Capitolo 33. "Il prete del villagio."(Elvira's POV)

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La fitta nebbia attutiva i miei passi, mi pareva di avere pesanti macigni al posto delle scarpe, il sole stentava a sorgere.
Mentre mi addentravo nel bosco ripensai a ciò che era successo a Villa Stoica.
Dovetti stare attenta alle radici delle piante che rialzavano il terriccio di cui era costituita la strada, molto spesso ero inciampata su di esse.
Mi vennero conati di vomito al pensiero di quel sogno lucido che mi si era prospettato davanti il giorno precedente, le parole insensate che avevo pronunciato all'orecchio di Victor mentre mi dimenavo per liberarmi dalla prese delle sue  braccia, il crocifisso.
Sentivo il fiato sul collo di una presenza costante e molesta, pronta a rubarmi il mio unico reale possedimento: la vita.
Cominciavo a capire perché mia madre temesse tanto il mio ritorno in patria.
Questo villaggio racchiudeva l'essenza del male; le persiane erano sorrisi diabolici, i profumi che fuggivano dalle case a mezzogiorno si portavano dietro il fetore del sangue secco, gli occhi delle persone rivelavano storie atroci; come lo specchio,quella notte, fece con la storia di Itsuko.
L'appuntamento al cimitero era stato tanto atteso quanto visceralmente temuto.
Corrucciai le labbra e strinsi i denti, il vento mi spazzò via una lacrima.
Avevo con me una lettera scritta a mano con calligrafia elegante e francobollo locale, l'avrei inviata a mia madre quello stesso giorno.

Jane starà bene? Victor coglierà di sorpresa facendoci sentire come donne eremite e sagge del 1692, portate a processo per stregoneria, innocenti, o forse no.

Vidi in lontananza, attraverso uno scorcio tra due mura diroccate, il cancello mastodontico del campo santo.
Aguzzai la vista e lessi la frase incisa sul metallo.

«Carpe diem».

Che in latino significa «cogli l'attimo».
Ironico.
Pensai ad alta voce.

"Effettivamente."

Impallidii, qua non veniva mai nessuno.
Jane,dietro di me, sogghignò.

"Oh, Jane! Mi hai fatta spaventare."

La ragazza rise sporcando un poco i candidi denti con il rossetto viola che portava, non smetteva mai di stupirmi con il suo abbigliamento singolare.

"Ho pensato che fosse saggio far venire con noi anche Floris. Se ne intende di queste cose."

Era notevolmente imbarazzata, abbassò lo sguardo sul terreno secco in attesa di una mia risposta.

"Perfetto! Dov'è?"

Le diedi una gomitata e ammiccai facendola arrossire.
Ripensandoci,questi, sono gli unici attimi di questa sinistra vicenda capaci di lasciarmi un vano senso di nostalgia e tenerezza.
Floris, il ragazzo tanto ambito dalla cara Jane, ci attendeva all'interno.
Era piuttosto timido eppure non appena la comitiva si restringeva a pochi individui si rilassava, faceva piacevoli battute, sorrideva dolcemente a Jane.
Oh,come erano piene d'amore puro e sincero le iridi scure di Jane quando si mescolavano alle sue per pochi attimi.

"So che cercate le tombe dei gemelli."

Teneva i documenti che Jane mi aveva mostrano tra le mani, li stringeva con le lunghe dita, era consapevole del pericolo che stavamo correndo.

"È così. - dissi con decisione, puntando i piedi nel terreno, che ingenua che ero.-
Voglio sapere cosa gli è successo.Una dei due si chiamava Itsuko?"

Jane e Floris si voltarono l'uno verso l'altro, la ragazza aveva raggiunto un pallore lunare, le pupille erano tanto dilatate da obbligarla a socchiudere gli occhi per proteggersi dal sole.
La piccola bocca che di solito disegnava un sorriso malinconico o malizioso si era spalancata come se dovesse gridare senza fare alcun rumore.
Floris le prese la mano.

"È gelida."

Il suo tono era colmo d'apprensione.

"Jane- se la strinse al petto nel tentativo di rassicurarla- chi è Itsuko?"

Domandò sussurrando.
Il cimitero sconsacrato si trovata sul punto più alto del villaggio, una brezza gelida, mortale, si intrufolava tra i miei vestiti e mi faceva rabbrividire da capo a piedi continuamente.

"Mi dispiace, faccio sempre troppe domande e-"

Jane aveva ripreso parte della calma necessaria per riordinare i pensieri, Floris tolse le mani dalla sua vita districando le braccia come rami di un salice.
Notai della genuina tristezza data dalla mancanza repentina di quel contatto, del calore delle sue braccia forti sul suo corpo,nel sospiro della giovane,nei suoi movimenti.
Si pettinò I lunghi capelli neri con le dita e prese a parlare.

"Itsuko era come te Elvira. Era ospite degli Stoica per un Erasmus, era partita dal Giappone ed era elettrizzata quando arrivò.
Mia zia Helena l'aveva conosciuta e aveva tentato invano di proteggerla.-"

I raggi solari non penetravano più tra le nuvole di tormalina, il cimitero era caduto nella penombra così come i nostri volti pallidi e infreddoliti.

"Proteggerla da chi? Chi è lui? Morirò anche io vero?"

Tutto era assurdo, solo la morte nel suo significato più carnale mi pareva normale,umana.
So che Itsuko è morta, me l'ha sussurrato il gatto, l'ho visto nello specchio.

Urlai tanto forte da spaventare quattro grossi corvi neri che si alzarono in volo sbattendo le lucide ali nere tra le foglie secche.
Jane si era ammutolita, Floris sembrò in procinto di dire qualcosa ma si fermò.
Calò un silenzio tombale.
Poi sentimmo dei passi.
Un prete, si era recato a fare il quotidiano controllo proprio in quel momento.

"Buongiorno ragazzi."

Floris rispose con un cenno del capo, alquanto imbarazzato dalla situazione inopportuna.
Non era raro trovare giovani coppie che pomiciavano indisturbati o,ancor peggio, gruppi di ribelli ai margini della società intenti a fare sacrifici animali o a riesumare illegittimamente cadaveri.

"Stiamo facendo una ricerca per costruire un albero genealogico!"

Disse Floris blaterando.
Il prete avrà avuto poco più di cinquant'anni certo non in età tale da cadere in certi tranelli.
Fece domande con insistenza usando la curiosità come innocente pretesto.

"E su che famiglia state indagando?Sono bravo a mantenere i segreti se è questo che vi frena."

Si sporse sistemando gli occhiali che gli erano ricaduti sul naso aquilino per leggere l'inscrizione della tomba più vicina.

"Sulla famiglia Stoica.
La data di morte del certificato e quella della tomba sono diverse."

Il prete risalì il petto con la mano e sfiorò un crocifisso di legno gonfio per l'umidità che portava.

"È un errore comune, è un piccolo paese, sono pochi i dipendenti che parlano con noi preti che ci occupiamo delle sepolture."

Lo scrutai per analizzarne l'espressione ma era impassibile.

"Vi lascio al vostro lavoro. Arrivederci ragazzi, fate attenzione."

Una volta che la sua alta figura fu diventata una sagoma in lontananza ricominciammo a camminare verso la sepoltura in silenzio.

"Non gli credere, lui è nuovo. Non sa niente di questo villaggio."

Floris annuì con enfasi.

"Allora andiamo a parlare con il prete che se n'è occupato, non sono passati più di una ventina d'anni."

Anche se fosse stato sessantenne all'epoca adesso potrebbe essere vivo.

"È questo il problema.- disse fermandosi di colpo- è stato trovato morto la mattina dopo il funerale.
Il padre di Victor constatò che le cause della morte erano naturali, si trattò di una malattia terminale."

Una malattia terminale.

Piombò nuovamente un silenzio assoluto, i pensieri non creavano alcun rumore e ciascuno aveva i propri da domare.

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