Capitolo 19. "Spirito di osservazione."

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La notte era stata fredda perciò un sottile strato di brina ricopri a I prati, luccicanti come perle in fondo al mare.
Aprì la finestra per prendere una boccata d'aria ma un vortice di foglie umide entrò nella camera e lasciò residui di famiglia me su pareti e mobili: un vero disastro.
Mentre pulivo, nella speranza che nessuno della famiglia irrompesse nella stanza, ripensai a ciò che era successo con più lucidità e stolsi addirittura una lista di strani sintomi nelle pagine dedicate alle note infondo al mio diario.

Non si sa mai.

Pensai mentre li annotavo su carta con scrupolo.
La cosa a lasciarmi più interdetta fu che la ferita a distanza di poche ore era completamente sparita e rimanevano solo due sottili fori, dello spessore di un ago.
Non mi causavano alcun tipo di dolore, solo una giustificata preoccupazione.
Inoltre, avevo anche sentito quei passi, di nuovo.
Non avevo alcuna voglia di seguire le lezioni nella biblioteca di Villa Stoica con Dumitra, avevo di meglio da fare, pensai sarebbe stato più prudente indagare per conto mio.
Non pensavo che il mio Erasmus sarebbe stato così difficile.
Mio padre era morto ed io mi ritrovavo nella sua città natale cercando di essere la donna che lui avrebbe voluto che fossi.
Ero forse troppo giovane per questo? Passavo le giornate a scrivere su pagine di diario, pensavo affranta alla mamma da sola in quella casa con il mio patrigno e al mio povero cagnolino.
Mi asciugai le lacrime e tornai a pulire.

Non sono più una bambina. Forza Elvira, fallo per lui.
Eppure il riflesso sullo specchio sembra prendersi gioco di me. Quegli occhi persi, le mani tremolanti.

Scesi per mangiare qualcosa e trovai la tavola imbandita ma vuota come ogni giorno da quando ero arrivata in casa.

"Buongiorno Elvira. Hai dormito bene?"

Mi chiese la cuoca dei signori Stoica di cui non sapevo il nome.
Sapevo stesse mentendo, lo si capiva.
Lei sapeva.

"Non proprio in verità."

"Oh,tesoro, mi dispiace."

Certamente le dispiace.

Corsi dritta a destinazione, oramai quella strada mi era divenuta abbastanza famigliare e naturale da percorrere.
Nel mio diario avevo descritto accuratamente ogni sentiero da percorrere e ogni scorciatoia in caso di pericolo, come mi aveva suggerito Helena.
Victor spesso seguiva coloro che si recavano a farle visita,accusandoli pubblicamente di praticare culti mistici e oscuri con quella che lui chiamava "La Vecchia".
Se fossi stata presa di mira i signori Stoica non avrebbero più gradito particolarmente la mia presenza in casa loro.
Erano persone molto influenti nella piccola cittadina, e non solo, una buona famiglia con grande potere d'acquisto e una buona reputazione insomma.
Una volta giunta da Helena, sicura di non essermi portata dietro alcun ospite indiscreto bussai seguendo la combinazione che avevo ascoltato la prima volta con Jane e attesi mentre contemplavo la bellezza del posto dove sorgeva la casetta.
La laguna risplendeva sotto i raggi solari riflettendoli sulle piante verde smeraldo che vi crescevano rigogliose tutto intorno.
Il piccolo lago era circondato da salici piangenti che riversavano le loro chiome pesanti nelle sue acque fredde toccandone le profondità.

"Elvira! Ti stavo proprio aspettando."

Non appena entrai nella piccola abitazione un profumo di incenso e rosmarino mi travolse, era piacevole ma un poco pungente.

"Che strano odore. Non mi fraintendere, è molto piacevole, ma c'è qualcosa che-"

Aprì dinnanzi a me una sorta di scrigno stracolmo di piante secche e cristalli colorati.
Tutto in quella capanna aveva un'aria mistica e vissuta. Quel sentimento di passione spirituale che mi pervase quando vi entrai ancora lo ricordo bene.
Helena lo notò compiaciuta e mi guidò nella preparazione di alcune sue ciotole aromatiche con estrema maestria.
Aveva un orto rigoglioso dove crescevano piante d'ogni sorta, nascoste tra le frasche della laguna, protette dalla natura incontaminata del luogo e dell'amore viscerale che Helena nutriva per esse.

"Percepisci l'energia che c'è qui? È potente. Riesci a sentirla?"

La testa mi girava al punto di offuscarmi la vista.
Le pareti coperte di libri e bottigliette misteriose giravano intorno a me danzando sulle parole confuse di Helena.

"Devi imparare a controllarla Elvira, è la tua unica via di scampo."

Controllare? Cosa dovrei mai controllare se non la mia salute sempre più precaria?

Crollai accasciandomi sul pavimento senza che la mia nuova amica mi sostenesse o prestasse attenzione.

"Aiutami!"

"Non posso farlo. È così semplice raggirarti mia cara, proprio come il povero Orazio."

Sussultai e mi sforzai per comprendere bene le sue parole.

"Orazio? Lo conosci?"

Helena annuì con dispiacere e volse la testa alla finestra perdendosi nei suoi pensieri come una bambina.
Quando finalmente si voltò vidi una lacrima scorrere sulla sua pelle, deviata dalle profonde rughe.

"Lo conosco molto bene mia cara. Siamo stati molto amici, persino qualcosa di più."

Aveva la bocca corrucciata e un'aria concentrata, come se dovesse frugare tra mille cassetti alla ricerca del giusto ricordo da rispolverare.

"Eravate fidanzati?"

Helena annuì mentre mi porgeva una mano perché mi rialzassi dal pavimento di legno.

"E poi? E poi cosa è successo?"

Arrossì per la mia sfacciataggine spinta dalla curiosità ma la donna mi sorrise con premura e vidi l'amore che provava accendere le sue iridi sbiadite dal tempo.

"Purtroppo ha molto lavoro da fare e non può rischiare di comprometterlo ulteriormente. Quell'uomo fa già tanto per le ragazze e per Eliana."

La conversazione si faceva sempre più bizzarra ed io non potevo fare a meno di fare domande senza sosta per cercare risposte.

"Cosa intendi?"

"Niente di importante cara, che cos'hai sul collo?"

Ed era finalmente giunto così il momento in cui avrei potuto scoprire parte della verità.
Non ero sicura di voler sapere se sarei morta di qualche bizzarra malattia mortale ma la tentazione era palpabile.
In qualche modo sapevo infatti che Helena mi sarebbe potuta essere d'aiuto, sapeva sempre, come di riflesso ai miei pensieri, ciò che stavo per dire o che mi sarei voluta sentir riferire.
Era una donna curiosa, una di quelle che passa le giornate sola,nell'ombra della società altolocata e non sembrava badarvici eccessivamente.

"Oh, nulla di importante."

Helena però non sembro udirmi e si avvicinò impugnando una grande lente d'ingrandimento coperta di una patina bianca e polverosa.

"Ne sei sicura?"

If I Was Your VampireWhere stories live. Discover now