Libro 1: 10) Carcere telefonico

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Questo non me l'aspettavo... Ho trovato un sacco di gente che era venuta per quel colloquio di lavoro al call center della Wind vicino San Giovanni. Erano minimo una ventina di persone parevano essere molto più grandi di me.

"Quanti trentenni e quarantenni ci sono?", mi chiesi. Non volendo dare nell'occhio, aspettai il mio turno per il colloquio in disparte, cercando di ascoltare i discorsi degli altri. Si, sono un impiccione... Molti di loro parlavano di progetti che avevano in mente di finire, mentre altri spiegavano che cercavano un posto part-time dato che erano prossimi alla laurea.

"Trenta-quarant'anni e ancora non si sono laureati?", pensai con stupore. Io non avevo in mente di iniziare l'università ma, semmai l'avessi incominciata, non l'avrei mai fatto a trent'anni o non c'avrei impiegato una decade. Non sono così lento e un pizzico di intelligenza la tengo pure io... Certo, il culo mi ha aiutato spesso al liceo, ma è pur sempre un'abilità da sfruttare, la fortuna.

"La fortuna aiuta gli audaci", si dice. Beh, io non mi sono mai tirato indietro per un'interrogazione, anche perché le giustifiche me le giocavo troppo presto e non volevo prendere un due a occhio. Andavo spavaldo con l'aria di chi aveva studiato e spiccicavo due o tre parole per argomento. Ammetto che qualche volta mi sono beccato qualche cinque... Ma pur sempre meglio di un due.

«Leonardo Lupo!»

Mi chiamarono all'improvviso, proprio durante il mio viaggio mentale nel ricordare i "bei" momenti del liceo. Entrai nella stanza del capo, un uomo di mezz'età con barba nera incolta e senza capelli. La sua camicia, ben stirata e curata, denotava la presenza di una donna nella sua vita. Forse sua madre, data la mancanza di una fede al dito o di foto di ragazze sulla scrivania.

"Quarant'anni e questo sta senza moglie o ragazza... A Taranto sarebbe stato deriso come zitello da mezza città.", pensai ridendo tra me e me. Purtroppo, nei paesi del Sud, se non ti sposi prima dei ventisei anni, hai qualche problema. Nonni, parenti e genitori provano in tutti i modi di chiederti se sei fidanzato sin dai primi anni della pubertà, proprio perché hanno paura che il ragazzo-ragazza rimanga solo-sola negli anni "meno appetibili" della vita... Che secondo loro iniziano dopo i venticinque anni. Mi faceva un certo senso vedere mie amiche del liceo che si sposavano o venivano messe incinta alla mia età. E io, che non ero fidanzato, mi sentivo quasi un recluso a Taranto. Ma non ho mai presentato una delle mie ragazze a mia madre per timore che se le mangiasse. Non è molto socievole e ha la tendenza a litigare con chi non le piace... E anche con chi gli le piace, a volte.

«Bene. Io sono Gabriele Sarti, il direttore di questo magnifico ambiente lavorativo. Non ti dispiace se ti faccio qualche domanda?», mi chiese l'uomo con tranquillità e sicurezza.

«Certo...»

Otre alle solite domande "Hai avuto esperienze lavorative in passato?" o quelle anagrafiche, mi fece una domanda che trovai... Strana.

«Perché hai intenzione di lavorare con noi?»

"Perché non ho un cazzo da fare dalla mattina alla sera e ho paura di mia madre.", mi sarebbe piaciuto dirgli. Ma è pur sempre un colloquio di lavoro e dovevo rispondere in maniera "seria". Anche il fine ultimo di chi cerca un lavoro è quello di guadagnare soldi. No?

«Mi serve un lavoro e ho visto l'annuncio per questo posto molto vantaggioso per uno che non ha mai lavorato in vita sua.», risposi in tutta sincerità e lui mi sorrise, quasi divertito dalla risposta.

«Ben detto. Sai, anche io ho pensato la stessa cosa quando ho iniziato a lavorare qui dieci anni fa e, nonostante abbia fatto poca carriera, sono felice del mio posto di lavoro. I call center sono come una grande famiglia che non hai il coraggio di lasciare per il bene che gli vuoi. E sento sempre gente divertente e...»

"Dieci anni?", pensai mentre lui continuava a parlare della sua esperienza.

"Non ho mica intenzione di lavorare a vita in questo posto con il salario minimo! Non c'è futuro qui dentro e non si può creare una famiglia o una vita con uno stipendio del genere!", pensai alle urla di mia madre che mi avrebbero perseguitato fino alla pensione per aver lavorato anni in un posto così misero e odiato, perché nessuno sopporta le chiamate dei call center. Avevo dei sogni e cose da comprare in futuro e, con quello stipendio da cinquecento euro al mese, avrei a malapena pagato affitto, cibarie e bollette. Volevo guadagnare di più per finanziare i miei libri, per comprarmi un nuovo telefonino, una macchina, per crearmi una famiglia, per comprare il necessario ai miei figli. E tutto ciò non sarebbe stato reale se mi fossi legato a vita al call center come questo Gabriele. E, mentre lui continuava a ciarlare sugli orari di lavoro e sulle modalità di pagamento di quel posto, io continuavo a pensare solo a:

"Fuggi! Fuggi! Fuggi!"

«Molto interessante, le farò sapere se mi può interessare.», dissi, alzandomi dalla sedia e uscendo dalla stanza, con Gabriele che mi guardava incredulo e confuso. Camminai ad alta velocità per raggiungere la metro più vicina e, terrorizzato per il futuro che mi attendeva, decisi di scartare ogni tipologia di call center o di agenzia immobiliare che avrei trovato. I classici lavori che non danno futuro ai giovani, ma che li tengono "occupati" quando non sanno che cazzo fare nella vita.

"Aspetta un momento..."

Mi bloccai a di fronte alla fermata della metro con un pensiero che mi martellava in cervello.

"Ma se, oltre call center e agenzie immobiliari, non ci fossero altre offerte di lavoro... Io come cazzo faccio a trovare un posto fisso?"

Ebbene quello fu il momento in cui realizzai per la prima volta che, la crisi e data la mancanza di lavoro, ero completamente fottuto. 

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