La Forma del Destino

By Marikaapoliti

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*Completa* Un carattere introverso, una realtà che non le appartiene e un nuovo inizio. Federica ha vissuto d... More

PROLOGO
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Ringraziamenti

Capitolo 54

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By Marikaapoliti

FEDERICA

Ho aspettato mesi e poi giorni e ho pensato a come sarebbe stato sentire la sveglia del primo giorno, aver voglia di alzarmi o voler rimanere a dormire?
Questo pensiero è passato in secondo piano da quando queste ultime settimane d'estate hanno stravolto la mia vita rendendola completamente diversa, cambiandomi in modo radicale e facendomi provare l'essenza dell'amore, che ancora non ha un nome, o meglio, il nome è anche piuttosto chiaro ma ancora non riesco appieno a capire se lui abbia voglia di avermi nella sua vita in quel modo, nel modo che neanche riesco a dire o scrivere e delle volte pensare. Come sarà questo primo giorno di scuola? Me lo chiedo da quando ho messo piede in questa città meravigliosa, in quest'arte a cielo aperto. Ma adesso più di ogni altra cosa, mi chiedo: sarà diverso? Cambierà?
Dopo sabato e dopo il nostro ballo, molte persone mi puntavano come se avessi qualcosa attaccata alla faccia o fossimo già al primo giorno di scuola dove tutti ti etichettano come "la nuova", eppure, questo è successo dopo che Christian ha dato attenzione a me, a me soltanto. Ho le palpitazioni, mia madre continua a chiamarmi per fare colazione e il telefono vibra perché Carlo, probabilmente si rifiuta di accompagnarci a scuola oppure la mia più cara amica avrà ancora qualche dubbio su Ted, però non può parlarne con il resto del gruppo perché "Carlo non deve sapere di quello che è successo con lui". Ad ogni modo quello che vorrei adesso, caro diario è camminare scalza sulla sabbia e osservare il mare, passeggiare per ore ed ore e poi scriverti, perché io e te non ci sentiamo da tanto e dovrei raccontarti tante cose, tante cose di me e Christian e della mia nuova amica Charlotte. Se torno indietro tra le pagine leggo il nome di "Jessica" eppure non la sento più da così tanto tempo, sembra passato un'infinità da quella vecchia me che ti scriveva di qualcuno che neanche la considerava. Non sapevo che si potessero provare tali sensazioni e emozioni, ma per riassumerti tutto e farla breve, prima di andare a scuola e non farmi uccidere da mia madre: Christian è pura arte, pura emozione. Lui è quel qualcosa in più che mi fa sentire viva. Lui va oltre ogni mio limite, mi insegna come si superano i limiti, un po' come quando si insegna ai bimbi a non aver paura di andare in bici e pedalare per non cadere e rimanere in equilibrio. Lui riesce a farmi stare in equilibrio tra le mie paure.
«Federica» lo squittio di mia madre mi fa intuire che sarà qui tra pochi istanti, così, mi alzo velocemente a sedere nascondendo sotto il letto il piccolo quaderno magenta, dopodiché, infilo gli stivaletti e spalanco la porta ritrovandola con il pugno serrato pronta a bussare.
«Ma buongiorno» cinguetto con noncuranza, stampandole un bacio sulla guancia precipitandomi subito dopo di sotto.
«Devi mangiare prima di uscire!» Esclama seguendomi.
Appena arrivata in cucina, raccolgo due fette di pane tostato e bevo un lungo sorso di latte, per poi ritornare di sopra.
«Fatto» urlo mentre lei è intenta a sistemare la busta del pranzo a Marco nello zaino.
«Federica, mi fai impazzire» strilla spazientita.
«Ti voglio bene anch'io» le grido di rimando prima di sparire dalla sua vista.
Mi chiudo in camera addentando il pane caldo, dopodiché, sistemo i capelli in uno chignon alto con qualche ciocca sciolta sul viso, infilo un top chiaro e cambio i jeans, mettendoli neri. Applico del mascara e del lucido, dopodiché, mando un messaggio a Charlotte; la sua risposta è immediata:

Charlotte:
Ti aspetto davanti la fermata.

Afferro lo zaino e scendendo di sotto saluto prima mia madre e poi Marco, chiudendomi la porta alle spalle. Mi mancava questa routine e oggi inizierà una nuova, rispetto a quella che avevo precedentemente. Ora ho Charlotte, sono in una grande città, mi sento diversa, e poi, c'è chi mi ha cambiata del tutto: Chris.
Ad ogni passo osservo gli alberi cominciare a far percepire che l'estate stia finendo, l'aria è già un po' più fredda del solito, mi attraversa facendomi provare una sensazione divina, inalo a lungo prendendomi il tempo prima di fare il salto, prima di far cominciare questa giornata. Mi sento come sull'orlo di un precipizio, l'ansia si annoda al petto e non so se quando farò il salto avrò qualcosa che mi impedirà di farmi male, o se alla fine della corsa ci sarà qualcosa o qualcuno che mi salverà. Vorrei che questo nuovo inizio fosse un inizio per tutto, Christian sta cambiando con me ma rimane comunque della sua idea che l'amore sia un sentimento che non riesce a provare. Allora la mia mente continua a chiedermi: come può non amare se ogni aspetto di lui: parole, gesti, la sua arte è la chiara essenza dell'amore?
Chris è un enigma, che non so risolvere, ho le istruzioni sotto agli occhi e non so leggerle. Lui mi chiede di non capirlo, non provarci neanche e allora come farò a sapere cosa gli passa per la testa? Cosa significa quello che fa se non devo provare a capire? Lascio andare un sospiro violento, scuoto la testa perché ancora non è neanche iniziata la mattinata e già sento un dolore alla testa.
«Ehi, piuttosto che pensare alle nuvole... muoviti se non vogliamo perdere il bus» sento una voce familiare farsi strada nei pensieri, mi guardo intorno come se mi fossi appena svegliata e Charlotte mi indica con la mano il bus che si sta fermando.
«Oh cazzo» urlo attraversando la strada correndo.
Guardo l'autista visibilmente irritato, con un pizzico di divertimento negli occhi mentre col fiatone salto sul bus, avvertendo il cuore andare all'impazzata.
«Signorina la prossima volta si alzi qualche minuto prima e quando cammina non pensi alle favole» commenta l'uomo partendo velocemente.
Mi tengo dall'asta per non cascare, vorrei replicare ma rimango in silenzio dopo aver notato i presenti fissarmi indiscreti e seriosi. Cominciamo bene!
La mia amica ridacchia e mi indica di sedermi accanto a lei.
«Smettila di ridere» la ammonisco in evidente imbarazzo.
Sento le guance in fiamme e scuoto la testa guardando fuori dal finestrino.
«Sei nervosa per il nuovo inizio?» Mi domanda retoricamente dandomi una leggera spallata.
Sospiro, le volgo un'occhiata e poi ritorno a guardare fuori. «Un po'!» ammetto.
«Ci sono io, tranquilla» mi rassicura poggiando la testa sulla mia spalla.
«Non siamo in classe insieme» gli faccio notare mettendo il broncio.
«Ci sono le gamelle e stecco con te, non ti preoccupare» mi rassicura ancora.
Annuisco pensando che comunque con i miei amici, non sarà molto difficile affrontare le cose. Mi chiedo se riuscirò a ritagliarmi del tempo con loro, e come sarà vivere in una scuola come il Mamiani.
«Mi ricordi gli indirizzi che fanno gli altri e com'è suddivisa la scuola?» Chiedo per l'ennesima volta sentendo il nervosismo diventare sempre più grande.
«Allora al primo piano c'è il classico, quindi, ci siamo noi: Fabiana e Camilla, stecco,  Gabriele colui che osserva ma non parla, tu ed io!» Mi spiega con calma, «poi al piano di sopra scientifico, quindi: Carlo, Chris, Ted e Michael e i loro amici che probabilmente non ricorderai i nomi» conta con le dita cercando di ricordare tutti, «ed infine linguistico al terzo piano: Emilia, Luana, Mara e le ragazze che hai conosciuto al mare».
Cerco di ricordare annuendo meccanicamente mentre il mio cervello tenta di non andare in corto circuito.
«Tutto chiaro?» Mi domanda vedendomi probabilmente perplessa.
«Dovrai ricordarmeli qualche altra volta» ridacchio.
Non sapevo ci potesse essere una scuola con così tanti indirizzi, ma questa scelta mi piace, mi fa sentire più vicina ai miei amici e a lui.
Continua a spiegarmi tutte le sale della scuola e com'è suddivisa, tuttavia scuote la testa quando le chiedo le stesse cose da ormai dieci minuti e poi domanda:
«Sai già chi avrai questa mattina?»
«Stecco mi parlava di una di inglese, credo Martelli o Mart...» cerco di ricordare ma Charlotte mi precede esclamando: «La Martinelli!»
Faccio di sì con la testa e lei sgrana gli occhi divertita.
«Cosa c'è?», domando preoccupata.
«Probabilmente per metà lezione parlerà solo ed esclusivamente di quanto il liceo Mamiani sia elevato rispetto a tutti gli altri, ti farà un excursus di tutta la storia», mi dice divertita.
«Interessante» dichiaro arricciando il naso.
«Non per gli altri, farà anche domande su questo argomento, è un po' fuori di testa ma molto simpatica» cinguetta alzandosi in piedi.
«Bene» rispondo stranita. «Benvenuta all'inferno mia cara amica, un'inferno settecentesco ma pur sempre un'inferno» specifica con tono cantilenante facendo un risolino.
Mi giro verso l'istituto dalle mura molto antiche, è un palazzo molto bello con archi  e finestre da uno stile particolare, difficile da passare inosservato. Seguo Charlotte che si muove tra gli altri con disinvoltura, vorrei sentirmi a mio agio in ogni circostanza come lei. Tuttavia, mi faccio strada all'interno del cortile; è piuttosto grande, ospita così tanti ragazzi da non riuscire a distinguerli, infatti, non riesco a riconoscere nessuno della festa di Chris. Lascio andare un sospiro e un po' la testa prende a girare per via del mio nervosismo sempre troppo eccessivo. Non mi sento per niente pronta, infatti, non spiccico parola mentre la mia amica saluta qua e là persone come se fosse una diva; questo mi riporta un po' indietro facendomi ritornare al passato, quando Jessica, la mia ormai ex migliore amica, cercava in ogni modo di essere amica con tutti e per certi versi ci riusciva ma, tendevo a nascondermi dietro la sua ombra; delle volte sembrava che fosse proprio lei a volerlo, tenermi dietro la sua popolarità. Ad ogni modo, non posso paragonare le due persone poiché Charlotte mi tira di qua e di là cercando di farmi conoscere l'intero istituto in meno di dieci minuti, mi fa sentire piena di vita esattamente come Christian. Entrambi riescono a farmi essere diversa da quella me che tanto detesto perché troppo paranoica e sbadata, con mille paure che la opprimono.
«Vieni, gli altri sono vicino l'ingresso» le sento dire e vorrei sapere chi intende per "altri".
La seguo senza replicare, ma in mezzo a tutta questa gente mi sento eternamente confusa e fuori luogo, sembra tutto così grande.
Devo stare al passo, mi ripeto.
Andrà tutto bene, mi dico.
I miei passi meccanici mi fanno sembrare probabilmente più sbadata del solito, infatti, dopo qualche metro Charlotte mi afferra la mano e sottovoce ribadisce:
«Tranquilla, ci sono io».
Continuo ad annuire e a vedere occhi fissarmi come se fossi aliena.
«Ma buongiorno, sei pronta per questo inferno?» La voce di stecco mi riporta alla realtà, facendomi anche apprendere che non sto più camminando, ma che sono davanti al mio gruppo di amici.
«Si!» Esclamo espirando con troppa enfasi.
La loro risata mi rilassa un po', Fabiana mi carezza un braccio e sussurra:
«Ci siamo noi con te, ho saputo che siamo in classe insieme, quindi ci divertiremo».
Mi rivolge un sorriso tutto denti e ricambio; avverto così il nervosismo in cui il mio corpo è avvinghiato sciogliersi,  almeno apparentemente, anche se questa sensazione alla bocca dello stomaco, comunque mi fa sentire come una corda di violino pronta a spezzarsi.
«Il mio ultimo anno di inferno», urla una voce conosciuta dietro di me.
Un braccio finisce sulle mie spalle e il volto di Ted compare davanti ai miei occhi, mentre mi sorride come un ebete. «Pronta?»
«Pronta per andare all'inferno? Più o meno» cinguetto ironica.
«Vedi stai già imparando, fai già parte di noi» ridacchia.
Sorrido anche io mentre altra gente si aggrega al nostro gruppo.
«Puoi dire al tuo amico, nonché mio fratello, che me la pagherà per essere andato via e avermi lasciata seriamente a piedi», brontola Charlotte guardando in cagnesco Ted che adesso le rivolge i suoi occhi, malinconici.
È così evidente quello che prova per Charlotte, mi rattrista ma mi fa anche sentire molto felice. Se solo Charlotte capisse i suoi sentimenti e si lasciasse andare, provando ad essere sincera anche con Carlo, forse questo limbo potrebbe tramutarsi in qualcosa di bello per entrambi.
«Lui e Christian si sono allenati in palestra questa mattina» la informa lui.
Quando pronuncia il suo nome qualcosa scatta nella mia testa, come se ci fosse una sorta di sveglia che mi ricorda che ancora non l'ho visto, e che questa mattinata potrà andare a gonfie vele o distruggersi in pochissimi istanti.
Tuttavia, l'acuto di Ted che quasi mi fora un timpano, mi strappano dai pensieri riportandomi violentemente alla realtà. «Chi ha vinto?» Domanda ancora attirandomi a sé con il braccio.
«Sai già la risposta amico» ogni sillaba viene scandita perfettamente e in un secondo la mia testa percepisce la voce profonda, roca e calda che riesce ad avvolgermi tutta. Quel suono mi travolge e mi stravolge, tuttavia, alzo gli occhi su di lui poco distante da noi. Mi lascio qualche secondo per osservarlo; indossa una maglia bianca stretta in vita a maniche corte, dei jeans scuri strappati sul ginocchio e un borsone blu notte che tiene saldamente su una spalla. Con la mano libera saluta alcuni ragazzi, dopodiché, i suoi occhi furtivamente fanno un giro del cortile e si posano su di me. Uno scatto che mi fa trasalire, infatti, le mie guance improvvisamente prendono fuoco, deglutisco a vuoto e bagno le labbra nervosamente dondolandomi sui talloni. Mi chiedo perché non riesco a controllarmi, perché perdo la ragione con lui. Non riesco ad essere raziocinante. Il suo sorrisino, gli fa spuntare una fossetta all'angolo della bocca che ogni volta non riesco a smettere di fissare, poco dopo alza la sua attenzione osservando per qualche secondo un'altra ragazza dai capelli lisci e biondi, un corpo che farebbe invidia a chiunque; e improvvisamente il mio umore cade a terra e ancora una volta mi ricordo che stiamo parlando di Christian, quindi, niente speranze e niente certezze.
Sospiro, mi mordo le labbra per la tempestività del mio cambio di umore e abbasso le palpebre sulle mie scarpe sentendomi ancora una volta vuota e fuori luogo.
«Fede» qualcuno mi chiama, è Gabriele.
Gli rivolgo un sorriso un po' forzato mentre lui mi dice: «Solitamente dopo scuola andiamo a pranzo in un posto dove lavoro, ti aggiungo per oggi?».
Ci penso qualche secondo su, ma gli occhioni languidi delle mie amiche mi convincono.
«Certo che viene» mi precede Fabiana seguita da Charlotte che ribadisce la frase.
«Ci sto, va bene... ma devo avvertire mia madre», dico.
«Lo fai dopo, adesso dobbiamo entrare» cinguetta lei prendendomi per mano.
Sposto nuovamente lo sguardo su di lui, notando Ted parlare con entrambi.
Ero davvero così assorta nei pensieri da non rendermi conto che Ted si è allontanato, per raggiungerli?
Sospiro incamminandomi verso l'entrata. «Buona fortuna», urla scherzosamente Ted facendo girare qualche gruppetto vicino.
Gli rivolgo un abbozzo di sorriso cercando di non incrociare lo sguardo di Christian, che sento pesantemente addosso. Oltre al suo sguardo, capto quello di molte persone e questo non giova alla mia timidezza. Scrollo le spalle schiarendomi la gola per rimanere calma e lucida, davanti a questo mio nuovo inizio. Vorrei poter avere qualche minuto per stare da sola, tuttavia entriamo nell'istituto mentre in un altro sospiro mi convinco di potercela fare. La struttura è davvero bella, grande e antica. Dentro la scuola a detta di Charlotte c'è anche un museo e una biblioteca, sarò sicuramente entusiasta di passare lì la maggior parte del mio tempo libero.
«Vedi», mi indica due classi vicine lungo un corridoio.
«Quella è la mia e questa, la tua», effettivamente le due porte in legno sono praticamente attaccate.
«Bene» dico aggiungendo subito dopo: «vorrei andare un secondo in bagno, dove lo trovo?».
Mi fa segno su come arrivarci, mi rivolge un bacio augurandomi buona lezione, dopodiché, mi lascia da sola entrando nella sua classe. Mi rifugio nel bagno, precipitandomi dietro una delle porte. Mi siedo sul WC e faccio qualche sospiro profondo. Non capisco il perché di così tanta ansia e paura, ma credo che questo sia dovuto a tutte le paranoie che mi sono fatta, a tutte le domande a cui non so dare una risposta e a lui, così imprevedibile.
«A dopo» sento dire mentre qualcuno entra in bagno canticchiando.
Percepisco il rubinetto dell'acqua aprirsi, la persona continua a canticchiare, così, senza pensarci tiro lo sciacquone ed esco, ritrovandomi davanti una ragazza dai capelli lunghi e castani, le iridi mi osservano curiose dallo specchio. Ha occhi scuri, tendenti al nero e il corpo esile fasciato da una maglia semplice fucsia e dei jeans cachi. Si muove davanti al lavabo, a ritmo della musica che le sue cuffiette riproducono.
Mi lavo le mani nel lavello accanto al suo, inevitabilmente ne osservo la figura anche se con discrezione. È molto bella, ma ha anche qualcosa in più che ancora non riesco a riconoscere, tuttavia, si leva le cuffie prendendo poi un astuccio. Si applica del rossetto sulle labbra e improvvisamente dice in tono amichevole:
«Ultimo anno o matricola? Sembri molto agitata».
«Si nota parecchio?» Domando facendomi sfuggire una risata nervosa.
«Un po'» fa lei rivolgendomi un sorriso comprensivo.
È molto gentile, i suoi occhi esprimono tanto calore.
«Comunque sono al quarto anno, tu?» Le chiedo lavando accuratamente le mani sotto il getto caldo.
«Io ultimo, ma faccio il linguistico», specifica facendo sfregare il labbro inferiore con quello superiore, per rendere più omogeneo il rossetto color mattone.
Sorpresa le rivolgo un sorriso di assenso, dopodiché, prendo un foglio di carta e pulisco le mani con cura.
«Oh, che sbadata non mi sono presentata» mi dice richiudendo il suo astuccio dei trucchi, sistema lo zaino sulle spalle, e poi, porgendomi la mano magra dalle unghie smaltate nere si presenta: «Io sono Nicole».
«Federica» rispondo e subito mi sembra che il nome risulti così stranamente familiare.
«Come mai così nervosa?» Fa lei osservandomi da capo a piedi.
«Sono nuova, mi sono trasferita da poco e questo è il mio primo giorno in assoluto» spiego con un pizzico di ansia nella voce.
Lei è subito sorpresa. «Oh! Posso capire, ho fatto qualche trasferimento e ho dovuto cambiare scuola spesso, adesso sono abituata e non ci faccio più caso, infatti, è anche per me il primo giorno in assoluto».
«Wow!» Esclamo ammirata, dal suo coraggio e dall'essere così disinvolta.
«Non passeremo inosservate!» dichiara ridacchiando.
«Bene, non vedo l'ora» faccio dondolandomi sui talloni, «non preoccuparti, se non conosci nessuno sappi che al piano di sopra, c'è questa matta pronta a salvarti dalle grinfie di ogni maturando», lei si indica schiacciandomi l'occhiolino.
Tuttavia si guarda l'orologio al polso ed esordisce: «Cavolo, farò ritardo. Ci vediamo nei corridoi ragazza nuova» ulula, uscendo di corsa.
«In realtà io con...» sto dicendo quando è già uscita.
Avrei voluto accennarle dei miei amici, ma credo che ne avrò modo nei giorni a venire. A Charlotte una ragazza così piacerà sicuramente, mi dico.
Tuttavia, prendo le mie cose e corro a mia volta in classe, prima di essere io quella in ritardo.

Le prime ore in aula passano lente con stecco che fa il "solito" e la professoressa Martinelli che lo riprende. È effettivamente una strana donna sulla sessantina, paffutella e con un amore universale per il liceo.
«Giacomo Costa», ripete per l'ennesima volta con la voce acuta ma spezzata per le troppe grida.
«Si prof?» Fa lui con scioltezza.
«Siamo ancora al primo giorno, vuoi farmi impazzire prima ancora di aver completato la prima settimana?» chiede spazientita ma col sorriso sul volto.
«Io sono già impazzito, di lei però!» esclama lui causando una risata generale.
La prof scuote la testa senza replicare, e poi si rivolge a me che per l'ennesima volta mi fa domande sulla mia provenienza. È imbarazzante essere la "nuova" perché gli occhi sono puntati tutti sulla mia figura, è come avere dei riflettori piantati in faccia, letteralmente. Sono felice però di avere i miei amici qui, infatti, stecco siede alla mia destra e le due gemelle davanti, mi sostengono rendendomi le cose decisamente più semplici. Prima dell'arrivo del prof della seconda ora, provo a conoscere i miei compagni di cui a fine lezione ricordo i nomi solo di Sara e Beatrice; la prima perché ha lo stesso nome di mia madre, la seconda perché ha lo stesso nome della mia nonna paterna.
«Federica, pronto?» Sento la voce di Fabiana e una mano sventolarmi davanti al viso.
«Si?» Farfuglio sbattendo le palpebre più volte.
«Vogliamo andare fuori? Abbiamo quindici minuti di pausa» mi informa.
Annuisco, mi alzo e improvvisamente mi accorgo che stecco è già sparito.
Ma perché oggi sono così sbadata?
Arrivata nell'atrio, facciamo due rampe di scale sedendoci poi sui primi gradini del piano superiore. Osservo andare su e giù una quantità sorprendente di studenti che con disinvoltura, si spostano nei corridoi dell'istituto. Tuttavia, pochi secondi dopo ecco la mia bionda salire le scale con una barretta proteica in mano.
«Come sta andando?», Si rivolge a me appena arriva.
Prima di poter rispondere, Fabiana dice ridacchiando: «Penso che domani arriverà un messaggio di Federica con su scritto: no raga, io cambio scuola».
«In realtà dirà: io cambio città e amici soprattutto», precisa Camilla provocandoci una risata.
Qualche secondo dopo, gli occhi di Charlotte guardano oltre le nostre spalle e il suo sorriso si spegne del tutto, così, senza pensarci due volte mi volto e lì, assisto ad una scena che mi accappona la pelle. Stefano, Mattia e altri loro amici circondano una ragazza; sembra una matricola. La ragazza ha gli occhi bassi e l'aria terrorizzata, alcune persone le passano accanto ma nessuno dice niente o alza un dito. Ridacchiano mentre lei rimane in silenzio e non spiccica parola. Ho il cuore in gola e il corpo formicola tutto. Avverto le loro parole, e qualche commento di troppo mi fanno imbestialire. Non starò ferma a guardare mi ripeto. Tuttavia, per una frazione di secondo, il mio sguardo si sposta di poco verso l'altra rampa, il mio blu incrocia il solito e familiare verde smeraldo che riesce sempre a scuotere ogni sensazione del mio cuore. Il cuore però precipita sempre di più vedendo il suo braccio poggiato sulle spalle di Luana mentre lei parla con Carlo, Ted e altre persone che non conosco. Le emozioni scorrono dentro di me come il fuoco, deglutisco a vuoto mentre i suoi occhi sono la causa del mio forte incendio. Stringo i denti, cerco di mantenere il controllo del mio respiro, dopodiché, sposto con fatica il mio sguardo da lui al gruppetto che cerca di infastidire quella ragazza. Senza pensarci troppo mi alzo in piedi, diretta a fermarli. Non posso stare ferma a guardare, non starò ferma a guardare mentre la terrorizzano, nessuno muove un muscolo e questo mi fa incazzare. Succede spesso in questo posto?
Avverto la voce di Charlotte chiamarmi ma, i miei passi si fanno pesanti avviandomi velocemente verso di loro, improvvisamente però vengo strattonata con forza prima di arrivare alla meta. Ruoto il capo verso la ragione che mi ferma, e nuovamente quel verde si incastra dentro di me. «Cosa vuoi?» Domando rabbiosa ma in contemporanea lui esordisce: «Cosa credi di fare?».
«Non vedi?» Gli indico il gruppetto che ancora ridacchia mentre la ragazza dice qualcosa che non riesco a percepire. «E cosa vorresti fare? Andare lì e dire cosa? "Smettetela di infastidirla?"» Cinguetta prendendosi gioco di me, imitando la mia voce.
«Meglio rimanere in silenzio, no?», ringhio cercando di liberarmi dalla stretta.
«Non combattere battaglie non tue» mi dice fissandomi negli occhi con una tale intensità da dover distogliere lo sguardo, mi accorgo così che gli altri adesso ci fissano curiosi e confusi. «Non vuoi fare niente? Problemi tuoi, ma ora liberami. Non vuoi essere aiutato, vuoi continuare a vivere così, mi vuoi lontana dalla tua vita? Accomodati. Ma non decidere per me se devo o meno aiutare qualcuno» sbotto strattonando la sua mano.
Con lui sembra di fare un passo in avanti, e invece, poco dopo mi accorgo di essere sempre troppo indietro. Scioglie la presa sospirando con forza, gli volto le spalle e spedita vado verso il gruppetto, tuttavia, mi supera dirigendosi verso di loro con le sue gambe lunghe e i suoi passi da gigante. Afferra Mattia dalla maglia e lo costringe a girarsi, il suo gesto e il suo bisbiglio creano nello sguardo di Mattia, un nervosismo tale da fare appello a tutto il suo autocontrollo, per non sferrargli un gancio. Tuttavia, dopo un cenno da parte del mio incasinato, la ragazza si cammina frettolosamente verso le scale mentre Mattia si scosta, spostando lo sguardo da Chris a me, osservandomi da oltre le sue spalle. Incrocio i suoi occhi e il suo sorrisino mi irrita, sospiro con forza lanciandogli un'occhiataccia mentre lui si schiarisce la voce urlando: «Ormai cosa non si fa per una putt...», sta dicendo quando l'imponenza di Christian lo fanno desistere.
Si scrolla le sue mani di dosso e con finto sarcasmo Mattia brontola: «Mio caro amico, ti devi ancora far perdonare quella dell'ultima volta, non peggiorare la tua situazione».
«Ti conviene andare se non vuoi che ti riduco come l'altra volta, mi pare tu non ti sia ancora ripreso» lo prende in giro sfiorandogli il volto segnato.
Lui si scosta con evidente orrore negli occhi, gli altri lo scrutano senza muovere un muscolo, dopo, come un vero capo gruppo, ordina agli altri di andare; facendo sgombrare il corridoio.
Lascio andare un sospiro e mi sento ancora pietrificata. «Ancora qui? I quindici minuti sono passati... tutti in aula!», sento dire da qualcuno ma sono ancora ferma con il cuore che vorrebbe balzare fuori.
Riesco a vedere solo lui che lentamente si avvicina a me, con una rabbia non indifferente. «Spero che tu adesso sia felice, sappi che adesso verrano a romperti le palle. Se volevi passare inosservata in questi corridoi di merda, adesso ti verrà abbastanza difficile!», sentenzia ed io mi sento davvero piccola davanti al suo corpo. Non riesco a replicare, ma cerco comunque di fronteggiarlo sussurrando con poca convinzione: «N-non ti ho detto io di combattere una... una battaglia non tua».
«Volevi andarci tu?», sogghigna.
«Con questo faccino tanto tenero?» mette il broncio come faccio di solito, per ridicolizzarmi.
«Perché ti comporti così? Dopo il nostro weekend insieme...» faccio confusa dal suo modo austero di rivolgersi a me.
«Così come? Io sono sempre lo stesso, sei tu che hai questa visione idilliaca e speranzosa di tutto. Inizia a guardare la realtà delle cose, la loro vera natura e smettila di cercare di salvare chiunque. Federica smettila di vivere nelle favole!» dichiara con voce e aria solenne.
I miei occhi si riempiono si lacrime ma cerco di scacciarle vie.
«Sei cattivo», mormoro provando a mantenere una voce normale.
«Sono fatto così mi dispiace, fattene una ragione principessina», mi dice chiamandomi con il nomignolo che utilizzava quando ci siamo conosciuti.
Lo guardo confusa e delusa dalle sue parole dolorose e fredde.
«Dobbiamo andare» la voce calorosa e arrabbiata di Charlotte mi afferrano la mano, mi strappano dal suo sguardo così profondo e ipnotico.
Voltandomi noto che tutti i presenti mi stanno squadrando, compresa Luana che adesso sogghigna, probabilmente per come Christian si è rivolto.
Scendo le scale; le ciglia di bagnano e la mia anima lentamente si sgretola avvertendo il solito peso al petto che mi opprime. Provo a non far scivolare le lacrime, ma qualcuna sfugge al mio controllo, finché arrivate davanti le classi, la mia amica mi costringe a guardarla.
«Non abbiamo tempo per parlare, ma devi calmarti Fede... non tremare».
«Prima di fare qualcosa, parla con me d'ora in poi... ok?» Aggiunge comprensiva ma rabbiosa.
«Non potevo l-lasciarla con lo...loro che cercavan-o...» provo a dire tra i singhiozzi.
Sto crollando, tutta l'ansia accumulata mi sta travolgendo, non riesco a trattenere i singulti. «Lo so Fede, quello che hai fatto non è sbagliato, però non prendere iniziative da sola, devi parlarne con me soprattutto se si tratta di uno come Mattia. Christian è un cretino, l'ha fatto perché sa come sono i suoi compagni di classe, questo però non esclude che abbia esagerato e gliela farò pagare».
«Sono i suoi compagni di classe?» Domando intontita.
«Si, Mattia e gli altri vanno in classe con lui, evita di creare scompiglio perché Christian non vuole problemi. Hanno avuto già un trascorso, ma per mantenere un equilibro adesso tutti si fanno gli affari propri» borbotta come se questo fosse un peso per lei.
«Ma non è giusto!» Esclamo asciugandomi le lacrime.
«Lo so, per questo è un inferno», risponde mortificata.
«Ragazze» una voce maschile e autoritaria attira la nostra attenzione.
Un uomo dall'aspetto curato, sulla cinquantina ci guarda serioso, «in classe!», ci canzona.
Charlotte annuisce, mi stampa un veloce bacio sulla guancia, dopodiché, mi rassicura che ci saremmo ritrovate all'uscita.
«Tranquilla», mima mandandomi un bacio, prima di sparire dietro la porta dell'aula. Le sorrido debolmente, asciugo le lacrime prima di rientrare, per cercare di affrontare le ultime ore di lezione senza crollare.

All'uscita mi sento davvero molto stanca, confusa e vorrei poter prendermi una breve pausa da tutto. Sospiro, uscendo dalla classe con Fabiana e Camilla che tentano in ogni modo di farmi sorridere, rassicurandomi sul mio test di fine settimana. Prima di uscire il professore Falcone mi ha illustrato il mio imminente esame di rientro, per valutare la mia preparazione; avrei dovuto ascoltare tutti i punti, ma le sue parole viaggiavano per l'aula senza davvero farmi percepire il significato di quello che stava dicendo.
«Sarà solo scritto, giusto?» Mi domanda come se davvero io ricordassi di questo particolare.
Annuisco meccanicamente, pensando a quel dannato ragazzo dagli occhi ipnotici. Perché non riesco a levarmelo dalla testa? Perché per pochi secondi non sparisce la sua immagine che mi tortura? Perché non riesco a concentrarmi sugli altri che cercano la mia attenzione e perdo tempo dietro a qualcuno che non ha voglia di me, che si ostina a mandarmi via, e soprattutto mi tratta in quel modo? Cazzo.
«Dimmi?» Sbotto voltandomi verso qualcuno che continua a chiamarmi.
Gli occhi di Camilla si fanno dilatati e la tristezza nei suoi occhi cala violentemente, come il tendone di un palco.
«Oddio!» Esclamo gettandole le braccia al collo; la stringo con forza scusandomi per la mia aggressività.
«Perdonami Cami, ti prego, scusami! Non so cosa mi prende» mi scuso con voce tremolante.
«Ehi» mi dice avvolgendo le sue braccia sottili intorno alla mia vita.
«Non preoccuparti, posso capire! Oggi è stata una giornata molto impegnativa» mi sussurra ancora, mentre inspiro abbracciandola con tutta la forza che ho in corpo.
«Non ho scuse, è solo che sembra tutto troppo...», sbuffo tirando su col naso captando la mia emotività ritornare.
«Allora» mi scosta per fissarmi negli occhi, «adesso ti ci vuole una bella dose di cibo, coccole, e poi, andrai a casa a dormire un po', okay?» Mi dice continuando a stringermi, raccogliendo una lacrima sfuggita.
Faccio di sì con la testa mentre Charlotte e Fabiana ci raggiungono nel cortile.
«È okay?» Mi domanda la mia amica carezzandomi una spalla, annuisco ancora, dopodiché, ci avviamo verso l'uscita aggregandoci agli altri.
«Com'è andato questo primo giorno?» Alzo lo sguardo su Michael che mi si è affiancato con un sorriso cordiale.
«Intenso» rispondo pensandoci su.
«Bene, spero sia in positivo», ridacchia raccontandomi la sua giornata molto impegnativa.
Superiamo il cancello principale, per una volta in tutta la giornata riesco davvero ad ascoltare ciò che dice qualcuno, inoltre Michael ama parlare di sé e ascoltarlo non mi dispiace affatto.
«Il professore di ginnastica, credo tu non l'abbia ancora conosciuto, si è alzato facendomi i complimenti... ci credi? È stato un momento epico», esordisce raccontandomi principalmente della severità del professore con i ragazzi che fanno parte della squadra di calcio della scuola.
«Be' te lo sei meritato» esclamo voltandomi verso di lui.
La mia attenzione però finisce su Luana stretta saldamente al corpo di Christian.
Lei mi osserva, lanciandomi qualche occhiata divertita fingendo di ascoltare la ragazza davanti a sé. D'altro canto quello che mi irrita maggiormente è il comportamento di Christian, fingendo di non vedermi. Perché si comporta così? Perché non rispetta mai ciò che dice? Mi fa male dover dare ragione a quella piccola parte di me che continua a dirmi e chiedermi di non fidarmi. Dovevo ascoltare la mia amica quando mi supplicava di stare attenta e non credere troppo alle sue parole.
Sono stanca di lottare, mi dico.
Tutto quello che è successo sembra non contare niente per lui adesso, eppure quelle parole sembravano così sincere, lui sembrava sincero e disposto a provarci, soprattutto durante la festa.
«Non ti merita» mi dice improvvisamente dando un'occhiata furtiva alle sue spalle.
Non replico, ma lascio andare un sospiro che pesa sul cuore.
«Meriti qualcuno che pensi solo a te, qualcuno che non ha bisogno di fare giochetti e abbracciare altre ragazze per farti ingelosire, uscire con altre e magari mentire per risultare buono ai tuoi occhi. Lui è fatto così, a lui piace giocare con i sentimenti degli altri e tu sei troppo per uno come lui.»
«In che senso uscire con altre?» domando perché non comprendo le sue parole.
«Tu lo ami?» Mi domanda senza rispondere.
Questa frase fa partire i miei pensieri, viaggiano e ripercorrono tutti i discorsi, le discussioni, i momenti insieme, i litigi. Tutte quelle parole, quelle emozioni che mi fa provare, quelle sensazioni che scivolano sulla mia pelle come gocce di rugiada e poi penetrano dentro e bagnano il cuore, lo incidono. I miei sensi assorbono il suo profumo come spugna e lo rilasciano nei momenti meno opportuni, e mi domando spesso cosa significano tutte queste cose e alcune volte mi sono risposta che l'unica parola che riesco ad accomunare a lui è l'amore. Ma quando la realtà mi arriva in faccia come un treno ad alta velocità, lì mi domando invece se quello che provo ha un nesso, se magari sto sbagliando tutto. Se con lui non ci sarà mai dell'altro, se lo avrò solo quando i bisogni carnali sono troppo forti a tal punto da non riuscire a resistere. Lui mi fa un effetto che non sapevo neanche di poter provare, ma forse non sarà mai diverso da questo, non potremo provare mai altro perché lui non vuole altro ed io dovrei lasciarlo andare. Forse sono per lui come tutte le altre, niente di speciale. Qualcuno da cui andare quando si ha voglia, illudermi per non perdermi. Questa consapevolezza fa male a tal punto da sentire le gambe troppo molli, ho bisogno di un appiglio. Mi avvicino a Michael e mi stringo a lui come se potesse sorreggere la mia anima piuttosto del corpo, lui ricambia subito provando ad abbracciare anche quello che non vede ma, non riesco a sentirmi appagata. Qualcosa mi infastidisce nell'abbraccio, il suo odore di fiori d'arancio mi bloccano come un velo, non riesco appieno a percepire la sua essenza.
«Che vuol dire "uscire con le altre"?» Chiedo ancora distaccandomi dal suo abbraccio.
Nell'ultimo periodo è stato con altre?
Ho avuto sempre questo dubbio, questa paura ma ho sempre cercato di non pensarci troppo o chiedermelo ad alta voce.
«Ha mai specificato che hai la cosiddetta esclusiva
«No» dico senza pensarci perché forse ho capito dove vuole arrivare.
«Allora se lo vedessi con altre non potresti incazzarti, giusto?» continua lui girando intorno al problema.
«Eh allora?» lo canzono.
«Eh allora ho sentito che parlava dell'uscita di ieri con una bionda, e tu non sei bionda» dichiara scrollando le spalle, lacerandomi il petto.
Annuisco lentamente mentre ogni singolo brandello del mio corpo si sgretola, mi distrugge. La mente ritorna a questa mattina mentre era intento a guardare una ragazza dai capelli lisci e biondi, che a sua volta lo guardava con occhi languidi. «Bene, non mi sorprende» mento cercando di mantenermi convinta delle mie parole.
«Non voglio che tu ci stia male, voglio solo che capisci chi è Christian De Luca!» esclama facendo un sorriso triste e comprensivo.
«Ho capito, grazie» sibilo senza riuscire più a incrociare il suo sguardo blu.
«Andiamo Fede?» Sento la voce di Charlotte chiamarmi.
«Arrivo», farfuglio dando un altro veloce abbraccio a Michael, dopodiché, mi volto senza degnare di considerazione Christian, avvertendo il suo sguardo addosso.
Forse devo lasciarlo andare davvero, lui non ha bisogno di me. Ha cercato di farmelo capire in ogni modo, ha utilizzato parole che mi hanno confusa, a tratti mi hanno fatto fraintendere e sperare, ma le sue azioni solitamente valgono più di ogni parola, e infatti, questa consapevolezza mi ha fatto comprendere la ragione dei fatti.
Non sapevo come sarebbe andata e avevo paura; non immaginavo che potessero succedere così tante cose insieme in una sola mattina, e forse dopo oggi è arrivato il momento di lasciarlo andare davvero e pensare a me, a me soltanto.

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