La Forma del Destino

Af Marikaapoliti

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*Completa* Un carattere introverso, una realtà che non le appartiene e un nuovo inizio. Federica ha vissuto d... Mere

PROLOGO
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Ringraziamenti

Capitolo 29

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Af Marikaapoliti

CHRISTIAN

Leggo per la seconda volta il messaggio di Federica e mi ritrovo a sorridere come un coglione. Mi fisso allo specchio della palestra e non riconosco più le azioni che faccio, non riesco a controllare quello che sta succedendo. So che Federica nella sua innocenza mi fa sentire come nessuna mai, e ripensando a ieri sera ogni particella del mio corpo si estende e rivive ogni singolo momento ma so che questo non durerà. La sua immagine mentre mi stringe mi induce a chiudere gli occhi, inalo sentendo l'odore di vaniglia sulla sua pelle, mi avvolge tutto e la sua anima così pura e delicata si insinua leggendomi dentro. I suoi occhi color cobalto mi leggono, ho paura di quello che possa vedere, la mia anima corrotta e sporca potrebbe compromettere la sua. Non trovo un briciolo di cattiveria in quel giardino immacolato, così chiaro e delicato. Sto sbagliando, e lo capirà presto. Mi impongo di starle distante ma puntualmente mi ritrovo davanti a lei, senza riuscire a evitare il suo tocco.
Non mi è mai successa una cosa del genere, non trovo stimoli incontrando gli occhi dei passanti e ad ogni anima mi ritrovo a ripudiarla come faccio con la mia. Sento la cattiveria scorrere nelle loro vene e la loro mente usa ogni mezzo per ottenere qualcosa. Nessuno fa qualcosa senza ottenere in cambio dell'altro, eppure, Federica non sembra voler niente da me se non il mio amore che però non potrò mai darle.
Non mi conosce, non sa il mio passato e non conosce tutte le cazzate che ho fatto. Se sapesse di Nicole probabilmente non vorrà più vedermi, non vorrà più parlarmi e non la biasimerei.
I demoni sin da piccolo hanno corrotto ogni viscera del mio corpo e nessuno ha tentato di comprendere quanto cercassi di riemergere per sopravvivere, tuttavia, mi sono lasciato andare in questa pozza chiamata inferno; ho accettato il mio destino e ciò che ne comporta. Ma lei no. Lei non può vivere il mio dolore, non può entrare dentro di me perché non posso rischiare di farla soffrire. Ho provato in tutti i modi a tenerla distante da me, ho tentato di seguire la mia stessa routine di ogni weekend ma il suo volto e il suo profumo di vaniglia, il suo sapore di menta mi bloccano. Ogni ragazza che provo a baciare o portarla a letto, non rispetta più i miei piaceri. Non hanno lo stesso odore e la pelle morbida e candida, non hanno le sue piccole mani mentre mi stringono i bicipiti, o ancora, piccoli puntini dorati che colorano il loro corpo dando l'aspetto di una dea, i suoi occhi velati da imbarazzo e piacere mentre mi fissano. Quel mare mi invita ad entrarci dentro ma non posso farlo, non posso permettere che lei entri nel mio mondo.
«Amico» la voce roca di Carlo entra nella palestra di casa mia.
Mi volto rendendomi conto di essere rimasto per circa venti minuti a fissare il mio riflesso e pensare a Federica.
Gli rivolgo un gesto del capo mentre lui sistema la sua roba accanto ad una panca per gli addominali.
«Che fine hai fatto? Ieri sei sparito», mi dice sfilandosi la maglietta.
Lo faccio anch'io e comincio ad avvolgere la bende intorno alle mani con lentezza senza rispondere.
«Chi è stata la fortunata questa volta?» sogghigna seguendo i miei stessi movimenti.
«Non ricordo il nome» mento abbozzando un sorriso.
Lui alza le sopracciglia e mi informa di aver passato la serata al Joyce con Ted e stecco ma di non essermi perso niente.
«Meglio così» esordisco senza guardarlo negli occhi.
«C'è qualcosa che devi dirmi?», fa lui avvicinandosi al sacco da boxe.
Scuoto la testa assumendo la mia espressione da indifferente e incitandolo ad iniziare.
Il nostro riscaldamento inizia col dare qualche pugno al sacco nell'attesa di continuare con Giordano, il mio personal trainer.
Rimaniamo in silenzio per qualche minuto concentrarti al sacco, la mia mente viene compromessa di nuovo dallo sguardo di Federica. Da quando c'è lei non riesco più a dormire da solo, non che prima io riuscissi a riposare, ma averla accanto mi induce una calma insolita, mai provata prima e riesco a ridurre i miei incubi.
«Sei pensieroso» mi riscuote dai pensieri mentre sferra dei pugni.
«Sono sempre io» dichiaro atono.
«Si, ma con dei pensieri in testa» mi incalza.
So dove vuole andare a parare e so che vorrà farmi il terzo grado per qualche questione. Non credo che parlerà di Federica, nessuno sa nulla di noi. Suona tremendamente strano dirlo, e sento una sensazione alla bocca dello stomaco propagarsi fino al centro del petto.
Prendo il suo posto, continuo a sferrare colpi concentrandomi sul sacco che piano piano diventa il volto di Tommaso, il compagno di mia madre; per poi trasformarsi in quello di mio padre. Non so dire chi mi faccia più schifo ma ad ogni modo vorrei spaccare la faccia ad entrambi. Non hanno il potere su di me adesso, e questo mi fa sentire meglio. Non possono abusare dell'innocenza di un bambino che non può difendersi. Non possono avere il potere sul mio corpo e non possono più decidere quando tapparmi la bocca e impedirmi di respirare.
La voce di Carlo si diffonde nella mia testa risuonando come un campanello, la vista ritorna nitida e il bianco latte del sacco ritorna ad essere davanti ai miei occhi.
«Christian» mi chiama.
Rallento i colpi vedendo il suo viso accanto al sacco e le sue braccia tenerlo con forza, per attutire i pugni sferrati.
«Calmati», mi dice con tono comprensivo.
Lui è l'unico a conoscere il mio passato e a capirmi come non potrebbe fare nessuno, neppure la piccola e innocente Federica.
Saprei già quali sarebbero le sue parole: «Perdona e lasciati il passato alle spalle» ma come può capire che porto ancora le immagini di mia madre mentre si prostituiva e la violenza di Tommaso mentre la costringeva a farlo. Come può capire che quando chiudo gli occhi rivivo i colpi e riesco a percepire ancora il dolore. Non so cosa abbia vissuto lei e se quella cicatrice che porta le causa gli stessi dolori ma, riemergere dopo aver vissuto una vita a sopravvivere e ad essere soppresso dal fantasma di Tommaso e alla presenza di mio padre non è facile né possibile.
«Sono calmo, mi sto solo scaldando... non fare la femminuccia» lo provoco dandogli un'occhiata di sbieco.
«Io sono pronto dai... vuoi aspettare Giordano così non posso metterti Ko?» continua lui facendomi scorrere l'adrenalina nelle vene.
«Bene, cominciamo allora» faccio indietreggiando per guardarlo meglio.
Ci guardiamo, seri facendo piccoli passi l'uno verso l'altro, come due leoni in gabbia pronti ad azzannarsi. Non gli do molto tempo poiché mi avvento su di lui mettendolo subito al tappeto.
Il suo corpo agile e atletico mi stringe il bacino provando a farmi capovolgere di schiena ma sono più forte e massiccio di lui. Quindi per i primi minuti gli viene difficile reagire. Mollo leggermente la presa facendolo alzare e dopo qualche saltello mi copro per schivare un suo colpo.
«Allora non vuoi dirmi cosa ti passa per la testa? Da quando hai segreti con me?» mi fa provocatore.
Lo guardo un secondo negli occhi, dopodiché, sferrò uno pugno a vuoto. Sto perdendo la concentrazione e questo interrogatorio mi agita.
«Cosa facevi quella mattina dopo la tua festa con Federica? Siete sparati poco dopo» sta cercando di farmi incazzare e ci sta riuscendo.
Inalo a lungo e dico vago: «Aveva bisogno di un passaggio».
«Sembravi piuttosto incazzato, e poi Michael è rientrato con una faccia piuttosto scossa» continua lui provando a colpirmi allo stomaco.
Con un gesto veloce schivo il suo colpo e glielo restituisco prendendolo in pieno petto.
"Quella faccia gliel'avrei spaccata", avrei voluto dire ma mi zittisco fermandomi per aiutarlo a rialzarsi.
«Christian sta attento a ciò che fai» mi avverte puntandomi il guantone blu notte contro.
«Lei non è niente per me» dico e le parole escono bruciandomi la lingua come se mi sforzassi troppo per dirle.
Ricomincio a muovermi saltellando sulle gambe ma lui rincara la dose sussurrando: «Devo ricordarti cosa è successo con Nicole?».
Il quel momento la mia testa subisce un fallo, stralci del mio passato ritornano a farmi visita e come un conato sento una brutta sensazione ritornare fino al cervello e annebbiare tutto.
Ricordo Nicole e ricordo la prima volta che l'ho vista; aveva lo stesso sguardo spaesato e innocente di Federica ma non sentivo nient'altro che rabbia e una profonda voglia di divertirmi e far provare un po' a quella purezza la mia aura sporca e contaminata.
Non mi importava di cosa stesse provando e non ricordo appieno quello che è successo, tutto è andato troppo veloce e il suo corpo stremato steso per terra mi fissa ancora con occhi semichiusi e spenti.
Ho cancellato la sua innocenza senza rendermene conto, ho preso la sua pura vita e l'ho calpestata ma non ho sentito il pentimento che avrei dovuto. Mi sono sentito come Tommaso quando mi picchiava e eliminava piano piano quel poco di calma che aleggiava nella mia anima.
E poi, improvvisamente lo sguardo deluso di mio padre che mi ricordava cosa avesse sbagliato per meritare un figlio come me, la sua immagine è così nitida davanti ai miei occhi da farmi trasalire.

«Ho fatto solo quello che mi hai insegnato» ringhio appena varcata la soglia di casa.
«Abbandonare e deludere» aggiungo quando il suo sguardo diventa furente.
Sbatte la porta alle sue spalle correndo l'attimo dopo come un randagio verso di me, prendendomi dal colletto della polo bianca.
Fisso i suoi occhi lucidi e vuoti, esattamente come i miei e ringhia con tutto il veleno che ha in corpo: «Ringrazia se quella ragazza sopravvivrà, non ti caccerò più dai casini in cui ti metti Christian. Questa è l'ultima volta che rimedio ad un tuo danno, se fai qualche altra bravata come questa, ti spedirò...» si blocca senza concludere la frase.
«Dove vuoi spedirmi caro papà? Da mia madre che hai lasciato morire per via del suo amato compagno? Oppure vuoi richiamare gli assistenti sociali e portarmi via anche da qui? Eh? Decidi tu? Mi faresti solo un grandissimo favore» urlo a denti stretti.
«Dovresti ringraziarmi... vivevi in una bettola con tua madre che faceva la prostit...» questa volta non lo faccio concludere volontariamente perché il mio pugno è già arrivato all'altezza della sua faccia da imprenditore del cazzo.
Mi avvento sul suo corpo colpendo con foga e gridando con tutta l'aria che i miei polmoni hanno deciso di concedermi: «Non devi neanche nominarla, tu l'hai abbandonata e hai abbandonato anche me e hai deciso di lasciarla morire. Hai uccido mia madre, l'hai uccisa ed io adesso ucciderò te!».
Un urlo mi riscuote dalla mia incontrallata rabbia ma i miei pugni decidono di continuare a colpirlo, pur avendo sedici anni la mia forza risulta raddoppiata per via del pugilato che pratico da ormai cinque anni e dall'odio che riverso verso quest'uomo. La rabbia mi acceca e mi rende ancora più forte, alzo gli occhi sull'origine del lamento strozzato e un tailleur color panna si avvicina con passo svelto e preoccupato.
Mio padre mi afferra i polsi gettandomi di peso sul pavimento di marmo bianco, mi stringe le braccia mentre continuo ad urlare tutto il mio odio.
La donna si rivela essere la compagna giovane di mio padre con il suo visino perfetto e con la finta espressione di rammarico sul viso.
«Andrea cosa succede?»
Mio padre mi tiene ancora bloccato con la mano sinistra i polsi e con l'altra si pulisce il sangue colato dal labbro inferiore.
«Va in camera Amelia, è tutto okay... ora arrivo!»
«Si Amelia, va in camera così poi il mio paparino verrà a scoparti mentre il suo figlioccio malato distrugge la vita delle altre persone» strillo in un sorrisino cattivo provando a divincolarmi dalla sua presa.
«Bada a come parli, ora va in camera tua domani parleremo di quello che hai fatto e proverò a sistemare senza creare scandali».
Fingo un broncio. «Giusto! Non possiamo rovinare il buon nome di Andrea De Luca, che cosa dirà la stampa a riguardo? Figlio dell'imprenditore Andrea De Luca arrestato per aver...», sbraito ma lui mi zittisce impedendomi di completare la frase.
Sto per ribattere quando di colpo una voce mi chiama: «Christian» «Christian»...

«CHRISTIAN»
Sono a cavalcioni sul corpo di Carlo mentre lui si copre con le braccia per attutire i miei colpi.
Sgrano gli occhi e mi allontano da lui il più possibile, non mi ero accorto di aver perso il controllo.
Giordano di solito monitora il nostro allentamento per costringermi a rimanere vigile.
«Carlo, scusa» arranco rabbrividendo improvvisamente.
Respiro a pieni polmoni, lo specchio riprende il mio riflesso sudato, con i capelli appiccicati alla fronte e l'espressione sconvolta sul viso.
«Gli incubi?» domanda alzandosi in piedi.
Scuoto la testa per riacquistare lucidità ripetendo più volte: «Scusa».
«Non preoccuparti amico» mi fa avvicinandosi a me, mettendomi una mano sulla spalla.
«Non avrei dovuto provocarti!» sibila fissando il pavimento.
Non rispondo perché ha ragione, sa che ricordarmi cosa è successo con Nicole mi manda in blackout e ancora di più ricordando me da piccolo.
«Federica sa di Nicole?» mi chiede.
«No!» affermo repentino.
"Se lo sapesse non vorrebbe più vedermi" vorrei aggiungere ma rimango in silenzio.
«Non so cosa ci sia tra voi ma deve saperlo, non perché tu potresti fare la stessa cosa con lei ma semplicemente perché potrebbe scoprirlo da terzi e da come ho potuto dedurre il trio è ritornato, Michael è interessato a lei»
Udendo il suo nome un brivido accompagnato da una rabbia accecante sembra fare capolino dentro di me.
«E sappiamo tutti di cosa è capace Michael.» aggiunge alzando le sopracciglia.
«Stalle alla larga finché sei in tempo Chri, lo dico per te e per lei! Le abitudini del passato potrebbero ritornare e dopo quella festa... lo scontro che hai avuto con Michael ne è stato la prova».
Annuisco controvoglia perché ha ragione.
«Nic...» continua ma si blocca subito.
Poi ci riprova: «Lei è stato uno sbaglio, eri incazzato col tuo passato e punivi tutta l'innocenza che incontravi come se volessi riacquistarla o assorbirla da quelle ragazze o semplicemente eliminarla dal mondo» sussurra.
«La loro era un'innocenza apparente, tutti siamo corrotti...» rispondo senza pensarci.
Ma dentro di me una vocina mormora: tranne Federica.
«Lo pensi anche di Federica?» mi domanda come se fosse la mia terapeuta.
Non rispondo.
«Bene. Questo ti fa capire che devi essere chiaro, lei è solo sesso o altro?» continua a farmi domande che mi destabilizzano.
«Lei non è niente Carlo, l'avrò baciata due volte per pura casualità. È come tutte le altre, non mi importa di lei!» gli dico.
«Possiamo continuare adesso?» domando sentendo un forte dolore alla bocca dello stomaco e uno smarrimento dentro la testa.
Lui assente ma questa volta sono io quello al tappeto, senza che lui però abbia mosso un muscolo.

Fortsæt med at læse

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una storia sulla ship migliore di questa edizione, sarah x liljolie. non credo abbia bisogno di una descrizione, le conoscete fin troppo bene