La Forma del Destino

By Marikaapoliti

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*Completa* Un carattere introverso, una realtà che non le appartiene e un nuovo inizio. Federica ha vissuto d... More

PROLOGO
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Ringraziamenti

Capitolo 51

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By Marikaapoliti

FEDERICA

Attraverso il corridoio, con la consapevolezza che in modo codardo ha evitato un confronto, chiedendo ad Agnese di riportarmi a casa prima di scappare chissà dove. Con quest'ultima mi soffermo davanti la sua camera, la porta è chiusa. Ruoto lo sguardo fissando la maniglia, voglio sapere se è qui. Mi guardo intorno percependo un magone al petto, le gambe sono deboli e mi abbraccio la vita provando a darmi un briciolo di conforto per aiutarmi ad andare avanti. Con il soffio sul cuore e la nebbia nella mente mi sento precipitare come pioggia sull'asfalto, percepisco ogni brandello del mio corpo che si sbriciola al tocco delle mie mani, vorrei piangere ma mi trattengo.
Agnese mi chiama facendomi distogliere l'attenzione dal mio stato d'animo, le rivolgo un sorriso debole e la raggiungo nel silenzio di questa serata. Mi indica una porta sulla destra poco distante dalla camera di Christian, vicino alla vetrata che da sulla piscina. Ci butto un'occhiata prima di entrare nella stanza, ricordando la prima volta che ho messo piede in questa parte di casa; è stata anche la prima volta che ho dormito con lui. Sembra passato un infinità da quel giorno, non mi capacito di come sia possibile essere arrivati a questo, come abbia fatto la mia vita a prendere una simile piega. Lo conosco da pochi mesi ma è riuscito a cucirsi dentro di me e a cambiarmi, si è colorato in modo indelebile nella mia mente, nella mia vita ma soprattutto nella mia anima. Non riesco a capirlo, delle volte non riesco a comprendere neanche perché abbia così paura di lasciarsi andare.
«Hai tutto quello che ti serve?» Mi domanda forse per la seconda volta poiché mi sento così imprigionata dai pensieri che non riesco a prendere la realtà in mano e ad essere lucida.
Annuisco fissando il letto matrimoniale con sopra dei pantaloni e una maglia a scacchi blu e neri adagiati sull'angolo del letto.
La stanza ha colori semplici che la dipingono rendendola priva di identità, ma pur sempre molto elegante. I mobili sono su un colore simile al grigio pietra mentre tende, lenzuola e pareti sono rigorosamente di un bianco latte.
Una mano calda mi sfiora i capelli e voltandomi due occhi grigi comprensivi e cordiali mi accolgono facendomi sentire nuovamente sul crollo del pianto.
«Tesoro» inizia a dire rivolgendomi anche un sorriso comprensivo, «so che è difficile, e so che probabilmente di fronte a queste situazioni ti senti impotente ma se tieni davvero a Christian, e da quello che vedo è così, non mollare. È vero, è una persona molto particolare e lo hai capito anche tu, ma prenditi cura di lui pare che tu ci riesca meglio di tutti gli altri» mi bisbiglia come se potesse sentirci.
«Lui è la prima volta che si fida di qualcuno che non sia io, non dare per scontato questi gesti. Ma soprattutto dagli il tempo di capire con la sua testa che ha bisogno di te per stare bene, da quando ti ha conosciuto ho notato un cambiamento che speravo da tempo, ma non arrivava mai e adesso ha paura perché non riesce a controllare i sentimenti che prova, ma lui ha bisogno di te...» continua lei e una lacrima mi sfugge sulla guancia calda, la raccoglie veloce con il pollice.
«A volte mi sento come se non mi volesse affatto, mi allontana e rifiuta il mio aiuto» brontolo con il labbro inferiore tremolante.
«E invece lo stai aiutando, lo stai migliorando ed io lo noto e anche lui. Ho sempre sperato trovasse qualcuno che si prendesse cura del suo cuore, oggi ho visto che la tua presenza riesce a migliorare non solo lui ma un po' tutti noi» mi confessa ed io istintivamente mi stringo a questa donna così buona e sensibile.
Lei un po' sorpresa ricambia il mio abbraccio e mi accoglie tra le sue braccia come se fossi una sua piccola nipote che non vedeva da tempo. Il suo abbraccio mi ricorda un po' quelli della mia nonna Mery, quando ero piccola e andavamo a trovarla nella casa di cura la domenica. Mi manca così tanto che per qualche istante riesco a sentire il suo buon odore di cannella nell'aria.
«Grazie» mormoro tirando su col naso.
Scioglie l'abbraccio ma mi rassicura con altre parole che riescono a calmarmi, almeno apparentemente.
«Ora riposati, va bene?» Mi intima ed io annuisco asciugandomi il volto umido. Chiude la porta alle sue spalle concedendomi privacy, tuttavia non appena lo scatto della serratura mi concede di rimanere nella mia solitudine la sensazione di vuoto, ancora molto presente nel mio petto, mi avvolge. Socchiudo le palpebre lasciandomi cullare dalle gocce di pioggia che colpiscono il vetro, mi avvio alla finestra e osservo l'argento cascare e mescolarsi all'acqua della piscina.
Una goccia non può stravolgere le cose ma può cambiarle, penso.
Sono come una goccia d'acqua nell'oceano, mi dico.
Non posso cambiarlo ma forse posso migliorarlo. Con lui è tutto così inaspettato, ma non riesco ad accettare un amore diverso dal suo, il suo pensiero mi brucia corpo e mente e il suo calore, il suo odore, la sua voce, tutto di lui vive dentro di me. È ormai qualcosa che non riesco a fare a meno. Non voglio fare a meno di lui, chissà se per lui è lo stesso.
Mi spoglio lentamente e sfioro la cicatrice che riesce a toccarmi senza farmi piombare nei ricordi, l'ha baciata come se fosse un modo per curarla e l'ha accettata sul mio corpo come se fosse normale. Mi ha fatto sentire come mai in vita mia, mi ha fatto sentire amata e giusta. Pensare che lui rifiuta l'amore, mi rende confusa. Tutto quello che mi lega a lui è circondato da questo sentimento, rifiuta lui e rifiuta me, a quale scopo? A volte non riesco a stargli dietro perché le sue azioni vengono scaturite da momenti discordanti; è contraddittorio e irregolare. Ma la sua irregolarità mi attira come se fossi una falena con la luce, la sua contraddizione mi incastra nel suo mondo, la sua anima mi attira come una calamita, il fuoco che arde dentro di lui mi accende e allo stesso tempo mi annienta, i suoi modi mi avvolgono e mi imprigionano ma sono io stessa ad avere la chiave, sono io a chiudermi anche se lui mi prega di stare lontano dalla sua vita, da lui, dal suo mondo.
Infilo il pigiama di due, tre taglie più grande e avvolgo l'elastico per far si che non mi cada, indosso poi la maglia all'interno per coprirmi tutta. Mi corico sul materasso troppo duro, dopodiché, mi insinuo sotto le coperte pensando a dove si possa essere cacciato, al suo gesto di chiudersi in se stesso e scappare da me dopo la nostra discussione. Starà dormendo? Mi starà pensando? Vorrà sapere dove mi trovo? Mi vorrebbe vicina? Fisso il soffitto per un tempo indefinito; guardo il display del cellulare, i minuti passano ed io mi ritrovo a girarmi e rigirarmi nel letto senza prendere sonno. Guardo fuori ricordando le notti passate con lui, accanto al suo corpo caldo e mi rendo conto del fatto che non riesco più a dormire bene senza Christian accanto. Sospiro e mi alzo a sedere, mi strofino il viso tra le mani e soffoco un urlo per non farmi sentire. Mi domando spesso perché sto investendo il mio tempo, perché sto facendo questo e soprattutto mi chiedo se ne vale la pena. Cerco di convincermi del fatto che non ho bisogno di lui per stare bene, non ho bisogno di annientarmi per qualcuno che vuole che gli stia distante, e sono arrabbiata con la me che non riesce ad imporsi ma poi penso a questo noi che non riesce ad accettare ma di cui non riesce a farne a meno, e dentro di me si spinge una voce che mi regala la speranza di un inizio con lui.
Mi guardo le mani ritrovando tracce di mascara ancora presente sotto agli occhi, così mi alzo e lentamente apro la porta catapultandomi fuori dalla stanza. La pioggia sempre più forte scorre sulle nostre teste, il cielo urla e piange mentre noi ci ripariamo sotto i tetti per contrastare la sua ira. Chissà cosa starà provando... le sue pene sono quelle di un cielo in tempesta? Che forma hanno le sue ferite e cosa covano dentro? A piccoli passi mi avvicino alla porta del bagno ma mi soffermo davanti quella di camera sua, carezzo il legno liscio e stringo la mano a pugno per bussare ma mi blocco con la mano sospesa. Scuoto la testa e mi infilo velocemente in bagno chiudendo la porta alle spalle.
Socchiudo le palpebre sentendomi una ragazzina che ha scampato una strigliata, sbuffo staccando la schiena dalla porta e avvicinandomi al lavello, mi fisso allo specchio provando rabbia per il riflesso che vedo. Faccio per sfilare l'elastico e legare i capelli ma ricordo che lo ha Christian al polso, perché se lo tiene lì? Ha qualche significato per lui? Lo tiene perché gli ricorda me o il mio odore?
Stringo i denti e le palpebre cercando di scacciare le innumerevoli domande che mi divorano. Non ho risposte, non c'è forma concreta e mi sento destabilizzata. Lavo il viso con acqua bollente, la pelle si arrossa ma non percepisco davvero il dolore forse perché dentro di me c'è qualcosa che divora ogni mia sensazione ed emozione.
Mi osservo per altri pochi minuti ma dal riflesso noto che accanto alla porta che mi divide da Christian ci sono guantoni, pantaloncini e t-shirt gettati per terra. L'odore di muschio che mi investe diventa più violento non appena mi avvicino alla doccia, avrà fatto boxe? L'odore si insinua tra i miei sensi, stordendomi. Ci metto qualche secondo a riprendermi perché le sue parole si risvegliano ogni volta che le palpebre si sfiorano, ad ogni battito la sua voce riprende vita. Ha esclamato di avere paura, paura di farmi del male, pensa di non essere abbastanza per me?
"Forse hai ragione, ho paura di molte cose e quella principale è farti male"; "ho paura di essere come gli uomini della mia vita e non essere in grado di renderti felice come meriti".
Ha il timore che non potrei comprenderlo e a volte lo ho anche io, ma ho voglia di farlo, ho voglia di provare a decifrare ogni piccola parte di lui, partendo da quello che lo spaventa di più e mi spaventa di più, a quello che comprendo di meno.
Sospiro sentendo la testa voler esplodere, mi volto e faccio dei passi per uscire, desisto e torno indietro.
Poggio la testa sulla porta bussando senza pensarci, stringo gli occhi in due fessure e mi allontano dalla essa frettolosamente come se avessi preso la corrente. Sto per tornare in camera ma il suo odore si insinua ancora facendomi fermare. Poi, respiro rumorosamente, fisso per qualche altro istante la porta che mi divide da lui e busso  ancora non ricevendo però nessuna risposta. Sto per andare via quando percepisco un lamento provenire dalla camera, apro leggermente senza attendere e ritrovo la stanza nel buio completo, l'unica fonte di luce è quella proveniente dal bagno che illumina appena il letto.
Mi insinuo chiamandolo sottovoce: «Chris».
Piuttosto che ricevere una risposta un altro lamento mi fa rabbrividire. Faccio qualche altro passo cercando di individuarlo, ma soprattutto cerco di non cadere per il buio in cui incombe la stanza. Lo chiamo ancora ma colpisco contro qualcosa lasciato per terra, riesco a stento a stare in piedi e afferro l'oggetto tastando il pavimento. Lo stringo tra le mani, è un diario? Intravedo la scritta bianca, la citazione di Dostoevskij. Ci passo i polpastrelli sopra, e so che è sbagliato ma apro la copertina e sfoglio alcune pagine dove ci sono scritte che non riesco a leggere per la poco luce ma alcuni schizzi catturano la mia attenzione sorprendendo la mia curiosità: mani che si intrecciano bloccate da delle catene, serpenti, volti deformati, corpi con delle ferite, un cuore con tante frecce che lo trafiggono, occhi che lacrimano sangue. Giro le pagine e intravedo disegni che mi divorano l'anima, frazioni di secondo che mi confondono e mi costringono a perdermi dentro queste creazioni. Un lamento e poi un altro, alzo gli occhi sul letto e la sagoma di Christian si muove tra le lenzuola.
Poggio il diario sul comodino e lo chiamo.
«Christian sei sveglio?» Provo a dire quando ancora una volta un lamento più forte del precedente proviene dalle sue labbra.
Sta avendo un incubo? È rivolto a pancia in su con le mani lungo la vita, il petto nudo è perlato, sta sudando e lo noto anche dai capelli che sono appiccicati alla fronte. Lo scuoto per un braccio e provo a chiamarlo ma sembra non voler aprire gli occhi; un altro lamento e un sussurro impercettibile escono flebili dalla sua bocca e in un sospiro continua a dire frasi sconnesse.
«Christian mi senti?» alzo la voce ma le sue palpebre non vogliono schiudersi affatto.
Il suo corpo è rigido un po' come il mio; lo stato confusionale in cui mi trovo aumenta, non riesco a svegliarlo e provo a trovare una soluzione. Magari potrei chiamare Agnese, lo conosce, saprà come fare, mi dico.
Gli è già successo di non riuscire a svegliarsi dagli incubi?
Ancora un volta provo a scuoterlo mentre lui prende a dimenarsi come un'anguilla fra le lenzuola.
«Ti prego svegliati» lo scongiuro in tono lamentoso.
Mi sto preoccupando e non so come reagire.
«Non voglio guardare» strilla facendomi trasalire.
Cosa starà sognando? C'entra Andrea? Cosa non vuole guardare?
«Basta!» grida ancora ma questa volta, la voce si incrina.
«Non toccarla», ringhia mentre Morfeo lo stringe a se durante il sonno.
Ancora una volta provo a scuoterlo, la sua pelle umida è anche molto calda e la sua espressione sul viso sembra furiosa ma anche impaurita.
«Ho detto...NO!...Non puoi...» si sgola ma ben presto la voce diviene più sottile e più sofferente.
«Non...N-non voglio vedere, ti p-prego» dice come un bambino pronto a piangere.
Mi avvento su di lui nel panico, quando per l'ennesima volta non riesco a svegliarlo e le sue urla continuano a trafiggermi il cuore e l'anima.
«Christian svegliati ho detto» urlo anche io sopra la sua voce mentre i nostri lamenti diventano uno solo.
Salgo a cavalcioni sul suo corpo che ha smesso di muoversi per irrigidirsi ancora di più, continua però ad avere scatti e ad affondare la testa nel cuscino rifiutando qualcosa e chiedendo scusa sul crollo di un pianto. Dopo qualche tempo che mi pare infinito, piuttosto che urlare mi stringo a lui con forza e sussurro al suo orecchio per farmi sentire da quel briciolo di anima che tenta di svegliarsi, se ne è rimasta.
«Sono qui» inizio a dire lentamente mentre lui si dimena contro di me e più volte rischio di essere catapultata fuori dal letto.
«Ascoltami» mi stringo a lui con forza quando muove freneticamente la testa cercando di non darmi ascolto.
«Non sei obbligato a vedere niente, torna da me Christian. Torna da me.» mormoro cercando di non farmi coinvolgere dai sentimenti che mi farebbero piangere piuttosto che aiutare.
«Christian sono qui, sono io.» bisbiglio al suo orecchio.
Attimi infiniti di silenzio in cui non muove neanche un muscolo, se non fosse per il respiro irregolare penserei che stesse poco bene. Con le mani carezzo i suoi capelli appiccicaticci e continuo a sussurrare parole per calmarlo. Il mio corpo trema insieme al suo e i suoi lamenti continuano mentre io tento invano di svegliarlo. Mentre bacio la sua guancia umida, mi stringo di più a lui che continua a muoversi, così inizio a sussurrare senza pensarci la canzone che è riuscita a calmarlo tempo prima.
«When you feel my heat, look into my eyes...» bisbiglio con voce tremolante.
«No!» Esclama.
«It's where my demons hide, it's where my demons hide» continuo io accarezzandogli il viso ricordando il ritornello di una delle canzoni più belle che io abbia mai ascoltato.
«No» borbotta flebile.
«Don't get too close. It's dark inside... svegliati sono qui» mormoro e una mia lacrima bagna il viso di entrambi.
«Fede» ansima avvolgendo le sue braccia intorno alla mia vita.
«Si!» Esclamo continuando a sussurrare le parole della canzone.
«It's where my demons hide. It's where my demons hide» parlo sulle sue labbra mentre lui schiude le palpebre prima lentamente, dopo li spalanca e mi fissa con due diamanti spiritati.
Due pozze verdi miste al nero irrompono nel mio mondo impauriti, sono così profondi da venirmi difficile sostenere lo sguardo. Il suo respiro è irregolare, disumano. Si alza a sedere portandomi con sé al centro del letto.
«C-cosa... cosa ci fai qui?» Ansima confuso e scosso dal brutto sogno, senza però sciogliere la presa.
«Avevo bisogno di te e tu di me» rispondo con voce roca e speranzosa.
Lui mi fissa con quegli occhi che mi oltrepassano l'anima, un raggio di sole tra le nuvole del temporale, ogni parte di me prende vita insieme a lui. Quel verde mi imprigiona, luccica in questa tempesta.
«Non andartene, ti prego» mi prega mentre il suo corpo bollente trema.
«Non vado da nessuna parte!» dichiaro rassicurandolo.
Mi attira di più a sé, cingendo i nostri corpi già avvinghiati mentre le nostre bocche si cercano, si dedicano tutto il bisogno che hanno l'uno dell'altro. Un bacio pieno di passione, paura, desiderio ci invade. Il calore della sua bocca mi accende, la sua lingua mi accoglie e il suo corpo mi carezza le ferite. Si corica portandomi con sé, il suo cuore batte così forte da percepirlo attraverso le labbra.
Le mani viaggiano dando inizio a vere e proprie scariche lungo tutta la schiena. «Cosa mi stai facendo?» Domanda sulla mia bocca mentre mi bacia con trasporto e urgenza.
«Voglio salvarti da te stesso», ammetto senza volerlo.
Lui si scosta con il fiato corto e mi guarda per un tempo infinito senza battere ciglio, mi lecco le labbra perché vorrei ancora la sua bocca sulla mia, non mi piace questo distacco.
«Perché?» Mi domanda scostandomi delle ciocche ribelli dagli occhi.
«Perché cosa?» Chiedo a mia volta accarezzandogli il petto perlato dal sudore provocato dall'incubo.
«Perché stai facendo tutto questo per me?» Specifica ed io avrei solo una definizione da propinargli, poche sillabe per racchiudere tutto quello che sento, ma la sua paura verso questo sentimento mi fanno desistere.
«Voglio farlo Chris, voglio starti vicino. Ho bisogno di te per stare bene con me e tu hai bisogno di me per rimanere incollato alla realtà!» Dichiaro sincera con le guance in fiamme e un nodo alla gola per paura di quello che possa dire adesso.
Le sue mani mi prendono le guance e mi attirano a sé baciandomi ancora con forza, la sua esigenza di me sveglia la mia voglia di lui. Assaporo tutto il dolore e il desiderio che il suo corpo emana.
«Ne vuoi parlare?» Chiedo senza fiato quando prende a baciarmi il collo.
Stacca la bocca da me rimanendo qualche istante a pensarci e nel buio riesco a vedere appena le sue espressioni, quella linea che compare sulla sua fronte mi fa capire che è contrariato e a breve inizierà a scuotere la testa e svierà l'argomento.
«Preferisco non parlarne» mi dice deglutendo a vuoto.
«Okay» faccio passando una mano tra i suoi capelli umidi.
«Io... no-non riesco...» balbetta ma lo zittisco poggiando l'indice sulle sue labbra. «Non importa... però adesso devi provare a dormire» lo intimo mentre lui sospira ansioso.
Ha forse paura di rimanere bloccato in un altro incubo?
«Devi riposare anche tu» enuncia incastrando i nostri sguardi.
«Come puoi accettare questo?» Fa ancora scuotendo la testa scosso dai suoi sentimenti e dalle emozioni troppo forti.
«Non mi respingere» lo prego invece di rispondere continuando ad accarezzargli il viso.
«Chi ti ha mandato?» Continua con lo sguardo perso nel mio.
«Sarà stato il destino» mormoro con un debole sorriso sulle labbra.
«Non è mai stato clemente con me», esordisce pensandoci.
«Abbiamo tutti diritto ad una seconda possibilità, Christian».
Lui mi stringe ancora una volta a sé, il suo abbraccio è una richiesta di aiuto, sento ogni emozione trasferita nelle sue braccia avvolgermi tutta.
«Promettimi di non andare via», ribadisce in un filo di voce.
«Non lo farò», lo rassicuro ancora.
«Promettimelo» brontola, «promettimi che non scapperai da me» gli sento dire al mio orecchio e il suo respiro sulla mia pelle rimane impresso lì, come se avesse inciso quelle parole su di me.
«Te lo prometto», rispondo per poi aggiungere: «Ma adesso devi riposare».
Lui annuisce ed io faccio per scendere dal suo corpo ma mi trattiene tra le sue braccia.
«Rimaniamo così finché non mi addormento?» Fa lui ed io acconsento stampandogli un bacio casto sulle labbra.
Mi rannicchio con la testa nell'incavo del suo collo, e mi avvinghio a lui e al suo corpo che piano piano prende a calmarsi dall'incubo violento che lo ha assalito questa notte.
«'Notte piccola dea», borbotta stampandomi un bacio tra i capelli.
«'Notte Chris» sussurro dandogli un bacio leggero sul mento pensando al nomignolo che mi propina già per la seconda volta: dea.
«Mi piace Chris» mi fa notare, «Mia mamma mi chiamava così» continua accarezzandomi la schiena.
Non rispondo ma un sorriso spontaneo si fa strada sulle mie labbra, chiudo gli occhi e spero che le cose possano cambiare, possano migliorare e fargli capire che ha bisogno di me come io di lui.

****

Mi stiracchio sulla sedia del tavolo da giardino inalando l'odore di prato bagnato che aleggia nell'aria, ho il collo un po' indolenzito dalla notte trascorsa con Christian. Stare con lui a cavalcioni mi ha portato ad avere un dolore lungo tutta la schiena per via della posizione in cui ci trovavamo. Lui ancora dorme come un sasso e sono felice non abbia avuto altri incubi; l'ho osservato a lungo questa mattina prima di alzarmi, era bello da morire con la luce del sole che filtrava appena dalla tenda e illuminava il suo corpo da adone. I capelli scompigliati e ciocche ribelli dorate adornavano il suo viso dalla pelle liscia e morbida, mi ritorna in mente ogni particolare: l'accenno di barba perfettamente tagliata rendeva il suo aspetto più grande e mascolino mentre le palpebre sigillate con le ciglia lunghe e all'insù contrastavano il tutto dandogli un aspetto apparentemente angelico.
Il corpo, definito, a tratti colorato dall'inchiostro, la pelle punteggiata da piccoli nei e l'addome delineato dai muscoli adesso rilassati adesso contratti, mi ipnotizzavano e mi ipnotizzano ancora adesso mentre guardo il tavolo apparecchiato e la sua immagine diventa sempre più vivida nella mia testa. Il respiro, finalmente regolare e rilassato faceva muovere il lenzuolo che copriva dall'ombelico in giù. Mi mordicchio le labbra e cerco di scacciare un po' di quei pensieri peccaminosi che mi sfiorano la mente. Non credevo di poter fare questo genere di pensieri.
A volte mi sento come se gli altri potessero leggermi dentro e mi accorgo di arrossire come una ragazzina, tuttavia, la sagoma di Agnese che si muove agilmente dalla cucina al giardino fanno fumare l'immagine di Chris che mi tortura da quando ho lasciato il suo letto. Provo a non far notare il mio imbarazzo che comunque non potrebbe comprendere, tuttavia mi concentro a vedere Agnese preparare un mucchio di pietanze per la colazione e insisto più volte per aiutarla ma mi minaccia costringendomi a stare seduta.
«Agnese», la chiamo.
Si volta a guardarmi con aria serena aspettando che prosegui con la mia richiesta: «ma il signor Andrea farà la colazione con noi?» domando provando a prepararmi a cosa assisterò questa mattina.
«No, il signor De Luca si è alzato presto, ha fatto colazione, un po' di palestra e poi è uscito ad accompagnare Francesco alla sua gara di nuoto per poi passare in ufficio. Ma la signora Amelia sarà qui con noi tra pochi minuti» mi informa continuando a sistemare la tavola.
Alzo le sopracciglia, «Si alza molto presto» osservo ad alta voce pensando al padre di Chris.
«La sua sveglia suona sempre alle 5:46», spiega come se fosse una routine.
«5:46? Perché?» chiedo troppo curiosa.
«È una persona che ama organizzare le sue giornate» dice semplicemente andando in cucina, per poi ritornare dopo qualche minuto con un vassoio stracolmo di muffin al cioccolato e all'arancia.
«Passata una buona nottata?» Domanda lei osservando probabilmente le mie continue  smorfie di dolore mentre stiracchio il collo e lo sfrego con enfasi.
«Si, grazie», dico bevendo un sorso di spremuta fatta da lei, con le arance del suo piccolo orto che ama tanto promuovere.
«Il letto era comodo?» indaga ancora e capisco dove voglia andare a parare.
Le sorrido un po' in imbarazzo e declino la voce nella mia testa che mi intima a mentirle e rispondo invece: «Ho dormito con Christian, ma non è colpa del letto ma della posizione», spiego e la sua faccia sorpresa mi fanno ripensare alle parole dette. Strabuzzo gli occhi e le mie guance si colorano di un rosso fuoco.
«Non intendevo dire... cioè, no-non intendevo dire che... io... non... cioè non abbiamo fatto niente» balbetto nel panico gesticolando freneticamente.
La sua faccia divertita mi fanno sentire ancora più a disagio e mi faccio piccola piccola mentre lei trattiene a stento una risata.
«Non preoccuparti Federica, sono felice che abbiate dormito insieme. Sei la prima ragazza che dorme nel suo letto!» dichiara e vorrei chiedere come lo sa ma evito perché so che me ne pentirei.
Sorrido ancora ma il mio abbozzo si spegne quando dice: «Non è facile dormire con lui, soprattutto quando i sogni diventano violenti».
Lei sa dei suoi incubi? Pare leggermi nella mente e infatti esordisce con: «Quando era piccolo faceva brutti sogni tutte le notti e a volte più di uno, era difficile calmarlo ma col tempo ha imparato a gestirli e sono felice che capitino meno frequentemente ma a volte sono molto violenti, prima dormivo con lui, ma adesso non vuole neanche più parlarne. Evita sempre il discorso ed è difficile provare a capire cosa prova o cosa sogna. Ma sono davvero contenta che ti abbia lasciato dormire con lui, l'ho sentito questa notte ma per fortuna c'eri tu...».
«Quando ero più piccola ho avuto anche io degli incubi dovuti ad un incidente e dopo di me anche mio fratello ne ha subìto e ancora oggi gli capitano. Non ho mai visto persone però vivere situazioni come quelle di Christian, a volte penso che non riuscirei a sopportare quello che passa ogni giorno e mi sento in colpa quando non so o non riesco ad aiutarlo, ma poi mi convinco che in qualche modo standogli vicino posso contrastare queste emozioni e farlo stare bene... almeno per un po'» cinguetto fissando i suoi occhi grigi.
«Sei una bella persona Federica, meriti l'amore di Christian, quell'amore che hai assaggiato poco. Lui è una persona estremamente enigmatica, difficile da capire e a tratti ingestibile. Lui non ama, lui vive per quella persona. Lui dona la sua anima e il suo cuore. Per questo ha bisogno di essere capito, ma soprattutto accettato.»
Annuisco ascoltando i suoi consigli, Agnese lo conosce meglio di chiunque altro, perché lui si è fidato di lei e le ha fatto vedere com'è realmente. Conosce anche i lati più oscuri, che io vorrei che mi svelasse ma dal un lato vorrei che fosse lui a parlarmene.
«Quando era più piccolo ha fatto degli errori per riuscire a sopravvivere, si è lasciato corrompere da quella parte oscura di sé e questo lo porta a giudicarsi ogni giorno perché si sente sporco, ma la verità è che ha bisogno di perdonarsi e amarsi, ma... solo una persona come te può fargli capire che una seconda possibilità può aiutarlo a salvarsi dai suoi stessi demoni» mi dice accendendo in me una speranza che pensavo di non avere più, dopo le innumerevoli parole di Christian che hanno spento quel sentimento.
«Perché si odia così tanto? Cosa ha passato per diventar...» sto dicendo quando dei passi e lo sguardo complice di Agnese mi intimano a fare silenzio.
Appare il magnetico incasinato con l'espressione assonnata e uno sguardo sorridente sul viso, è di buon umore anche dopo quella nottata.
«Stavate parlando, o dovrei dire sparlando di me?» chiede avvicinandosi al tavolo per osservare il cibo preparato da Agnese.
«Ma buongiorno anche a te, dormiglione» lo prende in giro lei mentre Chris afferra un cornetto e lo addenta divorando la metà in un solo boccone.
Dopodiché, mi guarda per un istante, per una frazione di secondo penso di aver distrutto il suo buon umore con la mia presenza, ma subito dopo stenta un sorriso dolce che arriva fino agli occhi verdi e lucidi come due pozze d'acqua. Si siede difronte a me — non prima però di aver stampato un bacio sulla guancia di Agnese — finisce il suo cibo e continua a fissarmi mentre la donna più dolce del mondo gli propone diversi menù per il pranzo.
«Quello è un mio pigiama di quando avevo circa quindici anni» mi informa ed io mi guardo il pigiama indosso con gli scacchi, che fino ad adesso avevo poco calcolato. Carezzo la stoffa pensando al fatto che sto indossando qualcosa di suo senza saperlo.
«Carino», commento facendo sentire la mia voce solo adesso da quando ha messo piede in salotto.
«Che programmi hai per la giornata?» mi domanda prendendo adesso un muffin al cioccolato.
«Io?» chiedo a mia volta per essere sicura che stia parlando con me.
Chris annuisce ed io mi guardo intorno in cerca del suo malumore che arriverà presto, ma mi godo il suo bel sorriso così ci penso su e dico: «be' devo andare in stazione a prendere mia madre e mio fratello».
Alza le sopracciglia mentre scarta la carta dal muffin e raccoglie qualche briciola dal piatto infilandola in bocca.
«Vuoi che ti accompagni?»
«Non preoccuparti, avrai altro da fare, ci andrò con mio zio Adam» spiego strofinando le mani visibilmente nervosa.
«E per pranzo?» insiste addentando la sua colazione.
Agnese ci raggiunge con delle tazze, posa uno davanti a Christian e l'altro ad un posto vuoto.
«The verde hai detto?» fa lei indicandomi.
Annuisco e la ringrazio con un segno del capo mentre lei sparisce nuovamente in cucina.
«Quindi?» mi canzona impaziente.
«Quindi cosa?»
«Per pranzo...» ribadisce bevendo un sorso della sua bevanda preferita.
Sento il caramello da qui e vorrei chiedergli di farmela assaggiare ma lascio perdere e trovo una scusa per declinare.
«Preferisco tornare a casa, devo sistemare e fare una doccia prima di partire».
«Capisco!» esclama senza insistere, non sembra neanche lui.
«Perché non mangi?» continua ancora.
«Aspetto il the e Amelia, arriverà a momenti» quando credo che il nome della sua "matrigna" potrebbe infastidirlo, lui invece esordisce con: «Allora aspetterò anch'io».
Aggrotto la fronte e lo guardo titubante mentre ripone il suo muffin sul piattino in ceramica e si mette a braccia conserte.
«Ah! Volevo darti una cosa...» brontola alzandosi in piedi e sparendo per qualche minuto, quando ritorna nella mano destra ripone qualcosa che prima di sedersi fa cadere sulle mie gambe. Sono tre cioccolatini del Cake Village, il negozio di dolci di Lea. Ha preso questi cioccolatini per me?
«Non mi hai detto quale preferisci così te li ho presi nuovamente tutti e tre!» dichiara bevendo un altro sorso della sua bevanda preferita.
Osservo i cioccolatini a forma di margherita e guardo la farcitura dietro sapendo benissimo qual è il mio preferito: «Bianco con arachidi, al latte con caramello ed infine fondente con riso soffiato» leggo ad alta voce ringraziandolo alla fine per il gesto.
«Mi sono piaciuti tutti e tre, ma ho preferito...» dico quando lui mi interrompe finendo per me: «Indovino io... hai amato il bianco perché ami gli arachidi però ti piace anche il fondente perché preferisci il cioccolato fondente a quello bianco, però quello a latte è anche buono perché dopo aver assaggiato questa bevanda hai rivalutato il caramello... giusto?» spiega conoscendomi più di quello che pensavo.
«Mh... ma non mi hai detto quale ho preferito in assoluto» gli faccio notare.
«Probabilmente avrai preferito il fondente perché mangi cioccolato in una quantità disumana».
Lo guardo scioccata mentre lui se la ride.
«Come fai a saperlo?».
«Ho imparato a conoscerti Federica, sei un libro aperto per me», sentenzia fiero di sé.
«Non sentirti troppo vincente... Non ho preferito il fondente ma da come li ho assaggiati ho un debole per quello al latte».
«Oh» fa sorpreso.
«Meglio, ho vinto doppiamente perché senza di me non avresti rivalutato il caramello», risponde in un sorriso.
«Hai sempre la risposta pronta tu, eh» cinguetto spazientita.
Lui si stringe nelle spalle ma prima di poter replicare la figura elegante e slanciata di Amelia ci regala il suo buongiorno raggiante, palesandosi in un abito nero molto semplice, decorato solo da una collana di perle così pesante alla vista da ricordarmi il mio male al collo.
Christian sorprendentemente ricambia con un cenno del capo e un abbozzo mentre io le rispondo un «Buongiorno» seguito da un sorriso timido.
«Fate colazione?» chiede retoricamente.
«La stavamo aspettando», faccio sentendomi come una corda di violino pronta a staccarsi.
«Oh, grazie. Mi accomodo con voi allora» dice guardando anche Christian in attesa di conferma.
Lui non replica ma annuisce quando lei rimane in piedi facendoci piombare per qualche instante in un silenzio imbarazzante.
«Dammi quel tu» mi ricorda non appena prende posto dove è poggiato il suo bicchiere di centrifuga.
Poco dopo arriva anche il mio the e riempio il mio piatto di buon cibo preparato dolcemente da Agnese, provo un po' di tutto ma mi riempio subito dopo un muffin e una omelette. Stranamente la colazione va bene e Christian sembra partecipare anche alla conversazione che avviene tra me e Amelia. Risponde quasi a monosillabi ma riesce a non cambiare radicalmente umore e a mangiare senza sbraitare per tutta la durata della colazione.
Poi, dopo aver convinto a stento Agnese ad aiutarla a sparecchiare e aver salutato Amelia che si è diretta velocemente in ufficio, mi rifugio in camera per cambiarmi.
Scrivo a mia madre e a Charlotte mentre mi sistemo velocemente — tanto tornata a casa mi sarebbe aspettata una doccia bollente per rigenerare la mente e ripensare a tutto quello che è successo —, così, dopo essermi presa qualche minuto a capire il comportamento di Christian spalanco la porta per scendere di sotto ma la sua sagoma mi invade facendomi vacillare. Indietreggio di un passo mentre lui rimane a osservarmi in silenzio.
«Non volevo spaventarti» mi dice.
«Tranquillo, sto bene», faccio guardandomi intorno.
«Vai via?» mi domanda ancora.
«Credo di sì, ho alcune cose da fare».
l'imbarazzo mi inghiotte, mi sento così nervosa sotto al suo sguardo attento.
«Cioè?» fa lui ma dalla sua espressione noto il pentimento della domanda.
«Te l'ho detto, devo andare a prendere mia madre alla stazione».
Lui annuisce e si sposta per farmi passare.
«Cosa hai fatto al collo?» Continua con le domande senza dirmi davvero perché è qui.
«Avrò dormito male» rispondo mentre si mordicchia le labbra nervosamente.
«Devi dirmi qualcosa?» chiedo provando ad arrivare al punto ma lui scuote la testa.
«Bene» mormoro dirigendomi di sotto.
«Federica, aspetta» mi chiama ed io mi blocco seduta stante, mi ruoto verso di lui e lo fisso, fisso il suo corpo e mi rendo conto di non averlo mai visto così, come se fosse quasi a disagio, come se fosse in difficoltà.
«Volevo... volevo chiederti scusa».
Aggrotto la fronte. «A me?» domando sorpresa.
«Non è colpa tua se mi fa male il collo» dico fissandogli il petto.
«No, parlavo per ieri... per quello che è successo! E volevo ringraziarti per essere rimasta con me tutta la notte e non essere andata via».
«Chris» faccio dei passi per raggiungerlo ma comunque mi tengo distante per riuscire a ragionare.
«Ti ho già detto come la penso. Io non andrò mai da nessuna parte ma finché non ti fiderai delle persone tutto questo sarà difficile per me. Non puoi respingermi e venire a prendermi quando ne hai voglia, non sono una marionetta o qualcuno con cui puoi giocare. Puoi non amarmi, puoi anche volermi evitare ma non mi impedirai di aiutarti... devi però accettarmi nella tua vita, sennò io non potrò mai farne parte come vuoi tu, perché così mi fai male. Voglio che tu sia sincero, non devi aver paura di me o di essere giudicato da me», dico sinceramente e lui storce le labbra e si stringe nelle spalle come un bambino colto in flagrante mentre mangiava troppe caramelle.
«Sono un idiota che spesso si contraddice, ma l'unica cosa che voglio è che tu non ti senta costretta a starmi vicino».
«L'unico che mi costringe a fare qualcosa che non voglio sei tu. E mi costringi a starti lontano, quando io desidero il contrario».
Ci vogliono due passi per arrivare da me e lui sembra volerli annientare e precipitarsi ma rimane immobile.
«Perché non sei scappata via quando hai capito che era difficile svegliarmi?» mi domanda come se questo lo tormentasse.
Adesso però sono io ad avvicinarmi, elimino la distanza che c'è tra noi e da qui riesco a sentire il suo odore che prima sembrava aleggiare nell'aria leggero.
«Perché io non riesco a vederti stare male Christian, ho la necessità di curare la tua anima anche se tu mi respingi, ho la necessità di leggere il tuo mondo. Ho avuto tanta paura... ma come pensi che io potessi lasciarti lì a patire qualcosa più grande di te, so cosa si prova a rimanere incastrati, ed io avevo bisogno di te come tu di me, volevo che tornassi da me. Volev...» dico e non mi lascia concludere perché mi attira a sé, mentre le nostre bocche si toccano ancora, e ancora e ancora.
Non mi stancherei mai di assaporare queste labbra carnose e se avessi fiato direi di aver bisogno sempre di questi baci, di questa passione.
«Non ti chiederò più di starmi lontana, ma non voglio che ti pentirai di questa scelta».
«Non accadrà» dico e mi lascio trasportare da un altro bacio.
Dopo minuti che però non bastano mai, scendiamo di sotto e lo convinco a lasciarmi andare a piedi a casa.
«Chiamami quando arrivi».
«Lo farò», dico rivolgendogli un sorriso.
«Tu sei sicura di volere andare da sola? Vestita così?» Borbotta osservandomi da capo a piedi.
«Si! Sono sicura... è in pieno giorno, non mi succederà niente», lo rassicuro per l'ennesima volta.
Lui annuisce, ma prima di lasciarmi andare mi attira a sé stampandomi un bacio sulla bocca e poi sulla fronte.
«Ah, prima di andare... questa sera c'è la festa a casa mia. Vieni vero?», mi chiede.
«Ci penserò» scimmiotto abbozzando un sorriso.
Lui mette il broncio e mi guarda con occhi da cane bastonato.
«Vuoi che venga?»
Annuisce.
«Va bene, ma adesso devo andare!» esclamo.
Lui mi rivolge un sorriso tutto denti e dice: «perfetto a dopo, e metti il vestito viola».
«No» rispondo uscendo in giardino.
«Non era una richiesta infatti, a dopo!» dichiara chiudendo la porta per evitare di farmi fare polemica.
Questo ragazzo mi farà ammattire e forse ci è già riuscito, ma più passano i giorni e più mi accorgo di non riuscire a fare a meno della sua vicinanza.

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