Libro 1: 20) Incubo materno

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«Che ci fai qui?», chiesi, senza fiato e con la sudorazione a mille, a colei che mi aveva messo al mondo, che aspettava sull'uscio della porta il mio invito a entrare.

«Te l'ho detto ieri che sarei venuta. Ho tardato solo perché l'autista della Marozzi era una lumaca. Vedevo vecchie di ottanta e passa anni superarlo in autostrada...»

Non solo si era fatta un viaggio di otto ore per trovare il figlio, si era perfino portata una valigia alta forse come me! Quanto ha intenzione Satana di rimanere Satana nel mio paradiso? Eppure... Non mi sarei mai potuto dimenticare una cosa così importante. Facciamo un piccolo rewind mentale, voglio sapere il momento preciso in cui sono stato un pollo. Giusto per avere una valida ragione per impiccarmi. Preannuncio che le conversazioni con mia madre durano circa uno o due minuti, il tempo per chiedermi come sto e cosa ho fatto quel giorno, più la mia solita risposta "niente". Spesso e volentieri sto di fronte al computer quando mi chiama, quindi non le do molta attenzione perché sono occupato a scorrere la bacheca di Facebook.

«Qualche novità?»

«Nessuna in particolare. Come ieri...»

«Hai già mangiato?»

«Non ancora. Tra poco Andrea cucina e poi vediamo un film.»

«Oggi hai studiato?»

«Come sempre...»

«Bene. Spero per te che tu dica il vero, dato che tra una settimana hai test d'ammissione.»

«Non ti fidi di me?»

«No. Ti conviene aver studiato, perché domani sto a Roma e rimango finché non finisci i test.»

«Divertente... Ora scusami ma la cena è pronta. Ci sentiamo domani.»

Sono un coglione! Come ho potuto scambiare quella frase per una battuta? È anche vero che nessuno capisce quando mia madre è ironica o seria. Per questo litiga spesso con gli altri... Il che però non cancella il fatto che io sia un deficiente. Comunque, Satana era lì e ci sarebbe rimasta per una settimana. Sempre ammesso che non mi avesse ucciso prima per averle nascosto della professione di Linda, del sesso di Andrea e della "presenza" di Mary in casa. Forse, se avessi gridato "Honolulu!", sarei riuscito a emigrare in un posto migliore?

«Non mi fai entrare?»

La frase tagliente di mia madre mi fece gelare il sangue. Per fortuna Mary era fuori e Linda si era chiusa in camera sua. Di certo non potevo nascondere Andrea, però... Anche perché, conoscendo mia madre, avrebbe di certo voluto conoscere il mio "tutor". Ovvero colui-lei che mi stava costringendo a studiare e che mi ha convinto a intraprendere la carriera universitaria.

«Carino...», disse osservando il soggiorno con il divano da film porno, le tende nere e la televisione gigante. La sua attenzione, però, si soffermò su alcuni particolari.

«E queste? Di chi sono?»

Mia madre indicò le console che stavano sotto la televisione, il che mi portò alla mente brutti ricordi. Mia madre non era mai stata contro i videogiochi, anche lei spesso giocava a Tomb Raider con la Ps1. Ma, quando portavo brutti voti, lei dava la colpa al tempo che passavo con "Tombi" e "Spyro". Passavo un bel po' di ore dinanzi a questi giochi e mi staccavo dal joystick solo quando c'erano i Digimon in TV o quando si facevano le nove di sera, giusto perché poi mi facevano male gli occhi. Ho ancora in mente l'immagine di Satana che butta la mia Ps2 dal quarto piano dopo una pagella da schifo in primo liceo. Momento molto traumatizzante per me. Quindi era normale che, vedendo quelle console, mia madre pensasse che fosse una futura distrazione per la mia carriera universitaria. Mia madre continuò a guardarmi perplesso, almeno finché la mia amica dai capelli rossi non entrò dentro il soggiorno.

«Vieni che ho tagliato la torta!»

Andrea non si aspettò di vedere una signora di circa quarant'anni dentro casa. E, dal suo sguardo, avevo capito che anche mia madre non si aspettava la presenza di una figura femminile in casa del proprio figlio. Non aveva molta fiducia nelle mie capacità da conquistatore.

«Piacere, sono la madre di Leo.», le porse la mano per salutare e, Andrea, gliela strinse con uno sguardo confuso e un po' intimorito. Si vedeva che era in difficoltà con quella "presenza", ma non poteva negarle il saluto. Soprattutto con la madre del suo amico. Ma rimase in silenzio, quasi come se le si fosse paralizzata la lingua.

«Lei è Andrea...», dissi io, notando la crescente paura negli occhi della ragazza. Mia madre era capace di incutere terrore negli altri. Aveva un'aura negativa come pochi.

«Andrea? Ah...»

Lo sguardo scettico di mia madre non fece che peggiorare la situazione. Le gambe della mia coinquilina tremavano così tanto che pensavo sarebbe svenuta o caduta a terra. Per fortuna c'era il nostro eroe a salvare la situazione.

«Mamma, che ne dici se andiamo in cucina? Oggi è il compleanno di Andrea e le ho fatto una torta. Vuoi assaggiarla?»

Il che stupì mia madre e non di poco. Non aveva mangiato nulla per tutto il viaggio e aveva una grande fame, quindi non volle rifiutare l'offerta ed entrò in cucina, senza nemmeno fare gli auguri alla giovane che era rimasta immobile, con gli occhi privi di vita e di ardore.

«Ci voleva una ragazza in casa per farti cucinare? A saperlo prima ti avrei fatto mettere con la figlia dei vicini...»

Questa se la poteva risparmiare. Notando l'espressione di Andrea, vidi che la paura non era scemata e che non riusciva a reagire. Fui costretto a stringerle la mano per poterla "risvegliare" da quell'incubo. Ci volle qualche secondo, ma riuscii a riportare Andrea sulla Terra. Le faceva male la testa ed era confusa, ma era più che normale. Satana fa questo effetto a tutti. Mia madre può rubare l'anima della gente? Beh, Andrea se ne era accorta in quel momento.

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