Sharon: La Maledizione Dell'A...

By Manpolisc

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•Primo libro della trilogia• Sharon Steel è una ragazza di diciassette anni che vive a Ruddy Village, una cit... More

Trailer c:
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Meme Sharon Instagram c:
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Cast c:

Capitolo 18

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By Manpolisc

- Say yeah. Let's be alone together. We could stay young forever. Scream it from the top of your lungs, lungs, lungs! - Delice mi afferra i polsi per farmi alzare. - Canta con me! - M'incoraggia con un sorriso. - Say yeah! Let's be alone together. We could stay young forever. We'll stay young, young, young, young, young. - Scoppio a ridere senza distogliere lo sguardo da lei mentre continua ad urlare e ballare, euforica, in camera. I suoi sono a cena fuori e, conoscendoli, prima dell'una di notte non torneranno. Mi risiedo sul letto da una piazza e mezza, non essendo il tipo che si lascia trasportare così facilmente, e guardo Delice ballare. La sua camera è molto spaziosa rispetto alla mia. Il pavimento bianchissimo è coperto da un tappetto viola rettangolare e, quando si entra nella stanza, ci si trova di fronte al letto, anch'esso con le coperte lilla, con la testiera attaccato al muro. Su quest'ultimo c'è uno scaffale pieno di CDs dei suoi artisti preferiti, e sono tanti: OneRepublic, Ed Sheeran, Katy Perry, The Fray... conosce tutti gli artisti di questo mondo. Sul soffitto chiaro c'è un semplice lampadario paralume bianco. Nel lato sinistro della camera, un grosso armadio dello stesso colore, e con specchi sulle ante che le coprono interamente, occupa la maggior parte dello spazio; dall'altro, invece, c'è una scrivania in legno chiaro con sopra un Mac con la schermata di iTunes aperta che riproduce i Fall Out Boy, una piccola lampada nera, i suoi trucchi e i suoi occhiali da sole. Alle sue spalle, il muro è tappezzato di poster di cantanti e attori: uno enorme di Robert Pattinson in bianco e nero nei panni di Edward Cullen ne ricopre la maggior parte, lasciando poco spazio ad altri più piccoli tra cui uno di Calum Hood, un altro di Jensen Ackles, Sam Claflin, Evan Peters e altri di cui non conosco il nome.

Roteo gli occhi al cielo e lascio un sospiro quando insiste di nuovo per farmi danzare, così la accontento e mi tiro su, cominciando a scatenarmi con lei. Devo essere abbastanza ridicola mentre mi muovo dato che ha iniziato a ridere, felice. Non ne sono tanto sorpresa: c'è una ragione se non ballo mai. Appena termina la canzone mi lascio cadere sul letto con il respiro affannato, lei mi guarda sorridendo, per nulla stanca. Com'è possibile? Stava in piedi anche da più tempo di me.

- Ho bisogno d'acqua. - Dico prima di scoppiare a ridere.

- Vado a prenderla. - Sogghigna anche lei mentre esce dalla camera. Mi alzo dal letto e vado a fermare l'altra canzone che è appena partita per avere un po' di silenzio. Mi guardo in giro mentre mi risiedo e sorrido contenta. Finalmente, dopo tanto tempo, sto passando una serata normale con una persona normale. Niente mostri, niente elementi, niente streghe, niente Harry e niente Jackson. Chiudo gli occhi e sospiro tristemente. Ho costantemente il suo nome in mente nonostante quel bacio con June. Li riapro, mi mordo il labbro e scuoto la testa. Vorrei essere arrabbiata con lui, davvero, ma non ci riesco. A volte sento il dovere di aiutarlo, come se si fosse cacciato in qualcosa di più grande di lui. Ho questa strana sensazione che mi spinge a proteggerlo, ma non ho capito da cosa. Oltre che da June, certo. Ho sempre odiato quella ragazza e ora che ha una relazione con lui, beh, di certo non mi sta più simpatica di prima. Vorrei cercare un modo per farli rompere: prima di tutto, perché starei più tranquilla e, forse, quel bizzarro pensiero che mi porta a credere che possa capitare qualcosa di brutto a Jackson sparirebbe; secondo, potrebbe riprendere ad allenarmi. Ho pensato più volte di chiedere ad Albert, ma non ho il suo numero e quando ci siamo incrociati per strada mentre venivo da Delice, nessuno dei due ha salutato l'altro. Non so se l'Ondino non mi abbia visto, oppure non voleva realmente esercitarsi insieme e l'ha detto solo per educazione.

La bionda ritorna in camera con una bottiglia d'acqua e due bicchieri. Mi osserva mentre si avvicina a me, lasciando la porta della camera aperta. Di solito tende a chiuderla, ma siamo solo io e lei in casa.

- Finalmente. Ti eri persa? - Accenno un sorriso divertito mentre porto lo sguardo su di lei, intenta a porgermi la roba. Scuote la testa e sorride mentre mi riempio il bicchiere, bevo e infine poggio tutto sul comodino.

- Sto facendo i pop corn. Scegli un film horror. - Mi passa il computer dopo aver chiuso la finestra di iTunes, poi esce di nuovo per andare a prendere da mangiare. Mi appoggio con la schiena alla testiera del letto e le gambe distese. Comincio a cercare qualche film carino su Netflix, optando poi per Dead Birds. Faccio caricare il film mentre Delice ritorna con una ciotola piena di pop corn. Ne mangia qualcuno mentre chiude la porta della camera e si siede accanto a me, assumendo la mia stessa posa. Lascio il pc sul materasso, vado a spegnere le luci, ritorno sul letto e faccio partire il film.

I primi minuti erano interessanti, ma ora rimango solo a fissare lo schermo, non seguendo veramente il film. Pensavo fosse più spaventoso, invece non fa per niente paura. Almeno per me, dato che Delice lo sta seguendo con il fiato sospeso. Il suo sgranocchiare pop corn interrompe di tanto in tanto i rantoli e le urla degli attori, ma sembra comunque seguire perfettamente. Dopo tutto quello che ho passato, soprattutto con le Ek Ek (quelle donne con le ali nel parcheggio), non ho più così tanta paura. Ormai so che tutto quello che vedo nei film è davvero finzione. Devo aver timore della realtà, invece. Mi tocco la spalla dove solo qualche settimana fa c'era un buco. Non so bene cosa abbia usato Jackson, ma Harry mi ha raccontato che sua nonna gli ha procurato una pozione efficace, essendo una strega, e devo dire che è stata molto d'aiuto: ormai è rimasta solo una piccola cicatrice.

Afferro il cellulare non appena lo sento vibrare mentre Delice sussulta per una scena. Finalmente mia madre me ne ha procurato uno nuovo; non saprei come avrei fatto senza ancora per molto, soprattutto se ci fosse stata un'emergenza e non avessi avuto modo di rintracciare nessuno. Sblocco il cellulare e leggo il messaggio di Harry:

"Hey Steel, come procede la serata?"

"Normale. Stiamo guardando un horror. Tu e il tuo concerto privato in macchina?"

Poggio il cellulare sul letto per ritornare a far finta di seguire il film quando noto che Delice mi studia con la coda dell'occhio, curiosa di sapere chi sia a messaggiarmi alle undici di sera, sebbene sappia perfettamente che è Harry. In fin dei conti, messaggio solo con loro due.

"Il McDonald's e la mia Pepsi, accompagnati dagli Starset, sono una delizia ;)"

Sto per rispondere quando Delice, nel sobbalzare e strillare dalla paura, fa volare tutti i pop corn su di noi. Urlo anch'io per lo spavento mentre mi giro verso di lei con sguardo turbato. Lei blocca il film, chiude gli occhi e abbassa lo schermo di fretta.

- Stai bene? - Chiedo mentre osservo i suoi movimenti. Annuisce e alza un dito verso di me in segno di attesa, cercando un attimo di calmarsi dopo aver posato l'altra mano sul petto, all'altezza del cuore. Curvo le labbra in un sorriso divertito e alzo lo schermo per controllare chi, meglio dire cosa, abbia visto di tanto spaventoso: un bambino sotto un letto con occhi neri, naso storto e bocca completamente aperta in modo disumano mostrante dei denti affilati; tutto il viso pieno di vene rosse. Appena Delice apre gli occhi e si ritrova quel mostro davanti, a pieno schermo, li richiude di scatto e si copra il volto con le mani.

- Leva questa... cosa. E il film. - Mormora con un filo di voce. Accenno una risata e chiudo la pagina, spengo il computer e lo faccio scivolare sul materasso, vicino ai nostri piedi.

- Puoi aprire. - La informo, appoggiandomi di nuovo con la schiena alla testiera del letto. Lei sposta due dita per scoprire l'occhio destro, ma continua a tenere le mani sul volto. Appena si accerta che non ci sia niente di spaventoso, si scopre la faccia.

- Mai più un horror, mai più! -

- Pensa che queste cose sono la mia quotidianità. - Accenno una risata per sdrammatizzare prima di perdermi con lo sguardo nell'oscurità della stanza.

- Hai visto un bambino sotto un letto? In quello stato? - Quando sento il suo tono allarmato mi giro verso di lei con fronte corrugata e bocca semischiusa per rispondere alla domanda sciocca che ha fatto.

- No! Certo che no. - Annuisce, poi rimane in silenzio per qualche secondo.

- Non te l'ho mai chiesto ma... com'è essere Elementali? - Mormora, girandosi a guardare nel buio mentre io non sposto i miei occhi dal suo volto, seguendo i suoi lineamenti.

- Non lo so. - Sospiro in modo sconfortato. - Vedi tutto... diversamente. È come se tutto quello che sapevi, tutto quello in cui vivevi, fosse solamente una bugia, una finta realtà. - Mormoro, mordicchiandomi le labbra mentre cerco di trattenere le lacrime. Vorrei trovare una via d'uscita da ciò che sono, ma non è possibile.

- Ma tu vuoi esserlo? - Accenno una risata amara.

- È parte di me, Delice. Che voglia o meno devo accettarla. - Lei gira il volto, rimanendo in silenzio a guardarmi negli occhi. Ha un'espressione triste, come se provasse pena per me, per il mio destino. Prima che lei possa parlare, viene interrotta da un rumore al piano di sotto, forse un piatto caduto. - Sono tornati i tuoi? - Lei corruga la fronte. Si alza e sposta un po' le tende per guardare fuori, poi scuote la testa.

- La loro macchina non c'è. - Mormora preoccupata. Le faccio segno di rimanere in silenzio e sul letto, poi mi alzo piano per non farlo cigolare. Di sotto si sente un altro rumore: un vaso che va in frantumi. Delice sobbalza, mettendosi una mano sulla bocca per bloccare un urlo.

- Stai calma. - Sussurro il più piano possibile. La casa di Delice è abbastanza in periferia rispetto alle altre, quindi potrebbe essere facilmente derubata. In questo momento sto sperando con tutta me stessa che siano i ladri. Meglio degli uomini che posso far scappare via facilmente, utilizzando gli elementi, che un mostro famelico. Lei annuisce con il respiro pesante. Le direi di non andare in panico, ma ci sono passata e so che le parole non funzionano a nulla quando la propria testa sta già mandando tutto in confusione.

Un'aria gelida mi procura subito la pelle d'oca, anche se ci saranno almeno venticinque gradi. Non devo andare in ansia, altrimenti è la fine. Provo a cercare una ragione a quei rumori: un fantasma, un demone, folletti? Interrompo i miei pensieri notando quali cause sto prendendo in considerazione. Scuoto la testa, rassegnata. Ormai sono un Elementale a tutti gli effetti, partendo dal modo di pensare. Ora capisco sul serio l'esempio del bicchiere che Jackson mi fece quando mi confessò la verità, e non lo trovo più tanto assurdo. Mi avvicino alla porta della stanza, girando piano la maniglia.

- Sharon! - Mi chiama in un sussurro, allarmata. - Non vorrai scendere?! -

- Hai un'idea migliore? - Mi giro a osservarla.

- Una valanga! - Esclama sempre a tono basso. - Polizia, CIA, FBI, Harry. Dobbiamo solo scegliere. - Bisbiglia nervosa mentre cerca qualcosa tra i cassetti, ma scuoto la testa.

- No. Me la cavo da sola. - Non voglio che, nell'eventualità fosse qualcosa di più di un ladro, quegli uomini si facciano male. Apro lentamente la porta e trattengo il fiato. Lo rilascio piano appena noto il corridoio buio e silenzioso. Delice prende una torcia e mi segue, avvicinandosi. Scuoto la testa in segno di disapprovazione, non volendo che mi segua e che capiti qualcosa, soprattutto a lei. - Stai in camera. È più sicuro. -

- Vengo con te. - Dice seria e convinta della sua scelta. Apro la bocca per ribattere, ma mi zittisce prima che ne abbia l'occasione. - Ho detto che vengo con te. -

- Va bene! - Sbotto piano, sapendo quanto sia testarda. - Ma posa quella torcia. - Annuisce e la getta sul letto, ma questa rimbalza e cade a terra, facendo fin troppo rumore. Dal piano di sotto si sente un'altra botta. Delice trasalisce di nuovo mentre stringe la presa sul telefono. Glielo lascio portare: se non fosse un mostro, un aiuto da parte della polizia non dispiacerebbe. Accendo una piccola fiamma sul palmo della mano sinistra ed esco dalla camera. Fortunatamente chiunque (o qualunque cosa) sia non si è accorto della nostra presenza, nonostante il rumore che la torcia ha provocato cadendo. Infatti, non sento nessuno, o niente, salire di sopra.

- Avrei dovuto lasciare almeno la luce in salotto accesa. - Piagnucola spaventata. La zittisco per concentrarmi su quel silenzio, certa che tra poco sarebbe stato interrotto di nuovo. Comincio a camminare piano per il corridoio e lo illumino quanto basta. Mi segue standomi appiccicata, letteralmente. I rumori sembrano essersi placati. Con questo buio, riesco a distinguere a malapena i quadri che raffigurano Delice e la sua famiglia. È una fortuna che non ci siano mobili, altrimenti ci saremmo già sbattute contro e avremmo provocato altro rumore.

Raggiungiamo piano le scale e sporgo un po' la mano sinistra in avanti nel tentativo di illuminare un po' il salotto. Non sembra esserci nessuno, però. Subito dopo, i miei capelli si muovono leggermente, come se una corrente d'aria ci fosse passata vicino. Purtroppo, non c'è questa possibilità, data la finestra chiusa in fondo al corridoio. Mi giro verso Delice che sussulta, sentendo anche lei quello spostamento. Aumento un po' la fiamma, decisa a vedere cosa ci sia, ma il corridoio è vuoto. Lei cominciare a respirare a fatica.

- Non farti prendere dall'ansia. - Sussurro, guardandola negli occhi. I suoi respiri si fanno più pesanti mentre cerca una spiegazione plausibile. Mi fa pena guardarla terrorizzata; rivedo la me di qualche settimana fa in lei. - Hey. - La scuoto piano con l'altra mano. - Ora devi ascoltarmi. So che la tua mente lo rifiuterà in qualsiasi modo, ma quello che vedrai è molto reale. - Le parlo con tono calmo. - Hai capito che non è possibile che sia qualcosa di umano. Voglio che tu stia calma e che non vada in ansia. Ho bisogno di te, okay? - Lei chiude gli occhi e prende dei grandi respiri per calmarsi, poi annuisce, riaprendoli. Le sorrido e vado verso le scale per scendere giù. Anche il salotto è completamente scuro. Mi raggiunge mentre faccio comparire una fiamma anche sull'altro palmo, illuminando per bene il soggiorno. Il fuoco riesce a catturare il vaso in frantumi, accanto al divano, e la soglia della porta della cucina. S'intravede di poco il tavolo, ma questo viene coperto da una figura che passa davanti alla porta della cucina, restando nella stanza, veloce come un lampo. Delice lascia un rantolo strozzato mentre quella figura cammina di nuovo davanti al tavolo fino a fermarsi tra questo e la porta, permettendoci di catturarla con gli occhi. Rimane ferma e gira piano la testa. Nulla di strano in questa situazione già inconcepibile, fin quando non la rotea di un angolo piatto per guardarci. Sgrano gli occhi, ma cerco di rimanere concentrata e di non perdere la calma; lo stesso fa Delice, sebbene i respiri irregolari che sta facendo. Spero non le stia venendo un infarto.

La donna ha solo un lungo vestito bianco addosso, una specie di camicia da notte. È a piedi scalzi e i capelli bianchi le arrivano quasi al fondoschiena. Strano, dato che sembra molto giovane, sui trent'anni. Deglutisco, cercando di controllare la mia paura. La donna ci rivolge un sorriso a trentadue denti rimanendo nella parte buia della stanza, dove la luce non la raggiunge del tutto, ma abbastanza da delinearle il corpo.

- Ciao. - Dice con voce soave che rimbomba ovunque come un eco. Guarda prima Delice, poi me. Sento il respiro della bionda aumentare di nuovo man mano. La donna accenna una risata quasi inquietante e poi soffia nella mia direzione. Lei scompare insieme alle fiamme sulle mie mani. Il suo ghigno inquietante riecheggia di nuovo per il salotto. Immediatamente, ci mettiamo spalla a spalla per evitare che afferri una delle due da dietro. Solo i nostri sospiri pesanti rompono il silenzio, poi nessun altro suono. La udiamo sogghignare di nuovo, poi tutto ritorna muto. Questi secondi di puro silenzio mi stanno distruggendo. Prima che riesca a muovermi, qualcosa mi agguanta il braccio, affondando le unghie nella carne per non farmi scappare. Lancio un urlo, sia per l'azione improvvisa sia per il fastidio, mentre cerco di riaccendere le fiamme sulle mani, ma non riesco a concentrarmi. La donna scoppia a ridere di nuovo. Credo sia un fantasma, ma non ne sono certa. Le sue unghie nella pelle non mi fanno male, le percepisco solamente, però ha una stretta decisamente forte per essere uno spirito.

- Sharon! - Urla Delice prima di scagliare la luce della torcia del cellulare nella mia direzione, seguendo con l'udito i miei movimenti. Appena vengo illuminata, Delice strilla come non mai. Mi volto a guardare la donna e cerco con tutta me stessa di non dare di matto. La faccia è storta, la bocca le pende da un lato del volto e un occhio sembra impazzito mentre si muove in ogni direzione possibile. A volte l'iride scompare, lasciandolo interamente bianco. La donna svanisce, per poi riapparire dietro le spalle di Delice, lanciandole via il cellulare prima di afferrarla per le spalle e gettarla di schiena a terra. Questo continua, però, a emanare luce verso loro due. Quella creatura sta nella parte buia rispetto alla torcia e non osa avvicinarcisi. Cerco di afferrarlo, senza che lei mi si rivolti contro, per puntargliela direttamente in volto, avendo capito il suo punto debole. Nel frattempo afferra Delice per i capelli e comincia a trascinarla via per allontanarla da me. Lascio perdere il cellulare e corro verso l'interruttore della luce. Quella cosa, però, molla la bionda non appena realizza le mie vere intenzioni, e non quella di scappare via come magari ha creduto. Mi giro appena in tempo per creare un muro di fuoco davanti al mio volto, a pochi passi dal pulsante, facendo attenzione a non causare un incendio. Automaticamente, lo spazio intorno a me risplende grazie alle fiamme e lei, accorgendosi troppo tardi di ciò che ho fatto e non avendo possibilità di fermarsi, si schianta contro il fuoco, venendo fagocitata. Mi affretto a premere l'interruttore del salotto e aiutare Delice a mettersi in piedi non appena smette di urlare.

- Accendi tutte le luci! - Le urlo, correndo al piano di sopra più in fretta che posso per far ciò ed evitare che quella donna si materializzi di nuovo. Lei fa lo stesso al piano di sotto. Quando entrambe abbiamo finito, e l'intera casa è illuminata, ci rincontriamo in salotto col respiro affannato.

- Cosa diamine era quella cosa?! - Urla Delice, ancora turbata. Scuoto la testa, non avendo una risposta.

- Non lo so. So solo che quella cosa non tornerà. - Noto che sta ancora tremando. In effetti, anch'io, ma meno rispetto a lei. Mi avvicino e la stringo forte. - È tutto finito. - Sussurro, tenendola stretta. So come ci si sente a vivere una cosa del genere per la prima volta, anche se per lei non lo è dato che ha visto anche quell'Adaro, ma il suo ricordo sembra essere completamente sparito quando è svenuta. Ad ogni modo, non è una cosa bella, soprattutto se una pazza pulisce il pavimento con te, trascinandoti ovunque. Delice comincia a singhiozzare, scaricando la paura che ha cercato di controllare poco prima. - Non torna, tranquilla. - Continuo a tenerla tra le mie braccia, in silenzio, per lasciarla sfogare.

***

Due ore dopo, Delice finalmente dorme. Abbiamo riordinato il piano di sotto per non far sospettare nulla e cercare scuse. Ora che siamo entrambe sotto le coperte nel suo letto, lei russa piano mentre io ancora non riesco a prendere sonno. I suoi sono appena tornati, ma abbiamo preso delle vecchie lucine a muro e le abbiamo lasciate accese, soprattutto vicino al letto, nonostante non siamo sole. Vorrei rimanere sveglia a controllare che nulla si avvicini a noi, o a chiunque altro, ma le mie palpebre si fanno pesanti ogni minuto che passa.

Il nero assoluto ingloba tutto ciò che c'è intorno a me. Sembra che io abbia due pezzi di ferro sugli zigomi per impedirmi di guardare con la coda dell'occhio; mi è concesso solo davanti. Non vedo il mio corpo, ma solo quello che gli occhi mi mostrano. Man mano, una persona appare davanti a me e si allontana per un po', poi si blocca. È una ragazza con dei capelli scuri e davvero lunghi da coprirle l'intera schiena. Non mi mostra il volto, rimanendo di spalle. Con la mano destra si sposta una parte dei capelli sul lato sinistro, ma molti le rimangono tra le dita e altri cadono sul pavimento fino a renderle calva solo quella parte. Rilassa di nuovo il braccio lungo i fianchi mentre sul lato vuoto della testa si forma un puntino nero che s'ingrandisce gradualmente fino a formare una macchia scura abbastanza grande. Vorrei cambiare visuale, ma non mi è possibile. I miei occhi rimangono fermi su quella parte di capo che sta cominciando a mettermi ansia, la quale sta mutando poi in ribrezzo. La ragazza si avvicina, rimanendo di spalle. Vorrei chiudere gli occhi, ma neanche questo mi è possibile. Poi tutto accade velocemente. Un urlo straziante di una ragazza mi stona i timpani mentre su quel punto nero si apre un occhio insanguinato. La visuale cambia, mostrandomi prima una casa con un albero che dà ombra sul vialetto e un suo ramo che si stacca. Senza lasciarmi il tempo di osservare per bene quell'incubo, mi ritrovo in un posto nuovo: un ingresso vecchio e buio, caratterizzato da pareti con la vernice scrostata; alle spalle ho una porta di legno. Questa si spalanca di botto, senza che nessuno l'abbia aperta, per mostrarmi quel ramo precedentemente caduto. L'unica differenza è che adesso c'è qualcosa, qualcuno, sotto di esso: un ragazzo biondo. Alla sua vista, realizzo dove mi trovo: nella casa abbandonata.

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