Capitolo 18. "Guarigioni miracolose."

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Dumitra non parse particolarmente sorpresa e mi spiegò come in realtà fosse una cosa alquanto frequente in questa zona.
Le rassicurazioni servivano però a poco dinnanzi il bruciore che provavo;sentivo la pelle come carne viva sotto il fuoco.
Gli artigli dell'animale avevano forato la pelle con tale intensità da lasciare due profondi fori arrossati e gonfi tra i graffi.
Guardai il mio collo riflesso sullo specchio appeso al muro, ma la luce era fioca per paura di svegliare Orazio, il poveretto si sarebbe dovuto alzare il giorno seguente, o meglio, quella stessa mattina all'alba per delle commissioni, e riuscivo a vedere poco e niente.
Tentai di nascondere la mia paura a Dumitra per non creare disagi ai signori Stoica, Dio solo sa che imbarazzo avrei provato svegliandoli nel cuore della notte per lamentare di un fatto così strano;nonostante ciò, la mia razionalità vacillava mano a mano che il tempo passava,fino al momento in cui scoppiai in una crisi isterica e mi sedetti sul letto per paura di perdere l'equilibrio.
Certo, può sembrare un comportamento spropositato, eppure pensando all'ospedale più vicino, si parla di più di due o tre ore di distanza per quanto ho potuto constatare, e alla cultura diversa dalla mia, non posso fare altro che rabbrividire.
Non sapevo che reazione avrebbero avuto;sarei sembrata una matta ai loro occhi? Una giovane di città, snob e ipocondriaca: esattamente quel tipo di persona che avevo trovato irritante per tutto il corso delle scuole superiori.
Ciò perdeva ogni rilevanza nel mio cervello non appena avvicinavo le dita al sangue che scorreva lungo i solchi delle mie ferite.

"Non mi sento bene. Una cosa così non mi era mai successa, e se prendessi qualche virus letale?
E se nessuno fosse in grandi di curarmi in tempo?"

Finì il discorso e mi accorsi di aver gridato tutto il tempo. Avevo il respiro corto e la voce tremolante come durante ogni notte prima di un esame.
Dumitra mi guardò smarrita.

"Un dottore?Ma sei sicura? Sai, in campagna, perlomeno qui da noi, è una cosa di routine."

Non ero sicura riguardo le sue parole, i suoi occhi grandi e dolci come miele rossastro mi suggerivano di darle ascolto ma le sue mani intrecciate e in fermento mi facevano dubitare.
Sembravano suggerirmi di esitare, a tradimento della loro stessa proprietaria.

"Non lo so, sembrano infette."

Le dissi spostando i capelli così che potesse vedere meglio.
Un sentore di paura si accese nei suoi occhi, non so come feci a capirlo, come se avessi sbloccato la possibilità di accesso ad un nuovo senso cominciai a percepire la sua esitazione.

"Stai bene?"

Abbassò la testa e la folta chioma dorata le ricadde sul volto.

"Perché me lo chiedi? Ti sembro forse strana?"

Non era arrabbiata né tantomeno indispettita, la sua era una domanda a tutti gli effetti.

"Beh in effetti sì, sembri spaventata, se ti fa impressione posso mostrarlo ad Orazio."

La rassicurai poggiando le una mano sulla spalla ma quel che successe poi mi lasciò, e mi lascia tutt'oggi, inquieta.
Non appena la toccai come una folata gelida percorse le mura della stanza richiudendosi su di noi, Dumitra non reagì ed io mi strinsi al copriletto con la mano.

"Che freddo! Eppure, guarda, la finestra è chiusa, aspetta-"

Mi prese il polso e mi tirò indietro con una forza che mai avrei immaginato potesse avere in quei polsi magri.

"Potrebbe essere il battito d'ali del pipistrello, sei sicura sia uscito?"

Il mio cuore riprese a pulsare senza ritegno, lo sentivo mentre si arrampicava fino alla gola come un ragno grosso e velenoso.
L'alto soffitto della cameretta mi ricadde con pesantezza sulla testa e mi addormentai profondamente stretta tra le braccia dell'innocente Dumitra.
Era una ragazza così premurosa e materna! Riusciva a farmi percepire un calore famigliare ma allo stesso tempo a rimanere distinta e profondamente distante da me.
E di certo, qualcosa non mi raccontava.
Mi sentivo in balia di voci candide e mani di marmo, accarezzata da venti notturni e dalla quotidianità del buio più totale.
Finalmente ero tranquilla e potevo riposare.

"Elvira! Elvira!"

Mi scuotevano spingendo la testiera del letto pur di avere l'effetto sperato.

"Oh, grazie a Dio si è svegliata!"

Le sentì dire ad Orazio in un pianto liberatorio.
Era ancora notte fonda, la luna era alta nel cielo nello stesso esatto punto di prima, la stanza però era di nuovo calda e nulla di ciò che avevo prima percepito riguardo a Dumitra riaffiorava più tra i miei pensieri.
Tutto era rientrato con mio disappunto nella norma. La debolezza che provavo da quando avevo avuto l'incidente si ero insinuata tra i miei muscoli facendoli rallentare.
Cercai di leggere l'ora sulle lancette della vecchia sveglia poggiata sul comò e rimasi di stucco nel vedere che non si erano spostate di un solo centimetro.

"Ma come è possibile, quanto tempo è passato?"

Orazio con un cenno di capo si congedò per lasciarci nell'intimità delle stanze da letto della famiglia.

"Devi esserti sbagliata tesoro, hai dormito molto profondamente per non più di cinque, o forse dieci minuti."

Annuì sconfitta e sorpresa di vedere che lo sfregio sul mio collo era quasi del tutto scomparso.
Passai più volte il palmo sul collo liscio e Dumitra lo notò.

"Orazio ti ha messo una crema, comunque era quasi tutto sangue, insomma, tanto fumo e niente arrosto. Ad ogni modo, se domani vorrai vedere un medico-"

Scossi la testa energicamente e mi tirai le coperte fino sotto il mento.

"No, non importa. Mi sono fatta prendere dal momento ma vista la sua situazione attuale sono sicura che basterà solo del disinfettante."

Dumitra si alzò scrollandosi il pigiama dalla tensione e fece un sorriso di assenso.

"Allora a domani, buonanotte!"
"Buonanotte!"

In effetti, dopo aver recuperato lucidità, notai che si trattava di piccoli graffi e due minuscoli fori causati dagli artigli ma molto meno profondo di quello che avevo percepito.
Mi ricoricai tenendo un panno freddo intriso di una soluzione disinfettante e spensi la luce.
Non sto nemmeno a dire che quella notte non chiusi occhio.
Pregai che nel disinfettarmi i fori Orazio non avesse trovato il mio diario, o peggio, che lo avesse letto.
Fortunatamente lo ritrovai chiuso con il suo nastrino rosso da un doppio fiocco come di solito e con la copertina rivolta verso il basso, segno che nessuno lo aveva nemmeno notato.
Presto arrivò il sole a farsi sbaglio debolmente tra la nebbia, come un barlume di chiarezza tra i miei pensieri e sentimenti dell'epoca.
Ricordo che mi svegliai all'alba e così cominciò quella che definisco "La Settimana": giorni di pura follia incrinati da notti spaventose e avvenimenti troppo strani che riporterò aiutandomi con il mio caro diario.
Ad ogni modo, scesi dal letto con un balzo seguendo un profumo dolce e speziato di caffè con zenzero ben zuccherato, ignara, di ciò che mi sarebbe aspettato.

If I Was Your VampireWhere stories live. Discover now