Libro 1: 07) Cucina per principianti

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«Ho una puttana in casa. Mia madre mi uccide se lo scopre!», dissi mentre sbattevo la testa contro lo spigolo del muro per ciò che avevo scoperto. Mia madre, non appena le avevo detto al telefono che avrei incominciato a vivere in casa con delle donne, fu subito contraria a prendere quella casa. Pensava che una simile convivenza, soprattutto per un ragazzo di diciannove anni, fosse molto dannosa per lo stress e i pensieri del suddetto ragazzo. Diciamo che anche io trovavo la sua logica veritiera a metà, perché è normale che un giovane, dominato dagli ormoni, possa pensare solo a farsi le sue nuove coinquiline gnocche. Lo stress, invece, sapevo come gestirlo, anche perché ho vissuto tutta la vita con Satana. È il nome che i miei amici avevano dato a mia madre quando eravamo piccoli, a causa del suo carattere molto "espansivo" e dei suoi picchi di rabbia. Ho ancora in mente il volo che fece la mia Ps2 dal quarto piano della finestra di casa. Mia madre, ancora oggi, giustifica per gesto una punizione giusta per la mia pagella. Una sola insufficienza alle medie ed ecco la reazione. Ma, tornando al fattore stress, pensavo che ci sarebbe stato per le litigate sulle bollette o a causa delle pulizie, non perché avevo una squillo in casa!

«Mia madre non lo deve sapere.», sussurrai andando in cucina per cenare. Anche in quell'occasione, ero solo. Linda era appena uscita, chissà a fare cosa, e Andrea non si era mosso dalla sua camera. Mary tardava e, con molta probabilità, nemmeno quella sera sarebbe stata buona per poterla conoscere. Avevo fatto un piccolo errore di valutazione. Ero un giovane ragazzo appena trasferito da un'altra città e alla prima esperienza da fuori sede. E, dato che dovevo andare a vivere con il mio prozio prete, non mi ero mai posto questa domanda fondamentale. E, per altro, a mia madre era sfuggito questo particolare nel suo corso "come sopravvivere in una savana". Aveva saltato la parte "come cucinare una gazzella per il tuo leone domestico".

«Come cazzo si cucina questo?», mi chiesi.

Ecco... Non sapevo cucinare. Sapevo come sopravvivere nella savana o nella giungla e come riconoscere le indicazioni delle stelle per regolarmi con la strada, ma non sapevo come si facesse una semplice pasta con il sugo. E avevo anche fatto la spesa senza che questo pensiero mi potesse mai toccare il cervello. Ero un idiota e girovagavo per casa in cerca di un'idea o di ricordi su quello che avevo visto in "Cotto e mangiato" o "La prova del cuoco"» o "Cotto e frullato". Anche se, per attuare le ricette del format di YouTube, mi sarebbe servito un frullatore. Cosa che io non possedevo. C'era solo una cosa da fare in quel momento di panico e di disperazione. Rivolgersi a internet!

«Per il potere di Bill Gates!»

Ci volle poco per trovare uno dei siti più famosi di cucina, "Giallo zafferano", e scoprii che cucinare non era così impossibile o così stancante come avevo sentito nei programmi di cucina o diceva mia madre. Lei era capace di discutere per ore del fatto che cucinava ogni santo giorno per tutta la famiglia e non si lamentava mai per questo. Cosa per niente vera, dati i continui sproloqui. Era una tipa molto strana e psicopatica. Comunque, quella sera iniziai con qualcosa di semplice. Rigatoni con il sugo per inaugurare la prima cena da ragazzo indipendente. Avevo seguito tutte le istruzioni della ricetta alla perfezione. Avevo aspettato dieci minuti per far cuocere la pasta come c'era scritto sulla confezione, avevo messo il sale grosso e, dopo aver scolato i rigatoni su uno scolapasta, ci avevo messo il sugo pronto per insaporire il tutto. E non vedevo l'ora di gustare la mia prima creazione. Almeno finché non provai a dare il primo morso alla pasta... Era ancora dura e croccante e sentii tutto l'amido della pasta in bocca. Fu un sapore abbastanza vomitevole e per poco non sboccai in bagno.

«Ma perché ha un sapore così terribile?», biascicai. Infatti... Perché? Avevo fatto tutto quello che c'era scritto sulla ricetta. Cosa avevo sbagliato? Beh... Non vado fiero dell'errore banale che ho fatto, ma ora posso parlarne senza vergognarmi. Non sapevo che l'acqua dovesse bollire prima di buttare la pasta. Non era scritto nella ricetta ed era la prima volta che cucinavo. Chiunque avrebbe fatto quell'errore! Dopo aver buttato la pasta, scesi sotto casa per andarmi a comprare qualcosa da mangiare. E, mentre scendevo dalle scale, ebbi una visione angelica. Una giovane ragazza dai capelli corti scuri stava salendo le scale con un pesante zaino pieno di libri. I suoi occhi castani parevano illuminare le scale, anche se l'occhio destro era coperto da una ciocca di capelli che copriva metà volto. Labbra piccole, ma carnose, con un piccolo neo sullo zigomo sinistro. Non era per niente alta, forse non arrivava metro e sessanta. Ma tutto ciò che perdeva in altezza, lo acquistava in semplicità e in bellezza. Non era bella alla "Linda style", dato che aveva anche una misura in meno della bionda e il sedere era quasi inesistente. Da mettere agli atti che Linda portava una quarta abbondante e questa ragazza una terza. Notevole, nonostante la statura la puffo. Lei aveva una bellezza più mondana della mia coinquilina bionda. Aveva un aspetto che trasmetteva tranquillità e serenità. Non da una botta e via, era una di quelle con cui fidanzarsi e mettere su famiglia. Ed era una di quelle bellezze che sarebbero durate nel tempo e non avrebbero avuto bisogno di ritocchi o di siringhe di silicone. Poi, nel vedere il suo zaino, doveva essere anche una tipa studiosa e seria, l'esatto contrario della squillo che avevo in casa.

«Aspetta un momento...», pensai ad alta voce mentre mi passava di fianco per le scale, ignorandomi e senza dire una parola. "E se lei fosse Mary?", mi chiesi mentre osservavo la ragazza fare gli ultimi scalini per raggiungere il primo piano. Speravo con tutto il mio cuore che si fermasse di fronte la mia porta ed entrasse nella mia abitazione. Una ragazza del genere in casa, in completa antitesi con Linda, sarebbe stato davvero il top. Una tipa seria da amare e da coccolare, con cui avrei voluto passare il resto dei miei giorni. Il mio cuore si fermò quando lei uscì le chiavi di casa e aprì la porta dell'appartamento, per poi richiuderla con gran velocità. La felicità che mi travolse era simile a quella provata nella semifinale del 2006 contro la Germania, subito dopo il fischio finale dell'arbitro. Non nascondo che continuai a esultare anche dopo esser uscito dal palazzo e mentre camminavo per strada. La sensazione di felicità e di festa era totale e non riuscivo a fermarla nemmeno quando ordinai da mangiare un pezzo di pizza a una pizzeria a taglio poco distante da casa.

«Sì Beppe, siamo in finale, andiamo a Berlino!», gridai.

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