Le Chimere di Salomone: il Re

By YagaIsBack

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Re Salomone: colto, magnanimo, bello, curioso, umano. Alchimista. In una fredda notte, in quella che ora chi... More

Premessa
Prologo
Parte Prima
Capitolo primo: Fratelli
Capitolo secondo: I Morti che vivono
Capitolo terzo: Patti di Sangue
Capitolo quarto: Riunioni
Capitolo Quinto: Akràv
Capitolo Sesto - Parte Prima: Il contenitore dell'anima
Capitolo Sesto - Parte Seconda: Il contenitore dell'anima
Capitolo settimo: Una gabbia senza vie d'uscita
Capitolo ottavo - Parte Prima: Fuga
Capitolo ottavo - Parte Seconda: Fuga
Capitolo Ottavo - Parte Terza: Fuga
Capitolo nono: Morire centouno volte
Capitolo Decimo - Parte Prima: Io non sono
Capitolo Decimo - Parte Seconda: Io non sono
Capitolo Undicesimo: Chi non muore si rivede
Capitolo Dodicesimo - Parte Prima: Sconosciuti
Capitolo Dodicesimo - Parte Seconda: Sconosciuti
Capitolo Tredicesimo - Parte Prima: Il corpo ricorda
Capitolo Tredicesimo - Parte Seconda: Il corpo ricorda
Capitolo Quattordicesimo: Ti ho visto morire
Capitolo Quindicesimo: A mali estremi, estremi rimedi
Capitolo Sedicesimo - Parte Prima: Ci sei sempre stato
Capitolo Sedicesimo - Parte Seconda: Ci sei sempre stato
Capitolo Diciassettesimo - Parte Prima: Non avere paura dei mostri
Capitolo Diciassettesimo - Parte seconda: Non avere paura dei mostri
Capitolo Diciottesimo: Per risvegliare un Re
Capitolo Diciannovesimo - Parte Prima: Non più lo stesso
Capitolo Diciannovesimo - Parte Seconda: Non più lo stesso
Capitolo Ventesimo - Parte Seconda: Stesso Sangue
Capitolo Ventunesimo - Parte Prima: La linea sottile tra alleati e nemici
Capitolo Ventunesimo - Parte Seconda: La linea sottile tra alleati e nemici
Capitolo Ventunesimo - parte terza: la linea sottile tra alleati e nemici
Capitolo ventiduesimo - Parte Prima: Ora e da sempre
Capitolo Ventiduesimo - Parte Seconda: Ora e da sempre
Capitolo Ventiduesimo - Parte Terza: Ora e da sempre
Capitolo Ventitreesimo - Parte Prima: Un corpo troppo umano
Capitolo ventitreesimo - Parte seconda: Un corpo troppo umano
Capitolo Ventiquattresimo - Parte Prima: Parti di una medesima anima
Capitolo Ventiquattresimo - Parte Seconda: Parti di una medesima anima
Capitolo Venticinquesimo - Parte Prima: Un legame che trascende la paura
Capitolo Venticinquesimo - Parte Seconda: Un legame che trascende la paura
Capitolo ventiseiesimo - Parte Prima: Addio Noah Dietrich
Capitolo Ventiseiesimo - Parte Seconda: Addio Noah Dietrich
Parte Seconda
Capitolo Ventisettesimo - Parte Prima: Wòréb
Capitolo Ventisettesimo - Parte Seconda: Wòréb
Capitolo Ventisettesimo - Parte Terza: Wòréb
Capitolo Ventisettesimo - Parte Quarta: Wòréb
Capitolo Ventottesimo - parte prima: Trova il Vitriol
Capitolo ventottesimo - parte seconda: Trova il vitriol
Capitolo ventinovesimo: Le colpe del passato
Capitolo trentesimo - Parte Prima: Rebus
Capitolo trentesimo - Parte seconda: Rebus
Capitolo trentunesimo - Parte Prima: L'ultimo
Capitolo trentunesimo - Parte Seconda: L'ultimo
Capitolo trentunesimo - Parte Terza: L'ultimo
Capitolo trentaduesimo: I nodi che tornano al pettine
Capitolo trentatreesimo: Un passo alla volta
Capitolo trentaquattresimo - Parte Prima: Una promessa
Capitolo Trentaquattresimo - Parte Seconda: Una Promessa
Capitolo trentaquattresimo - Parte Terza: Una Promessa
Capitolo Trentacinquesimo - Parte Prima: L'invito
Capitolo Trentacinquesimo - Parte Seconda: L'invito
Capitolo Trentacinquesimo - Parte Terza: L'invito
Capitolo Trentaseiesimo: Per chi più si ama
Capitolo Trentasettesimo - Parte Prima: Cultus Sanguinis

Capitolo Ventesimo - Parte Prima: Stesso Sangue

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By YagaIsBack

"God damn I think I'm stuck again
Last call it's time to sink or swim
Blacked out I end up on my back
And I know I should stop"

- Washed Out, Counterfeit

Per il resto del tragitto Alex rimase zitta. Le sue labbra non si schiusero nemmeno una volta, facendo sentire Noah in difetto: ma per quale ragione? Dopotutto era lei quella che non voleva parlare con lui, che cercava di stargli quanto più lontana possibile pur non avendone la facoltà. Non era lui quello ad esserle piombato a casa, nella vita, senza essere invitato! Quindi per quale motivo doveva farlo sentire così... sbagliato?
Avrebbe voluto chiederglielo sia durante il tragitto in autobus sia mentre salivano la rampa di scale che li separava dal suo appartamento, ma ogni volta che si era girato verso di lei per aprir bocca l'aveva trovata rivolta in tutt'altra direzione, persa in chissà quali pensieri - e le parole avevano finito con il morirgli in gola.
Approcciarsi a Z'èv alle volte gli pareva impossibile, faticoso; e non si trattava solamente dei suoi modi scostanti, spesso era lui stesso ad avvertire la sensazione di essere dalla parte del torto, di averle arrecato una qualche offesa che necessitava d'essere sanata prima di poter tornare alla normalità. Peccato che non avesse la più pallida idea di cosa si trattasse.
D'un tratto però, ormai sul pianerottolo di casa, vedendo la Chimera afferrare la maniglia Noah si ridestò dai propri pensieri e, colto da un'urgenza che non avrebbe saputo spiegarsi, le chiese: «Finisce così?» E Alexandria nell'udire la sua voce sembrò irrigidirsi, addirittura sorprendersi, ma non a sufficienza per voltarsi verso di lui. Per un solo istante, scorgendo quella reazione, gli parve quasi che non volesse incrociare il suo sguardo, che stesse provando a nascondergli il proprio viso; ma per quale motivo? Cosa c'era di tanto compromettente da dovergli tenere segreto?

«Di che parli?» gli domandò lei in un sospiro.
«La nostra conversazione.»
Alex trattenne una risata: «A malapena è iniziata, ragazzino. Inoltre ti ho già spiegato che ci sono cose lasciate in sospeso tra me e la persona che probabilmente non sei, quindi smettila di insistere» e a quel punto la vide abbassare la maniglia, quasi a voler mettere fine a una discussione che però lui non era intenzionato a concludere a quel modo.
Ciò che non gli voleva dire poteva in realtà essere un tassello fondamentale per capire ogni cosa: non si sarebbe arreso tanto facilmente, quindi.

«"Cose" di che tipo? Alexandria, voglio solo...»
Stavolta, ne fu certo, vide i muscoli di lei contrarsi.
«Sei scocciante» sbuffò togliendosi la giacca. Stava cercando di sfuggire a quella discussione in tutti i modi, ma non gliel'avrebbe data vinta. Prima o poi avrebbe dovuto sputare il rospo!
«Beh, tu invece sei malmostosa, irascibile e davvero poco amichevole!» si sentì sbottare. Più lei lo respingeva, più Noah sentiva la necessità di braccarla, di sfamare la propria curiosità; dopotutto non stava facendo nulla di male, anzi! Voleva solamente capire, dare un senso alle stranezze che gli erano capitate dal giorno in cui era nato e che lo avevano perseguitato sino a quel momento, ma per farlo aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile, anche del suo. «Sto cercando di venirti incontro!»
Di tutta risposta, la Chimera si girò verso di lui - e dall'espressione sul suo viso fu chiaro che non doveva affatto aver apprezzato gli aggettivi con cui l'aveva descritta. In effetti, pensandoci con più lucidità, l'Hagufah si trovò a riconoscere il fatto che fossero ben lontani dall'essere carini, peccato che Zenas, a ridosso del tavolo da pranzo e intento a preparare chissà quale altra leccornia, dimostrò di apprezzarli con eccessiva ilarità. L'uomo dovette nascondere il viso con una mano per tentare di camuffare una risata che, comunque, non gli risparmiò l'occhiata fulminante della sorella. E per quanto minuta, Z'èv sapeva bene come mettere soggezione.
«Come, scusa?» domandò subito dopo aver rimproverato Akràv e tornando a lui: «Non credo di aver capito, moccioso.»
Ed ecco che, forse intimorito dalle possibili reazioni di lei, Zenas cercò di intervenire: «Alex, dai, il ragazzo stava scherzando...» peccato che il suo si rivelò sin da principio un tentativo inutile. Piuttosto che fermarsi, Z'èv avanzò tanto da costringere Noah a retrocedere di qualche passo, mettendolo letteralmente spalle al muro. Era in trappola.

«Al tite'arev, akh...» la sentì ringhiare prima di vederla nuovamente accorciare le distanze tra loro, quasi a volerlo far sentire sempre più in suo potere, preda succube del cacciatore - e ormai, a dividerli, c'erano giusto un paio di spanne.
Un mix di imbarazzo e agitazione parve afferragli lo stomaco e stringerlo, assoggettarlo, eppure non seppe come giustificarlo. Sì, buona parte della sua agitazione era data dal fatto che da quando si erano conosciuti, per quel che riusciva a ricordare, non erano mai stati tanto vicini, ma non solo. Alexandria aveva sempre cercato di mantenere le distanze, di ergere tra di loro una sorta di invalicabile muraglia che, in quel momento, parve oltrepassare per poterglisi scagliare addosso e, involontariamente, avvertì una vampata scaldargli il viso.
«Sto parlando con il ragazzo» la udì aggiungere dopo qualche istante sempre in direzione del fratello, senza però distogliere lo sguardo da lui - e il modo in cui gli occhi di Alexandria si fissarono nei suoi sembrò in parte placare la sensazione di disagio scaturita poco prima, lasciandogli in bocca un'unica domanda: cosa era successo di tanto terribile tra lei e Re Salomone? Perché ce l'aveva con lui?
E potendola finalmente guardare in viso, così vicino, senza nulla a impedirgli di scorgere ciò che lei sembrava tanto riluttante a mostrargli, il sentore di disagio che aveva provato si dissolse completamente. Sì, Z'èv faceva un certo effetto, poteva essere pericolosa, ma non con lui - non in quel frangente, quantomeno.

«Voglio solo capire, Alexandria, davvero. I-io...»
«Ti ho detto che non ne voglio parlare, chiaro? Mi sembra di aver usato la tua lingua, non l'ostrogoto, o sbaglio? Ma se vuoi posso ripetertelo in altri quattro modi» ancora un passo avanti.
Più lo spazio tra di loro diminuiva, più Noah si sentì sopraffare da nuove, strane sensazioni; come il brivido che in quel momento gli corse lungo la schiena, una sorta di dolce scarica elettrica che parve offuscargli il raziocinio.
«Sono disposto a fare qualsiasi cosa tu voglia, ti sto solo chiedendo di spiegarmi, di darmi la tua versione di...» Alex si mise in punta di piedi e allungò il collo, mozzandogli il fiato: erano davvero troppo vicini ora, gli venne da pensare.
Si accorse di avere i palmi sudati, il respiro corto e il cuore bloccato nella trachea e, per un solo istante, deglutendo a fatica, temette che la Chimera fosse sul punto di mettergli le mani intorno alla gola e schiacciarglielo, ma non accadde. La ragazza si fermò a metà del movimento restando sospesa nello spazio tra i loro busti e, in un sibilo, gli disse: «Non puoi fare nulla, hai capito o no? Tu non sei il mio Re.»
Ma come poteva dirlo? Con quale fermezza si opponeva a ciò a cui, invece, i suoi fratelli credevano così ciecamente? Con la loro convinzione sia Akràv sia Nakhaš erano riusciti a far dubitare persino lui di se stesso e di ciò che aveva sempre conosciuto - e non avrebbe mai pensato potesse essere cosa così semplice - quindi perché per lei era diverso? Né nell'infanzia né nell'adolescenza Noah si era mai immedesimato negli eroi stereotipati dei libri fantasy, eppure, se sentita dalle labbra di quei due, quella storia poteva quasi apparire vera. Forse muovendo qualche piccolo passo verso di loro avrebbe davvero spalancato le porte su un mondo che mai avrebbe creduto esistere.
«È per via di quello che... che vi siete detti tu e Levi? È perché non so usare l'Alchimia?» e se quello era il problema e al contempo la soluzione avrebbe provato in tutti i modi a dimostrare ad Alexandria di tenere alla loro causa - pur di trovare delle risposte e placare quella diffidenza ci sarebbe riuscito.

Il rumore della sedia sul pavimento tradì Zenas, facendolo sussultare: «Alex, per favore. Credo che adesso sia meglio lasciar perdere e-»

«Amareti sheatah tsarikhe al tite'arev, Akràv!» Il fiato di lei gli sfiorò il viso. Noah poté sentirne il bollore, l'aroma di caffè rimastole in bocca - e nonostante stesse parlando con il fratello non distolse lo sguardo da lui nemmeno per un istante. Il suo corpo gli era quasi addosso, la sua rabbia palpabile e minacciosa più di quanto si sarebbe aspettato. Alex d'un tratto divenne lava in procinto di bruciarlo, eruzione implacabile che lui stesso aveva scatenato scavando nei punti giusti dei crateri rimasti intonsi. Poté percepire il pericolo con estrema nitidezza stavolta, eppure non volle ritrarsi. Qualcosa, in lui, gli stava suggerendo di non farlo, di lasciarla avanzare fin quando non gli avrebbe sfiorato la carne. La sua ustione non lo avrebbe ferito, lo sapeva, era già successo, ma quando? Quando l'aveva percepita tanto ostile e al contempo sul punto di crollare?
Mosso da chissà quale involontario masochismo, l'Hagufah le afferrò le braccia per bloccarla, placarla nella speranza di farle capire che lui non era il nemico bensì un alleato, ma ciò che ottenne quando le sue dita la toccarono fu ben diverso.
Nell'istante esatto in cui le loro pelli entrarono in contatto, Noah vide Alex sgranare gli occhi e schiudere appena le labbra, quasi l'ossigeno le stesse venendo strappato dai polmoni. Le pupille le si dilatarono in una sorta di spasmo, mentre il rosso delle iridi parve attenuarsi tanto da assumere un colore quasi naturale - e più queste si facevano umane, più il sangue in lui sembrò aumentare la velocità di circolazione. Le dita gli presero a formicolare, il cuore accelerò maggiormente. Si sentì inebriare da una sensazione piacevole, da un appagamento che non avrebbe saputo dire se avesse già provato o meno prima e lei, a quanto gli parve, ne era l'origine.
Non se ne chiese il perché, non aveva alcun interesse nel farlo - quello che sapeva è che ne voleva di più, desiderava essere pervaso da quell'ebrezza così inusuale; nemmeno una scarica di adrenalina lo avrebbe fatto sentire tanto... vivo.

«Noah...?»
Riconobbe Zenas, la sua voce, eppure non gli diede alcuna valore. In quel momento, a essere onesto, non era in grado di concentrarsi su altra cosa se non Alexandria e ciò che gli stava facendo provare.
«Noah, basta! Fermati...» Il suono dei passi della terza Chimera arrivò ovattato, l'Hagufah non avrebbe nemmeno saputo dire quanto fosse distante da loro, ma ancora una volta non gli diede alcuna importanza. Il mondo all'infuori del loro contatto infondo non aveva ragione d'esistere.
Pian piano gli occhi di Z'èv si fecero di un verde simile al muschio, la chioma le si tinse di toni caldi e, guardandola, a Noah venne naturale chiedersi se quello fosse realmente il suo vero aspetto; a essere onesti se lo ricordava diverso. Non avrebbe saputo dire se fosse per via del modo in cui i capelli le ricadevano accanto al viso, liberi da qualsivoglia acconciatura, oppure per via di quel trucco marcato o, ancora, per colpa di quegli abiti aderenti, poco consoni a una donna come lei, ma stava di fatto che non riusciva a capire.

In un gesto istintivo, così naturale da dargli l'impressione di averlo fatto decine di altre volte prima, Noah aumentò la presa tirando Alexandria più vicina.
Da quanto tempo non la vedeva? Da quanto tempo non la sentiva? Doveva dirglielo. Doveva farle capire che in qualche modo le era mancata - perché era passato davvero troppo tempo da quell'ultimo incontro.
«Z'èv» sibilò: «Hishetaneyta.» In un tono tanto calmo e profondo da essergli estraneo gli uscirono di bocca parole che non sapeva di poter pronunciare - e d'improvviso, udendosi, si accorse di riuscire sì, a concepire ogni cosa intorno a sé, ma allo stesso modo di non essere realmente padrone del proprio corpo. Percepiva le sensazioni, lo stordimento, ma a tratti ebbe l'impressione di essere solo uno spettatore: perché? Cosa gli stava prendendo?

L'espressione della ragazza d'un tratto s'irrigidì, nel suo sguardo sembrò passare una scintilla di paura e dalle labbra, quei due spicchi rosati, il sangue defluì fino a farle impallidire. Una sorta di tremore le fece schiudere maggiormente, quasi stesse provando a dirgli qualcosa, eppure più l'aspetto di lei cambiava, quasi deperendo, più a Noah parve impossibile lasciarla andare. Le sue mani si stavano rifiutando di mollare la presa, bramose di ciò che lei gli stava facendo provare, eppure qualcosa, come una voce lontana, prese a gridargli di staccarsi da lei il prima possibile. Di quel passo l'avrebbe sdrenata.

«Lo! Lo, tafessiq!»
Ma non ci riusciva. Anche se le suppliche di Zenas stavano diventando vere e proprie urla, a Noah parve di non riuscire a comprendere realmente il loro significato. Il suo stesso corpo gli si stava ribellando.

«S... Sal... om-one... a-atah hor...eg oti.»
Dalle labbra di Alexandria uscì una sorta di rantolo, un sussurro roco e privo di forza che, d'un tratto, lo fece sussultare, riportandolo alla realtà.

Come?
Aveva udito bene? O forse...

Ma prima che potesse realmente spiegarsi quelle parole e provare a reagire una pressione soffocante lo premette contro il muro, strappandogli di mano Z'èv.

Al tite'arev, akh: stanne fuori, fratello.

Amareti sheatah tsarikhe al tite'arev, Akràv: ho detto che devi starne fuori, Akràv

Z'èv, hishetaneyta: Z'èv, sei cambiata

Lo! Lo, tafessiq!: No! No, basta!

Atah horeg oti: mi stai uccidendo

Ania:
Sicuramente è meglio di prima, ma non credo sia comunque una degna correzione.

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