Worlds apart

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23 MARZO 1986

Era uno splendido orologio di legno scuro, probabilmente di mogano. Tre piccole colonne ne costituivano il tetto terminando in piccole cupole dorate a punta. Il quadrante era circondato da decorazioni dello stesso colore dorato. Allo stesso modo, un grosso penzolo oscillava da destra a sinistra, l'intero orologio danzava nella stessa maniera, sempre in senso opposto.

Dong, dong, dong.

Sembrava aver rovinato la parete del bagno data la ramificazione di crepe che s'erano formate sul muro. Sembrava aver priso vita.

Max.

Soffocai un grido quando alla mia sinistra,  una figura umanoide che di umano aveva ben poco. Era la personificazione del Sotto Sopra: un'ammasso di pelle bruciacchiata e viscida, alcune zone del corpo – come il capo - erano coperte da un'intrisicazione di tentacoli e al posto delle mani aveva dei lunghi e affilati artigli. Occhi vitrei e sinistri.

Non puoi scappare per sempre, Max.

E io scappai. Uscii dal bagno in fretta e furia, attraversando il corridoio inusualmente buio e dalle pareti rovinate. La sua voce mi arrivò da qualsiasi parte, grave e rimbombante. Urlai. Va' via.

Improvvisamente ero in vasca da bagno. Il mio corpo scattò, pronto a fuggire ancora. Ma venni trattenuta. Mi aveva presa.  Provai a resistere, spingendo. Il cuore in gola.

-Che cazzo? Ehi!

Abbassai lo sguardo sulle braccia abbronzate strette fermamente attorno alla mia vita. Quel secondo di distrazione lasciò che venissi riportata indietro. Ero contro il suo torso.

-Ehi. Sh, sh. Max. Max.

Billy.

-Sei qui. Sei qui. – proseguì contro il mio orecchio. Lo ripetette altre decine di volte. Finché il tutto non si ridusse ad un sussurro.

Le mie mani gli strinsero gli avanbracci mentre a corto di fiato tentai di riprendere il controllo del mio cuore galoppante. Fino a conficcare le unghie nella sua pelle. Me ne accorsi dal leggero sibilo che si lasciò scappare, ma non disse altro. Si limitò a dondolarmi nella sua presa, a stringermi con forza.

-Dio. – sospirò. -Un minuto prima stavi dormendo e poi... - si fermò. Lo sentii scuotere la testa. -Cos'hai visto?

Deglutii, incapace di parlare. Non volevo parlarne. Ero terrorizzata.

-Cos'hai visto? Parlami.

Quel flusso di domande non fece che peggiorare lo stato dei miei nervi già alle stelle.

-Max.

Facendo forza, slacciai le sue braccia dalla mia vita e mi misi a sedere, agitando l'acqua della vasca. -Niente.

La stanza era improvvisamente troppo calda. Uno strato di condensa s'era formato sui muri. Mi passai una mano sulla fronte. Ero mandida di sudore. Billy mi chiamò ancora. Facendo leva con le braccia, mi sollevai in piedi e afferrai bruscamente l'asciugamano dal gancio sul quale era appeso.

-Dio. Tutte queste cazzo di domande. – scattai, avvolgendomi l'asciugamano attorno al corpo. -Sto bene. Okay?

Scavalcai il bordo della vasca. Mi pentii quasi immediatamente di quello sfogo, ma in quel momento vedevo rosso. Billy si rabbuiò. La fronte aggrottata, mi guardò allontanarmi dal bagno. Trattenni un sospiro quando lo sentii uscire dall'acqua e poco dopo seguirmi in corridoio.

-Dimmi che ti prende.

-Di che parli? – borbottai a denti stretti mentre frugavo fra i miei vestiti. Fu la frase più spontanea che mi venne. Mi conoscevo fin troppo bene, quello era il momento in cui mi chiudevo a guscio e non c'era niente da fare.

Good Girl | Billy HargroveWhere stories live. Discover now