Un diavolo bussa alla porta

By Alepersa6

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E se un diavolo bussasse alla tua porta portandosi il caos? E se tu cercassi questo caos? Ginevra è una ragaz... More

INTRODUZIONE
Dedica
1 Un pazzo amante dei cartelli
2 E che guerra sia
3 Mai sfidare una Davis
4 Preferisco litigare
5 Nascondersi tra i propri simili
6 Il prosciutto maledetto
7 La camera blindata
8 Ammiro un supermercato
9 Il mistero è l'esistenza
10 Scommettiamo?
11 Strane alleanze
12 Ci faccio un bel falò
13 Buongiorno un cazzo
14 Cercasi dottori
15 La famiglia è un insieme di sbagli
16 Una patatina per una canzone
17 Piccola riunione di famiglia
18 La macchina del prof. Murphy
19 Stelle, tacchi e borse in testa
20 Santo Iron man
21 Sei ridicolo
22 L'eclissi
23 Piccoli cedimenti
24 Una brutta sorpresa
25 Un incontro stellare
26 Bastava osservare
27 Totta russa troppo
28 5 è il numero perfetto
29 Tyler Allen
30 Non ti permetterò di...
31 ...fermarmi
32 Verità e misteri (ir)risolti
33 Passato e futuro in collisione
34 Una nota di tranquillità
35 Film e figuracce
36 Livia
37 Sul filo della realtà
38 Colori e emozioni
39 Scuse accettate
40 Lo strano tizio con la birra
41 Un punto di vista diverso
42 Mi manca l'adrenalina
43 Tra mozziconi di sigarette
44 Walker passione infermiera
45 Lungo i bordi
47 Un risvolto inaspettato
48 Melodie a lavoro
49 Un nome
50 Realtà nascoste
51 Il diario segreto
52 A Natale sono tutti più buoni
53 Sfiga o fortuna alternativa?
54 Sfiga, indubbiamente sfiga
55 Sopravvivere da qualcosa
56 La verità nascosta
57 Una nuova pista
58 Lieto fine della Disney
59 L'eccezione che conferma la regola
60 Il 19 dicembre (parte 1)
60 Il 19 dicembre (parte 2)
61 Il fascicolo vs la promessa
62 Lo sconosciuto
63 NCIS dei poveri
64 Una lettera strappata
65 Un regalo per Natale
66 Lo sparo
67 Il rumore del silenzio
68 I fuochi d'artificio
69 Famiglia ricongiunta, o quasi...
70 Ricucire le cicatrici
71 The end
Epilogo
Ringraziamenti
Caos

46 Un caotico disastro

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By Alepersa6

Non sempre le nuvole offuscano il cielo: a volte lo illuminano.

ELSA MORANTE

Matteo gira il volante con destrezza. Tra mio fratello e Aron non so chi guida peggio. La differenza sta che Aron almeno ha la patente, Teo no. Mamma non voleva che si comprasse la moto, perciò non ha seguito nemmeno il corso per guidare. Non so come abbia fatto a comprarsi una macchina elettrica senza patente e con pochi soldi. Ma è oggettivo, mio fratello è un maestro nella persuasione e manipolazione.

<Per Versace, perché non guidi usando anche il freno?> sibila Carlotta a denti stretti. Indossa una maglia corta a maniche lunghe di un tenero lilla. Un pantalone con un taglio sul ginocchio che ricorda vagamente uno dei miei e delle Air Force bianche. I capelli ondulati in modo perfetto le aprono il viso dando un po' di vita al loro solito liscio spaghetto. Stranamente oggi ha un trucco semplice. Il mascara e il gloss sono le cose più visibili.

Io indosso una maglia a maniche lunghe color petrolio che lascia la pancia scoperta e un jeans nero che nasconde il collo delle mie solite converse.

Non so proprio come riuscirò a resistere. Fa davvero troppo freddo. La California non è per niente come me l'aspettavo. Mi immaginavo un clima più caldo rispetto all'Italia. Quanto mi sbagliavo.

<Fa freddo> mi lamento cercando di coprire la pancia abbracciandomi il busto. Totta, al mio fianco, mi dà uno schiaffetto sulle braccia.

<Non ti lamentare> mormora spazientita. <Chi sarebbe Mary Quant se non avesse inventato e indossato la minigonna nel 1963 subendosi insulti e disprezzamenti da uomini e donne?> Una donna più felice forse? <Lo stile è più importante di una broncopolmonite> sentenzia alla fine <Perciò soffri in silenzio>.

Meglio non dirle che il suo bellissimo discorso non ha fatto cambiare la temperatura in questa macchina. Altro che riscaldamento globale. Io mi sento un polaretto.

Un clacson di una macchina risuona nel silenzio. Una macchina gialla ci sfreccia davanti tagliandoci la strada. <Coglione. Ma chi ti ha dato la patente?> si infuria Matteo gesticolando con una mano mentre con l'altra mantiene il volante. Come se lui ce l'avesse la patente...

Aspetta di che colore era la macchina? <Macchina gialla> urlo dando uno schiaffo a Totta e Ale che ascolta la musica nelle cuffiette. Provo a dare uno schiaffo anche a Davide, ma dallo sguardo terrificante che ricevo capisco che è meglio lasciar perdere. Sembra un gatto a cui hanno tolto il suo divano che amava graffiare.

<Hey> mi richiama Alessandro non capendo il motivo per il quale è stato schiaffeggiato. Allunga il braccio e mi ridà lo schiaffo sulla gamba.

<Senza ritorno> conclude lui con un sorriso sornione sistemandosi le cuffiette.

Chissà se in America fanno questo gioco. Sarebbe troppo divertente. Le persone si picchierebbero ad ogni Taxi di passaggio, e qui ce ne sono tantissimi.

<Perché quando vi picchiate in macchina ci sono sempre io di mezzo?> sbuffa Carlotta sistemandosi i capelli. Alzo gli occhi al cielo. Perché si sistema i capelli se non ne ha bisogno?

Però su una cosa ha ragione. La maggior parte delle volte in cui vediamo una macchina gialla io e Ale siamo nei posti posteriori vicino ai finestrini mentre lei è al centro. I posti sono sempre strategici. Ale soffre mal d'auto, o per lo meno quando a guidare è Teo. Carlotta adora parlare perciò si trova al centro, in modo tale che il suo raggio di azione sia maggiore. Dade sta come passeggero nel sedile anteriore facendo da navigatore e Matteo guida. Io invece sono seduta vicino al finestrino nel sedile dietro quello di Teo, motivazione? Non la ho. È semplicemente il mio posto.

Quando c'era la mamma avevamo una macchina a sette posti. Era bellissima con la sua carrozzeria verde pastello tempestata di nostre scritte con il pennarello indelebile. Sembra più un muro pieno di graffiti che una macchina.

<Non vedo l'ora di vedere Johnny Depp. Gran bel figo> assicura mia sorella nei suoi brillanti minuti di sclero. Fin da piccola ha sempre avuto una cotta per questo vecchietto. Ogni 9 giugno scriveva una lettera in cui faceva gli auguri all'attore.
Le ruote della macchina fanno una sgommata lasciando segni neri lungo la strada.
Sapevo che sarei morta presto, ma pensavo che ce l'avremmo fatta ad arrivare a 17 anni. Mancano pochi mesi infondo. E soprattutto pensavo di aver superato il peggio sfuggendo alla furia di mio fratello questo pomeriggio.
Mi mantengo salda al sedile fino al momento in cui Teo non parcheggia facendoci scendere.
Sembriamo dei sopravvissuti di guerra. Ale ha il viso verde in procinto di vomitare, Dade una mano sulla fronte per via delle curve, io con il mal di pancia. Matteo si stiracchia con disinvoltura, come se non avesse appena attentato alla nostra vita. E Totta si specchia controllando che il trucco sia ancora intatto. Al nostro fianco non ci sono molte macchine. Sono le 19:23. La guida eccessivamente sportiva di Teo ci ha fatto arrivare in anticipo.

<Hey, siete venuti alla fine> sorride Travis salutandoci. Dalla jeep parcheggiata alla nostra sinistra, esce l'intero gruppo. Jacob Martinez e il suo metro e novanta con tanto di cartellino americano. Felix Lopez e i suoi fantastici capelli platinati e la bottiglia di birra già tra le mani. E infine Steve Rodgers con il suo fisico da modello palestrato.

<Hey Ginny> mi saluta Felix abbracciandomi con un braccio mentre con l'altro mantiene una bottiglia di birra. Puzza di alcol. Si allontana da me avvicinandosi a Carlotta. <Madame, è un piacere fare la sua conoscenza> dice facendo un inchino scomposto e ridacchiando.

<Un metro di distanza, Lopez> lo richiama Matteo avvicinandosi con una sigaretta tra le labbra. Felix alza lo sguardo notando mio fratello e allontanandosi da Totta che sembra scioccata.

<Hey amico, una birra?> gli chiede il platinato. Teo scuote la testa.

È inutile domandarsi come si sono conosciuti, sicuramente in uno dei tanti bar di Los Angeles di fronte a una buona dose di vino.

Matteo chiude le mani a conchiglia mentre accende la sigaretta.

Poco lontano da noi si sente il ruggito di una moto accompagnato da risate. Aron parcheggia poco distante da noi. Scende dalla moto e si toglie il casco guardando nella nostra direzione. Siamo lontani di almeno cinque macchine, eppure la distanza non sembra troppa. La lavanda e la menta creano il loro insolito intreccio nella mia immaginazione.  I nostri sguardi si incrociano fendendo l'aria. Grigio contro grigio. Semibuio contro semibuio. Il grigio è semibuio o semiluce. È metà luce o metà buio?

Si sfila il casco guardandomi come se fossi l'unica. L'unica motivazione. L'unica in grado di capirlo davvero. Ma la verità è che non capisco me stessa. Come potrei capire lui?

 Una biondina lo saluta abbracciandolo. Lui si gira per guardarla. Ride dicendole qualcosa all'orecchio, ma non fa nulla per allontanarla. Non ricambia l'abbraccio e non la respinge.

La bionda indossa una felpa viola. Ha davvero un'ossessione per il viola. Prima il vestito, poi la felpa. È un'aspirante prugna per caso?

Serro la mascella e guardo Travis. Lui sta parlando tranquillamente con Alessandro e Jacob.

Reprimo un brivido di freddo. L'inverno è bellissimo se sei attorcigliato in cinque strati di coperte e con una tazza fumante di thè con dei biscotti da inzuppare.

Qui le persone sembrano lucertole. Sono pochi i ragazzi in felpa. La maggior parte hanno un giubbino di jeans che lasciano aperto e che lascia intravedere il sottile strato della maglietta a mezze maniche. Già a vederli mi salgono i brividi. Ma di chi si deve avere più paura sono quelli che non hanno nemmeno la decenza di indossare il giubbino. Vado in ipotermia al solo pensiero.

Sbuffo facendo una nuvoletta bianca di vapore. Sfrego le mani tra loro cercando un minimo di calore. Mannaggia a mia sorella e alla sua fissa sulla moda.

<Pronta per Jack Sparrow?> mi domanda Travis. Indossa una felpa nera che sembra comodissima. Beato lui.

<Non sarò mai abbastanza pronta a questo film> dico sorridendo. Da piccola lo vedevo con mia madre, i miei fratelli e mio padre. Cole diceva che era un film degno di rispetto. Non ne capivo molto in realtà, ma mi ricordo che ci costrinse ad andare a vedere il terzo film della saga al cinema. Avevamo tra i tre e i quattro anni. È stato terrificante vedere tutti quei mostri con i rumori che arrivavano da ogni lato della stanza.

È l'unico ricordo che ho in cui siamo tutti insieme. Come una normale famiglia felice. Forse un po' grande, ma unita. Non avrei mai pensato che nel giro di pochi mesi la mia vita sarebbe cambiata radicalmente. A incominciare dall'incarcerazione di mio padre durante la cena di Natale. Ricordo il viso sconvolto della mamma come un livido. I poliziotti entrarono in casa e nell'arco dipochi minuti si portarono via papà.

<Gin> mi richiama Totta arpionandomi il braccio con i suoi artigli colorati. <Ho il mascara colato?> mi sussurra allontanandosi dagli altri e sbattendo le lunghe e perfette ciglia che per qualche nanosecondo nascondono l'iride azzurra. Zaffiri intrappolati in un volto umano.

<No, sei perfetta così come sei> mormoro dando voce ai miei pensieri. Non ho mai visto mia sorella in pessime condizioni. Il giorno in cui la vedrò in pigiama, senza trucco e coi capelli legati alla rinfusa mi preoccuperò della fine del mondo.

Sgrana gli occhi per una manciata di secondi. Un luccichio brilla tra il buio della pupilla. Dura pochi secondi e poi sparisce. Il luccichio viene blindato mostrando quel suo lato sicuro di sé. Sposta i capelli dietro la spalla e sorride. Sorride come se nulla fosse. Se non la conoscessi mi starebbe antipatica.

Si mostra sempre sicura e pronta a tutto per scavalcare gli altri, ma la realtà è diversa. Entra nella vita degli altri in punta di piedi ed è un'eterna insicura. <Okay> sussurra allontanandosi con il suo solito portamento grintoso. Mi avvicino agli altri.

<Il coach ci vuole domani per un allenamento in più. Dobbiamo battere la Fairfax tra due settimane> asserisce Steve. Jacob gli dà una pacca sulla spalla ridendo.

<Pronto a passare tutto il tempo in panchina?> domanda all'amico. Steve sbuffa.

<L'anno scorso sono caduto. Non è che non ho passato le selezioni> si giustifica Steve.

<Già, dopo cinque minuti dall'inizio della partita> ribatte Felix terminando la sua bottiglia di birra. <Sei caduto da solo. Inciampato come un perfetto coglione> inizia a ridere <e la cosa bella è che sei scivolato slogandoti pure una caviglia>

<Quelli della Fairfax ci prendono ancora in giro> spiega Travis.

<Cerca di non farci fare brutta figura, amico. Almeno questa volta> dice Jacob dando il colpo di grazia e facendo diventare Steve tutto rosso che non fa altro che far sbellicare l'amico affianco. Jacob si piega in due dalle risate. Con lo sguardo, cerco quello di Dade che ci guarda attraverso il suo verde mela. "Dov'è Teo?" mima con il labiale. Scuoto la testa per fargli capire che non lo so.

Dove si sarà cacciato? Siamo qui da dieci minuti e già è scomparso.

<Avete visto Matteo?> chiedo interrompendo qualcosa che stava dicendo Carlotta.

<Prova al bar> risponde Alessandro scollando le spalle. <Se cerchi Matteo basta trovare l'alcol>

Annuisco e dopo aver avvisato gli altri che vado a cercare mio fratello, mi allontano con Davide al mio fianco.

<Perché non hai salutato Josh? Da quando si ignorano gli amici?> domanda facendo una nuvoletta di vapore. Si stringe nella felpa verde pastello. Gli sta davvero bene.

<Non lo sto ignorando. Non l'ho proprio visto> ribatto alzando gli occhi al cielo ed è la verità. Non ho visto nessuno del gruppo di Annabeth.

<Ah giusto, ignori Aron> afferma sorridendo. Gli do una gomitata facendolo ridere.

Da quando mio fratello è così impiccione?

<Io non sto ignorando Walker. Tu piuttosto perché non hai salutato Livia?>

Dade gira la gesta a destra e poi a sinistra come per cercarla. È buffo ma anche genuino. Sembra un dalmata in cerca del suo osso. <Non c'era> risponde facendomi ridere.

<Allora ti piace davvero> esclamo scuotendo la testa.

<Non è vero. E poi non la conosco nemmeno bene>

<Eppure il suo libro preferito te lo stai leggendo. In seconda media non ti sei voluto leggere quello che ti avevo consigliato>

<Gin, era un libro con sole figure> borbotta come scusa.

<Meglio no? Un libro a colori è meglio di uno in bianco e nero> Davide mi sorride con la solita espressione che indossa quando io o Ale diciamo una cavolata.

In lontananza vedo delle macchine che parcheggiano e che coprono le luci del bar. Siamo quasi arrivati.

<Ma guarda chi si rivede> esordisce una voce alle nostre spalle. Mi giro non riconoscendo la persona. Un ragazzo dagli occhi verdi e i capelli castani ci guarda con arroganza e con un sorrisetto stampato in faccia. Il corpo evidentemente palestrato è fasciato da una felpa verde militare e un pantalone nero con una cintura con una catenina. <Avete lasciato Shaw a casa come il cane che è> lo schernisce Collins.

Il mio campo visivo si restringe focalizzandosi solo su Collins e i suoi modi strafottenti. La rabbia prende il sopravvento e vorrei tirargli tanto un pugno in faccia, ma qualcosa mi ferma. Mio fratello mi sfiora lievemente la mano calmandomi. Ci guardiamo per una manciata di secondi, poi Dade parla.

<Che c'è? Ti manca? E poi ti devo ricordare che i cani si scendono esattamente come tu stai facendo con i tuoi amici?>

<Davis come ti permetti?> domanda uno degli amici di Collins che lo seguono come dei cagnolini.

<Zitto, Asher> lo aggredisce Collins avvicinandosi sfrontato. Il suo naso sfiora quello di mio fratello. Inizio a sentire più freddo di prima. Il vento si alza fino a portare con sé tutta la spensieratezza precedente. <Credete di venire qui e comandare, Davis? Siete solo dei ragazzini inutili il cui padre ha distrutto famiglie intere. Siete dei criminali esattamente come vostro padre. Mostri degli inferi. Credete di strisciare qui inosservati. Mi fate schifo. Siete come lui. Sangue del suo sangue. Assassini a piede libero. Pensate che solo perché siete riusciti a smascherare il Gestator il mondo sia sicuro della vostra innocenza. Perché siete venuti qui? A uccidere e rovinare famiglie? Voi rovinate le persone e il mondo. Dovreste morire e rimanere chiusi nella stessa stanza di vostro padre>

Le sue parole cariche di odio mi tagliano la carne. Mi sento senza forze, ma adesso non è il momento di essere vulnerabile. Non ora. Non ora che mio fratello stringe i denti. Non ora che come al solito la gente ci ferisce. Non ora che ne abbiamo superate tante.

Faccio un passo avanti.

"Respira, Ginny. Puoi farcela"

Sento la voce della mamma sussurrarmi nelle orecchie e attorcigliarmi il corpo. Un serpente che mi avvolge. Le squame mi trapassano la gola ferendo il petto. Abbraccia il cuore come a proteggerlo. Uno scudo.

Posso farcela.

<Credi di poter venire qui e credere di conoscerci? Sai che c'è? Ci sono tante persone in giro come te. Pronti a screditare gli altri per la minima cosa> faccio un respiro. Sorrido. Un po' per me stessa e un po' per infastidirlo. <Non mi importa se ti facciamo schifo. Io sono fiera di me e dei miei fratelli. Fiera di essere figli di un criminale e di come siamo cresciuti> mi avvicino fino a puntargli il dito contro il petto. <Siamo cresciuti con gente che ci paragonava continuamente a lui eppure noi non siamo lui. Non importa quanto noi ci impegniamo per far cambiare idea o quanto siamo buoni. Per voi saremo sempre i cattivi, gli scarti della società. Allora sai che c'è? Vaffanculo. Potresti avere più fantasia ed odiarci per una nostra caratteristica, ma hai scelto la più semplice. Hai scelto di odiarci per qualcosa che non dipende da noi> Metto un po' di pressione sul suo petto e lo sento sussultare. <Sono fiera di essere cresciuta con una madre che ci ha dato il massimo per riparare ciò che gli altri distruggevano. Fiera di avere fratelli che mi sostengono. Di non avere abbastanza soldi perché eravamo in sei con un solo misero stipendio. Ritieniti fortunato per avere un padre senza pesi sulla coscienza, ma non venire a farci la predica perché ti facciamo schifo per colpa sua e che per te, siamo una sua copia>

Ritraggo il dito perché non sopporto più il suo calore. Non sopporto più tutto questo.

Respira, Ginny. Sii forte.

Un movimento ai margini della mia visuale mi blocca il respiro. Il cotone annega nella bocca. Le formiche salgono veloci tra i muscoli. Il terrore e l'accettazione di ciò che sta succedendo mi cadono addosso come un macigno. <Belle parole, Davis. Ma non mi fido di voi> dice Collins dando un pugno nello stomaco di Davide. Lo vedo piegarsi dal dolore. Di riflesso metto una mano sul mio stomaco. Come se avesse colpito me. Le formiche salgono sempre più veloci procurandomi un fastidio enorme, ma non posso tossire. Il cotone mi raggiunge i polmoni fino a farmi esplodere. Il cotone, le formiche. Sono solo sensazioni.

Adesso sono sola.

Nel buio della mia testa.

Il buio non fa per me. La notte è solo la sua scusa. Vorrei vedere a colori ma vedo nero.

Lo spingo. Spingo Collins. Il buio, gli insulti.

Uno dei due amici di Collins mi dà un pugno in viso che sa di metallo e da allora non vedo più. Nero. Ma il nero non è poi un colore?

-POV ARON-
La cerco con lo sguardo da quando sono arrivato ma è scomparsa così come Matteo e Davide. <Tra quanto inizia il film?> domanda Jessica.

<20 minuti> rispondo accendendo il telefono.

Dov'è?

Senza dare spiegazioni a nessuno me ne vado.

Non mi importa di questo film. Non lo volevo nemmeno vedere. Uno stupido film su pirati del cazzo e l'oro saccheggiato maledetto.

Volevo solo darle fastidio. Volevo i suoi occhi nei miei. Volevo osservarla mentre faceva facce buffe come fa sempre quando guarda film. Volevo esserci al suo primo Drive In. Volevo esserci e basta.

Forse ero curioso di come si sarebbe comportato Travis o di come lei avrebbe reagito ad una sua battuta. Ma il fatto che si sia allontanata da lui la dice lunga.

Cammino in direzione del bar. Magari sono andati a prendere un bicchiere d'acqua.

Poco distante dal bar, in una zona più riparata, vedo cinque ragazzi: quattro maschi e una ragazza che si prendono a botte.

La ragazza salta sulla schiena di uno assestando una gomitata al centro della schiena facendo piegare in due il povero mal capitato. Con il piede tira un calcio a un altro ragazzo che si stava avvicinando per aiutare quello che ha appena ricevuto la gomitata. FA un salto all'indietro facendo cadere il primo ragazzo e allontanandosi dal secondo. Atterra in piedi. Sembra un'Amazzone.

Osservo attentamente la ragazza. I capelli mossi sfrecciano nel vento, ma il viso... il viso è il suo. Ginny schiva un pugno con destrezza e afferra il braccio portandolo nella sua direzione. Gli dice qualcosa all'orecchio per poi girargli il braccio portandoselo con sé dietro di lui.

Sembra cresciuta per questo. Cresciuta per combattere. Cresciuta in una guerra tutta sua. Un'abilissima guerriera.

Con la maglia con la pancia scoperta non l'avevo riconosciuta. Indossa dei vestiti così diversi dalle sue solite felpe enormi.

Un brivido di fastidio mi attanaglia lo stomaco al pensiero che si sia vestita così per uscire con Travis. Ma no, la sorella l'avrà costretta, no?

È bellissima. Davvero bellissima.

Dovrei darle una mano ma se la sta cavando benissimo anche da sola.

La conosco. Se la aiutassi si incazzerebbe perché si sentirebbe come se io avessi pensato che lei non se la sarebbe cavata benissimo da sola.

Lei non ha bisogno di nessuno ed è questo che la rende bellissima e inarrestabile. È capace e determinata.

Lei è completa anche da sola. Non ha bisogno di qualcuno che la protegga. È lei a proteggere sé stessa. Lei ha bisogno di qualcuno che le stia accanto e che non permetta a nessuno di spegnere il fuoco che le arde nel petto.

Lei è nata in una notte con il plenilunio io col novilunio. Lei piena, io vuota. Lei luminosa, io oscura.

I tre ragazzi le stanno ricevendo di brutto. Dargli il benservito domani sarebbe troppo, ma la pagheranno. Perché sono tre contro due, e tra i tre c'è Collins. Non è la prima volta che fa risse, ma farò in modo che sia l'ultima con le persone a cui tengo, o per lo meno, con cui condivido la casa.

Osservo la scena che mi si presenta davanti come se fosse il film per cui sono venuto qui.

La pagheranno, eccome se la pagheranno.

Davide riceve un calcio che lo fa cadere a terra. Uno dei ragazzi gli sferra un calcio. Davide geme di dolore e sputa del sangue a terra.

Ginevra si gira nella direzione del fratello ignorando completamente il fatto che uno di loro la stava per colpire approfittando della sua distrazione. Gli occhi di nuvole si sgranano di orrore. La nube si scurisce fino a essere in procinto di piovere. I lampi e il vento sono i riflessi delle sue iridi. Il grigio diventa torbido e da qui riesco a sentire la sua rabbia. La provo sulla mia pelle. Come se fossimo sulla stessa lunghezza d'onda. Troppo simili per non capirci e troppo diversi per far finta di nulla. Spinge il biondo che ha colpito il fratello con una tale forza da farlo crollare a terra.

Prima erano due contro tre. Adesso, con Davide a terra sono tre contro uno. Ginny si gira verso gli altri due, ma uno la afferra per la vita immobilizzandola mentre l'altro si prepara a tirarle un pugno in faccia.

Uno scatto simultaneo si sblocca. Un lucchetto si apre e la chiave gira.

Conto.

Conto i passi e i secondi che mi separano da quella scena.

I centimetri si raggruppano, i metri si dividono sotto i miei piedi e faccio la cosa che so già cambierà tutto.

Faccio l'ultima cosa che mi sarei aspettato questa sera.

Cambia tutto quando non permetto di far spegnere il fuoco che arde in lei.

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