualcosa ma forse, fu solo una mia vaga impressione.

"So che hai stretto amicizia con Jane."

Stavo per rispondere alla sua affermazione ma vidi Dumitra sporgersi dalla poltrona come se fosse in procinto di dire qualcosa di indimenticabile e mi ammutolii.

"Stavo pensando- disse con tono pensieroso- ho sentito che in città sta aprendo una nuova caffetteria, è una catena inglese a quanto mi hanno detto."

Victor riportò gli occhi chiari sulla ragazza.

"Oh sì, Adrian, mio cugino che abita lì vicino, mi ha consigliato di andarci. Ci saranno tanti nostri amici."

Disse riferendosi a Dumitra.
La ragazza gli sorrise rapita dagli occhi magnetici di lui.

"Ti andrebbe di venire? Potremmo presentarti i nostri amici, le mie amiche ti adoreranno!"

Era radiosa, poco composta, più naturale, dopo mesi di permanenza in quella casa potei osservare per la prima volta Dumitra in un contesto in cui si sentisse pienamente a suo agio.

"Certo! Mi piacerebbe moltissimo."

Victor si alzò distendendo le lunghe gambe.

"Allora, ragazze, ci vediamo domani!"

Dumitra lo accompagnò sino al portone trotterellandogli attorno come una cerbiatta.

"Io non sono mai invitata!"

La vocina acuta di Oana mi risuonò nelle orecchie solleticandomi il timpano.
Notò il mio stupore e si ricompose immediatamente rivolgendomi un sorriso dolce e si congedò con la sua solita gentilezza.
Di certo non era sua intenzione offendermi e quella fuga di confidenza non era tipica della loro famiglia, si sentì fuori posto.
Dumitra tornò nella stanza con fare sognante, era innamorata di Victor nella maniera più genuina che potesse esistere, lo dimostrava mostrando la parte più fragile e genuina di sé, eppure lui, pareva non farci caso.

"Elvira, dobbiamo pensare a domani.
Scegliere cosa indossare, fare la piega ai capelli, non possiamo dimenticare nulla per il tuo debutto in società."

Scoppiai a ridere, dapprima tentai di contenermi, Dumitra però, mi si appoggiò alla spalla ridendo fino a farsi venire il singhiozzo.
Passammo la serata nella camera di Dumitra, intente a scegliere gonne e scarpe, rossetti lucidi e ombretti colorati da indossare l'indomani.

"La tua camera è bellissima!"

Mi guardai intorno girando sulla sedia rosa shocking ricoperta di velluto.

"Oh grazie,tesoro. Come puoi ben notare tutte le sfumature più eccentriche del rosa sono ben accette!"

Non mentiva.
Il letto era ricoperto da una copertina di un rosa chiaro,morbida come una nuvola, le pareti che parevano apparentemente bianche, si coloravano di rosa cipria sotto anche la luce più fioca.
La scrivania era di un bianco candido ma risplendeva grazie a una bizzarra esplosione di brillantini.
Dumitra mi mostrava milioni di vestiti diversi. Gonne coperte di punti luce, pantaloni tanto corti da mostrare la biancheria, abiti succinti e cinture vistose.

"Questo è perfetto per te!"

Esclamò porgendomi un vestitino verde smeraldo con rifiniture in pizzo nero.
Mi ricordò tanto l'abito che aveva acquistato mio padre per il mio tredicesimo compleanno, quel vestito candido, comprato con tanti sacrifici e con amore.
Gli occhi mi si bagnarono di lacrime al pensiero della sua ruvida mano che mi accarezzava i capelli con delicatezza, come se fossero la cosa a lui più preziosa.
Le annuii e la ringraziai per le tante e sincere attenzioni, dopo molto tempo mi ero finalmente sentita voluta e apprezzata.
Nel silenzio della mia camera riflettei sulla stranezza della situazione.
Ciò che era nato per essere un istruttivo Erasmus si era trasformato in un'eccentrica esperienza ai limiti del paranormale.
Dumitra, la ragazza elegante e composta, mi aveva aperto la porta della sua stanza mostrandomi una giovane estrosa, una Barbie buffa e colma di sentimenti di varia natura.
La differenza nei comportamenti dei miei inquilini era notevolmente variata non appena i signori Stoica si erano allontanati da Villa Stoica.
Sentii i passi pesanti del signore e della moglie Eliana attraversare il lugubre corridoio, due essere umani, un solo respiro.
Tutto era tornato come prima, ventate fredde alimentavano l'animo sinistro della villa grigia, rumori risuonavano come tuoni risalendo dal basso, come demoni dagli inferi.

If I Was Your VampireWhere stories live. Discover now