Libro 2: 27) Esame mortale

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« Mi sto cagando sotto! »

Era questo il pensiero comune di tutti gli studenti del primo anno di infermieristica all'arrivo del giorno del primo esame ufficiale della loro vita: Infermieristica I. Uno degli esami più difficili del corso, a detta di quelli del secondo anno. L'esame era diviso in due parti: scritto, dove venivano stroncati almeno la metà dei candidati, ed orale, dove l'altra metà veniva mutilata e stuprata finché non uscivano privi di forze da quell'aula di tortura.

« Guarda quanti ragazzi ci sono... »

Mi disse il ragazzo con i capelli ricci che incontrai il primo giorno di università. Dopo quasi tre mesi di lezione, ancora non avevo imparato il suo nome e continuerò a non impararlo perché nella mia storia non gli darò troppa importanza.

« Siamo centocinquanta candidati? Porca Eva... Ci sono più di cinquanta studenti degli altri anni! »

Dato che nel nostro corso eravamo circa cento, mi sembrava incredibile pensare che c'erano altri cinquanta ragazzi del secondo e del terzo anno che ancora non erano riusciti a passare l'esame e, tutto ciò, senza contare i fuoricorso. Tra l'altro, questo era un esame propedeutico, quindi, se non lo passavi, ti bloccava gli altri esami e ti costringeva a rimanere indietro con gli studi. E sapete bene cosa voglia dire rimanere indietro con gli studi: maggiori tasse da pagare, vergogna su di me, sulla mia famiglia e sulla mia mucca e lapidazione pubblica in piazza da parte di mia madre. Anche se sono abbastanza certo che mia madre sceglierebbe come punizione la "via della vergogna", ovvero me nudo a camminare per le vie di Roma con lei che ripeteva all'infinito da dietro "Shame!" o "Vergogna!". Io Game of thrones l'ho visto in inglese, quindi preferirei il termine "Shame", anche perché tanti italiani l'inglese non lo sanno parlare, quindi non capirebbero nulla.

« Beata Daniela che può evitare tutto ciò. »

Non saprei se definirla beata oppure no, dato che lei non aveva Infermieristica I, ma Ostetricia I, che dovrebbe avere lo stesso grado di difficoltà del nostro esame. Ma, almeno, aveva una settimana in più di tempo per potersi preparare con lo studio. Io, invece, implementando anche la scrittura a tutti gli impegni che avevo, ero ben consapevole di non aver dato il 100% su questa materia. Anzi, se devo proprio essere sincero, mi stavo preparando meglio su un altro esame, che farò tra due settimane, non propedeutica ed sarà molto più semplice... Sono un deficiente.

« Sono sicura che lo passerai a pieni voti. Ti aspetto a casa per festeggiare! »

Erano state le ultime parole di Andrea prima di salutarci stamattina. Aveva cercato di incoraggiarmi soprattutto quando incominciò a vedermi spaesato e confuso in cucina. Ero così assorto nei miei pensieri che non riuscivo più a trovare la via per l'uscita dell'abitazione. Sono proprio senza speranza...

« Su... Fatti coraggio e se non sai qualcosa, copia da chi sta di fianco a te! »

Questo, invece, fu il consiglio del piccolo Wolf. La sua grane saggezza mi rincuorava sempre e lo consideravo come un venerando portatore di consigli. Chi poteva mai avere una coscienza pervertita, fannullona, pigra e maligna come la mia? Nessuno.

« Ma l'armadillo di Zerocalcare? »

E va bene... Forse solo lui ha una coscienza migliore della mia. Ma torniamo al fattore "copiare". Tecnica millenaria tramandata di generazione in generazione, da padre a figlio. Tutti sono in grado di copiare in questo mondo: la Pepsi con la Coca-Cola, Quicksilver con Flash, Jinx con il Joker o Harley Quinn, gli Ipantellas con gli gli Smosh, Matt & Bise con gli Ipantellas, tutti coloro che fanno gameplay su Youtube con Pewdiepie... Copiare era la copia più facile del mondo ed io ero un campione in questo. Al liceo avevo una cintura cartucciera fatta a mano da mio padre ai tempi di quando andava lui a scuola. Questa cartucciera era un prezioso ricordo di famiglia ed io, per mantenere la tradizione, la consegnerò a mio figlio e lui la consegnerà al suo. Proprio per questo, non avevo alcuna paura di iniziare a copiare anche all'università, peccato che mi scelsi uno dei posti peggiori del mondo per copiare: l'ultimo banco all'ultima fila dell'aula. Ero distante anni luce dalla cattedra e questo era buono, ma avevo tutti gli assistenti del professore alle mie spalle, quindi non potevo girare il collo senza beccarmi un'occhiataccia o senza ritrovarmi senza un braccio. Avevo questa malsana idea che gli assistenti, quando ti beccavano, ti staccavano il braccio con ancora il foglio del test in mano. Macabro come pensiero... Nemmeno in Hunter x Hunter o Hellsing i nemici sono così brutali. O forse si?

« Svegliati che l'esame è già iniziato! »

Cavolo! La concentrazione, in questo momento, è tutto e devo fare affidamento solo sulle mie forze. Non posso permettermi di sbagliare, altrimenti avrò buttato al vento soldi, tempo e fatica. Ma, purtroppo, lo spazio temporale durante gli esami viene drasticamente modificato. Dovete tenere in mente che ogni cinque minuti nella vostra testa, equivalgono a venti minuti nella realtà. Se ci fate caso, infatti, il tempo che passate a studiare o ad aspettare per iniziare un esame sembra interminabile, mentre il tempo trascorso durante l'esame stesso sembra troppo corto. Proprio per questo vorremmo avere sempre più tempo per completare il tutto, dato che ci sembra impossibile che sia passata già l'ora a nostra disposizione. Ma, ovviamente, non possiamo andare contro il tempo come Hiro Nakamura.

« Tu perdi tempo a pensare ad una serie televisiva fallita e, nel frattempo, l'esame è finito! »

Wolf mi riportò alla realtà, perciò arriviamo al momento della fine dell'esame, dove sono riuscito a completarlo con metà delle risposte uscite dal mio cervello e l'altra metà uscita dal "brainstorming" dei ragazzi che avevo nei banchi della mia fila. Mi rimaneva solo una domanda da completare per poter consegnare il test e per potermi definire "salvo".

« Tu come hai risposto al numero dieci? »

Chiesi alla mia compagna di banco, nella speranza che lei avesse la risposta.

« Ti consiglierei di mettere C. »

La sua bocca non si mosse, ma io sentii lo stesso una voce femminile rispondere alla mia domanda.

« Ah, grazie! »

Risposi, accorgendomi solo in un secondo momento che non era stata lei a rispondermi, bensì una delle assistenti del professore che avevo alle mie spalle. Quando mi girai, vidi la morte in faccia, dato che pensai di essere spacciato. Sentivo il caricatore del fucile di mia madre caricarsi con pallottole d'argento a chilometri di distanza. Stranamente, la morte non aveva mai avuto una faccia più bella. L'assistente del professore era una ragazza molto giovane, avrebbe dovuto avere circa venticinque anni ed aveva i capelli lunghi e corvini. Era alta quasi quanto me ed era abbastanza conosciuta all'interno dell'aula, dato che adoravamo averla in classe al posto del professore. Spero abbiate capito il motivo... Era una bella ragazza.

« Leo, giusto? »

Mi domandò appoggiando la sua mano sulla mia spalla.

« Ora te la stacca! Scappa via! »

Mi urlò il piccolo Wolf in un momento di panico totale e non aveva tutti i torti. Chi veniva beccato a copiare si beccava l'annullamento del compito ed una bella ammonizione. Ero completamente terrorizzato e non riuscivo a spiccicare una parola di fronte all'assistente. Proprio per questo, mi limitai ad annuire. Lei, silenziosamente, sbirciò alcune delle risposte del mio compito ed incominciò a sorridere.

« Non ti preoccupare. Hai fatto un buon lavoro. »

E, senza dire nient'altro, se ne andò a controllare altri compiti.

« Sono salvo? »

Mi chiesi con gli occhi ancora pieni di paura e con uno strano liquido che scendeva tra le mie gambe. Mi aveva terrorizzato a morte, ma, alla fine, non aveva fatto nulla. Forse perché mi conosceva come rappresentante di corso e perciò volle aiutarmi, forse perché mi trovava carino, o forse, opzione molto più plausibile, perché stampato in faccia la frase "per favore non uccidermi".

« Domani andiamo in chiesa ed accendiamo un cero alla Madonna. »

Il piccolo Wolf non aveva tutti i torti, dopotutto. Perché, oltre a quella botta di fortuna, qualche altra forza misteriosa mi aiutò quel giorno. Come ho detto prima, metà del mio esame era composto da risposte copiate dai miei compagni di banco e l'altra metà erano uscite fuori dal mio cervello. Ebbene, la mia intera fila fu bocciata allo scritto. Io fui l'unico a passare il test. Vi lascio immaginare l'incredibile sguardo d'odio che ricevetti da chi c'avevo di fianco durante il compito.

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