La Forma del Destino

By Marikaapoliti

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*Completa* Un carattere introverso, una realtà che non le appartiene e un nuovo inizio. Federica ha vissuto d... More

PROLOGO
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Ringraziamenti

Capitolo 10

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By Marikaapoliti

FEDERICA

DANNAZIONE! Dannazione a me e alle mie inutili paranoie da quattro soldi. Odio pensare e crearmi delle aspettative, odio ancor di più capire di non riuscire a lasciar andare dei pensieri. Il suo volto mi perseguita, perseguita la mente, i sogni, la vita. Mi destabilizza pensare al controllo che esercita su di me, con un semplice gesto, con una semplice frase o con uno sguardo mi ha reso incapace di resistergli, incapace di essere lucida. Non voglio essere un altro trofeo della sua collezione di Barbie e conquiste. Non voglio che pensi che possa essere come quelle ragazze che camminano al suo fianco.
Mi giro nel letto consapevole che probabilmente non chiuderò occhio, i suoi occhi dispiaciuti sono davanti a me ogniqualvolta provo a rilassarmi e dormire, non capisco perché si comporta così. Sposto lo sguardo sulla sveglia che segna le 4:15, Charlotte mi aspetta alle nove per andare al mare ed io sono ancora sveglia a distruggere il mio cervello bacato.
So che probabilmente ci sarà anche lui ma non voglio vederlo, non voglio avvicinarmi perché è sbagliato per me, il suo modo di rivolgersi mi ha fatto male. Dopo ieri sera, dopo le sue parole e le mie non so come potrei reagire nell'averlo vicino. So che continueremo a scontrarci e voglio bene mi restituisca la sofferenza da cui io sono scappata.
DIO! Queste sensazioni mi provocano dolore alla bocca dello stomaco, ho un peso al petto. Non capisco se essere felice di questa nuova vita o aver paura. Senza mio padre che avesse rovinato tutto non avrei mai conosciuto Charlotte, gli altri e naturalmente lui, non mi capacito di come mi faccia sentire questa consapevolezza. Non capisco se sia stato un bene scappare, vivo una quiete che non ho si assaporato, ma quanto durerà? È solo un'illusione? Non riesco a recepire neanche perché sto qui a torturarmi alle quattro del mattino, fissando un soffitto bianco e spoglio.
Abbasso gli occhi sull'ammasso di peli che sta sul mio tappeto. Brown mi fa compagnia, ma sembra dormire profondamente. Sospiro ancora. Scalcio le lenzuola. Fa un caldo terribile, ho bisogno di bere dell'acqua fresca. La testa non fa più male come prima, adesso il dolore si è trasferito altrove, ogni mia parte del corpo si estende al ricordo delle sue mani su di me. Il suo tocco per niente fastidioso, mi induce a respirare profondamente ma mi causa anche del vuoto per il conflitto in cui mi trovo.
Scendo lentamente le scale fino ad arrivare in cucina. Aprendo il frigo, la luce mi annebbia la vista per pochi secondi, dopodiché, prendo un bicchiere senza fare rumore, lo riempio tre volte e mi avvio al divano. La stoffa è molto più fresca delle mie lenzuola, mi danno sollievo. Mi ci corico sopra fissando il soffitto. Tuttavia, mi maledico mentalmente per dei minuti infiniti, senza riuscire a prendere sonno. Provo a socchiudere gli occhi e rilassarmi ma qualcosa mi impedisce di provare a dormire, anzi, qualcuno; una vocina assonnata si avvia al divano.
«Fede» Marco si strofina gli occhi con le piccole mani.
Mi alzo a sedere e gli indico di prendere posto accanto a me.
«Cosa succede?» sussurro quando lui rimane fermo a fissare il tavolino in vetro davanti a lui, senza proferire parola.
«Un brutto sogno?» azzardo, anche se so già la risposta.
Annuisce rimanendo nella stessa posizione fermo, immobile.
Mi fa male vederlo così, mi sento responsabile dei suoi incubi, delle sue paure.
«È sempre lo stesso brutto sogno?» domando lentamente.
Annuisce ancora.
«Me ne vuoi parlare?» Provo a dire ma so già la risposta anche di questo.
Scuote subito la testa e so che la soluzione è solo una, tornare indietro e fare quello che una volta lo faceva calmare.
«Mi aspetti un secondo qui? Torno subito! Ho una cosa da farti vedere»
Corro veloce al piano di sopra facendo attenzione a non svegliare la mamma e Brown, afferro le cuffie dal comodino e ritorno di sotto. È sempre lì, inerme. Nella posizione in cui l'ho lasciato. Mi si spezza il cuore, so cosa sta provando, lo so bene. Si domanda perché ripercorre sempre lo stesso giorno, le stesse immagini, le stesse paure e non c'è risposta a questo, neanche io so darmela. Quando avevo gli incubi poco dopo l'accaduto era come rivivere tutto, sentire ogni secondo, ogni attimo, ogni emozione o dolore. Ripercorrere sempre la stessa giornata ogni notte era estenuante, avevo timore ad addormentarmi. A volte c'era qualche scena in più, la mia mente faceva brutti scherzi ma era pur sempre la stessa giornata. Prendo il telefono dal tavolino, cerco la canzone infilando le cuffie, gli porgo una e lui la prende con la sua piccola manina tremolante.
«Cos'è?» mormora curioso.
Premo play su: Bruno Mars - Just the way you are. Lui mi guarda aggrottando la fronte. Stringe tra le mani il suo piccolo omino di Spiderman, quando Bruno Mars inizia a cantare si scioglie subito il malumore. Si sistema sul divano dondolando i piedi, con le mani prende il suo omino facendolo muovere a ritmo di musica. Ricordo la prima volta che l'abbiamo ascoltata. Ero in camera e stavo piangendo per via di mio padre, mi aveva strattonato i capelli perché non gli avevo preso "in tempo" le posate.
Sono per terra appoggiata al letto, occhi chiusi, lacrime sul viso, respiri mozzati. La porta cigola, si apre piano. Il mio cuore velocizza il battito, ma ritorna regolare quando il suo faccino entra. Rimane sull'uscio della porta, mi guarda tristemente e accenno un sorriso, finché non gli indico di sedersi accanto a me.
Poggia la testa sul mio grembo, prende la mia mano e la stringe.
Mi mordo il labbro, il naso pizzica, il respiro manca e vorrei non piangere davanti a lui, mostrarmi forte ma è difficile.
Estrae la cuffia dal mio orecchio ed esclama sotto voce:
«Ti voglio bene».
Mi avvicino alla sua testolina e la bacio. I suoi occhi tremano, come la sua anima. Ha paura e anche io. La musica mi calma, ci calma.
Gli porgo la cuffia, la infila e dopo qualche secondo, muove le mani a tempo come un vero direttore d'orchestra. Da lì, questa canzone è diventata nostra.
Delle volte veniva in camera e diceva semplicemente: «Canzone» e capivo che aveva bisogno di me.
Col tempo l'ha imparata a memoria, naturalmente, con il suo inglese italianizzato ma tutto sommato è davvero bello sentirlo canticchiare ma soprattutto vederlo sorridere di nuovo.

****

Un rumore assordante all'altezza dell'orecchio mi fa trasalire spalancando gli occhi di colpo.
Sbuffo. Questa maledetta sveglia mi ha fatto prendere un colpo, sbotto tra me e me, dopodiché, cerco di spegnerla ma ricomincia a suonare. Ruoto lo sguardo verso mio fratello accovacciato per tutta la notte a me, ma pare sparito. Chiudo le palpebre sbadigliando per il mal di testa che provo alle tempie, le gambe non vogliono rispondere ai comandi ma mi costringo ad alzarmi sospirando sommessamente. Non ho chiuso occhio tutta la notte, la mia testa sta esplodendo e i miei pensieri non vogliono darmi tregua. Non berrò mai più in tutta la mia vita, provare questo dolore non era contemplato nella mia vita, forse l'alcol mi ha creato anche l'insonnia, tuttavia, mi trascino fino in cucina carezzandomi il collo dolorante.
«Ma buongiorno» tuona Elis, facendomi trasalire.
«Che ci fai qui?»
Ho una mano sul petto, l'aria sconvolta ma mi siedo per riacquistare un po' di lucidità.
«La tua cara mamma mi ha chiesto di occuparmi di Marco oggi, perché la sua dolcissima figlia deve andare al mare e lei deve andare ad un colloquio»
Annuisco muovendo più volte le palpebre per cercare di rimanere sveglia e far passare almeno apparentemente la sbornia.
«Sai dove sia finito l'ometto?»
«L'ho messo a letto» mi informa.
Faccio il pollice in su e mi muovo nella stanza per prepararmi la colazione.
«Quindi esci con la tua nuova amica, Charlotte» indaga.
Assenti prendendo una tazza, la riempio di cereali e li affogo con del latte.
«E tutto il suo gruppetto?» domanda con sguardo malizioso.
La guardo titubante poiché conscia del gruppo di amici di Charlotte, le chiedo perché sa di loro.
«La casa dei Müller ci divide, vedo ogni cosa» mi schiaccia l'occhiolino, dopodiché, la sua domanda mi fa ritornare nel baratro della mia nottata in bianco:
«Com'è andata la serata? Lui come ha reagito?»
Alzo gli occhi al cielo, sbuffo e provo a sviare l'argomento.
«Conosci tutti gli amici di Charlotte?»
«Non cambiare discorso, che è successo?» si siede al tavolo facendo risuonare, come un giudice in aula con il martello all'inizio del processo, il suo anello nuziale.
«Nulla, non si è presentato» mento.
Forse sarebbe stato meglio se non si fosse presentato, penso.
La sua fronte si aggrotta, mette il broncio cominciando un discorso sulle scelte giuste e sbagliate.
«Elis sto bene, non era quello giusto», dico alla fine provando ad alzarmi dalla sedia.
«Magari ha avuto paura, invece, gli concederai un'altra possibilità?»
Possibilità? Ad una persona menefreghista e manipolatore come lui? Non gliene concederò neanche una, ma non ci sarà bisogno di farlo essendo che a lui interessa solo far parte della vita di una persona occasionalmente.
«No, Elis. Non mi interessa come pensavo» continuo imperterrita a mentire.
«Ma è Carlo?» Domanda titubante.
Salto in piedi. «Il fratello di Charlotte? No».
«Non è mica brutto, eh» commenta lei pensandoci.
«No, non lo è... ma è fidanzato e poi è il fratello della mia amica»
«E quindi?» .
Faccio per andare via senza ribattere quando sussurra: «Peccato».
Alzo gli occhi sulla parete di fronte, la sveglia segna le nove meno venti, spalanco gli occhi lanciando un urletto nel panico. Sono in ritardo.
«Cavolo, Charlotte sarà qui a momenti» strillo.
Salgo velocemente le scale in parquet scuro, arrivo in camera e mi precipito alla cabina armadio, afferro il costume tentando di infilarlo e di legare tutti i laccetti ad incrocio sul seno. Merda. Merda. Merda. Non riuscirò ad essere pronta in tempo.
Infilo le mutandine, mi guardo velocemente allo specchio ed è tutto nella norma, lo specchio non proietta fortunatamente le mie insicurezze, tuttavia, corro in bagno, lavo il volto e i denti.
Prima però di prendere in copricostume mi soffermo a guardare i miei capelli impazziti, sembra di aver messo le dita nella corrente a 200 volt.
Il suono del mio campanello di casa, mi avvisa che la mia amica è qui facendomi imprecare furiosa.
Cerco di legare i capelli ma non riesco, questo ammasso informe non riesco a gestirlo questa mattina. Uffa. Mi fanno male le braccia, odio essere in ritardo.
«Buongiorno splendore» la sua voce entra in camera mia.
«Buongiorno niente» mi lamento davanti allo specchio.
«Che ti prende?», chiede avvicinandosi.
«Non riesco a fare...mhh...non sono...» impreco.
Le sue mani gelate mi prendono dalle spalle fermando il mio panico per un istante.
«Nessuna fretta, ti aiuto io... Non prendiamo il bus, niente panico! Andiamo in auto... con Chri» le sue parole sembrano così calme che vorrei farmi davvero una risata, probabilmente, una di quelle isteriche. Non so se sia il fato a prendersi gioco di me o la vita stessa. L'unica cosa che mi consolava era non doverlo vedere almeno per qualche ora, e invece, mi tocca fare il viaggio in macchina con lui.
«Mh... bene» brontolo voltandomi di spalle.
«E Carlo?»
«Verrà con Mara più tardi» mi informa sistemando i miei capelli quando domanda:
«Ma ieri perché sei andata via?»
«Eri sparita, sono andata via con Christian... non eri andata via con Carlo?»
«In realtà ero con quel ragazzo con cui ho ballato» sogghigna soddisfatta.
«Ah»
«Avevo chiesto a Ted di portarti a casa se non avessi finito in tempo» scimmiotta con noncuranza.
Quindi lei non era andata via con Carlo e Christian in questa situazione non era stato minimamente preso in considerazione, ma poi, perché mi ha mentito? Perché ha voluto accompagnarmi lui quando Charlotte aveva chiesto a Ted?
Per un secondo mi soffermo sullo sconosciuto, le chiedo cosa ha fatto con lui e un sorrisino mi chiarisce tutto.
«Ci aspettano in macchina» mi informa dopo avermi raccontato un po' della serata, mentre infilo il mio copricostume striminzito.
«Ci sono anche Emilia e stecco, ad aspettare» mi risponde dopo averlo chiesto se sono già davanti casa.
Annuisco inalando quanta più aria possibile, dopodiché, prendo lo zainetto e andiamo al piano di sotto.
Mentre scendiamo gli scalini osservo il corpo sinuoso di Charlotte fasciato nel bikini bianco che si intona perfettamente al corpo abbronzato dal sole, dove la rende davvero seducente. I suoi capelli biondi sono legati in due trecce e gli occhi grigi la fanno apparire una divinità. Vorrei sentirmi sicura almeno un pizzico di lei, tuttavia, il suo zainetto mi riprende il suo spirito dove cita: "I'm a god" a caratteri cubitali. 
«Sono nuda» mi lamento osservandomi allo specchio del salotto.
Digrigna i denti e mi fulmina con lo sguardo.
«Non posso uscire di casa così» brontolo. 
«Si che puoi, infatti, lo stiamo facendo».
Le dedico un sorriso un po' tirato ma proseguo.
Ad ogni modo, salutiamo Elis prima di uscire di casa e la mia amica le chiede di salutarle il signor Proietti, nonché mio zio.
«Certo Charlotte, lo farò» dice mia zia cordiale.
Apro le braccia e la guardo titubante.
«cosa c'è?» mima.
«è mio zio» le ricordo.
«è figo» urla appena usciamo di casa.
«Tu sei pazza», le dico ricordandole che mio zio ha quarant'anni.
«Ne ha trenta sei» specifica.
«La cosa non cambia» continuo.
Ci dirigiamo verso la macchina di Christian parcheggiata davanti il mio mini vialetto, ho nuovamente il cuore in gola, e l'ansia al petto, sento le pulsazioni aumentare.
Ho improvvisamente caldo, ripensando a ieri sera e a quello che succederà oggi ma una domanda continua a torturarmi: Perché mi ha accompagnata lui a casa?

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una storia sulla ship migliore di questa edizione, sarah x liljolie. non credo abbia bisogno di una descrizione, le conoscete fin troppo bene