20-Sogna Moriconi, sogna

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NICCOLÒ

"Davanti a me, ultimo!"

Urla disconnesse, coriandoli che sparano in aria accompagnati dal rif di sogni appesi alla chitarra. Saluto tutti i presenti nello stadio mimando un abbraccio, portandomi poi una mano sul cuore. Da sotto le lenti scure posso scorgere alcune delle migliaia di figure davanti a me in preda ad un pianto, altre che saltano di gioia, altre ancora che mi osservano andare via con un sorriso sul volto che sembra non voler sparire mai più.
Mi si riempie il cuore ogni volta, ad ogni data sono sempre più felice, ogni volta che salgo sul palco tutto quello che sta attorno non esiste più perché il legame che si crea tra noi ultimi è qualcosa di fenomenale. Incredibile, inspiegabile.
Si diventa una cosa sola, tutti insieme intoniamo le note delle mie canzoni urlando di conseguenza ogni piccola fragilità e debolezza da cui ci sentiamo trainati ogni giorno, sentendo il peso di questa alleggerirsi poco a poco.
Quando mi siedo al pianoforte e le mie dita scorrono sulla sua tastiera, riesco a liberarmi da ogni peso, paura, che durante il resto della giornata mi schiaccia contro un qualcosa di cui nemmeno io so il nome. Perché è così che mi sento, schiacciato.
Da questa realtà, dal successo, che fuori dal palco diventa un vero e proprio inferno per la vita di tutti i giorni.
E mentre penso questo, mentre mi godo gli ultimi attimi di questa serata magnifica, faccio schioccare un bacio con la mano verso le tribune, scendendo gli scalini che portano dietro il palco.

"Grande Nì" il primo che mi viene incontro è Adriano che non mi da il tempo di proferire parola che già mi ha chiuso in un abbraccio, che ricambio. 

"We ultimetto" arriva anche Vanessa che allarga le braccia appena dopo aver visto il suo ragazzo staccarsi da me.

"Complimenti Niccolò" un'altra voce si aggiunge a quelle dei miei amici, che mi fa gelare sul posto.

"Grazie" rispondo apatico, senza lasciar trasparire emozioni. Rientro in camerino per mettermi una maglia più decente essendo sudato, ma prima che io possa indossare quella pulita qualcuno bussa alla porta e senza curarsi di chiedere permesso, la spalanca.

"Nic" Jessica si blocca nel momento in cui nota il fatto che sono a petto nudo di fronte a lei, situazione che a me non fa né caldo né freddo dato che non tengo conto della sua presenza e finisco di vestirmi.

"Scusa non pensavo fossi cos.."

"Che vuoi?" chiedo freddo, prendendo il cellulare tra le mani, senza rivolgerle troppe attenzioni.

"No niente, volevo sapere se avevi parlato con Emma oppure ancora no" abbassa lo sguardo notando che non la sto minimamente calcolando, fingendosi quasi imbarazzata.

"No, domani torno a Roma e le parlerò" mi limito solamente a dire, sperando che non faccia altre domande.

"Ah" data reazione deduco che non se lo aspettava.

"Devi dirmi ancora qualcosa o posso andare?"  solo adesso lascio che i miei occhi incrocino i suoi, pochi secondi, ma che le bastano per formulare una risposta.

"In realtà si" compie una decina di passi verso la mia direzione, arrivando dritta davanti a me. Non mi lascia il tempo di realizzare che già mi ha stretto il collo della maglia tra le mani attirandomi a lei in un bacio, dal quale mi scrosto non appena mi rendo conto.

"Ma ti senti bene?!" passo una mano sulla bocca un paio di volte, o forse di più, per fare in modo di levarmi il suo sapore di dosso.

"S-scusami"

"No Jè scusa un cazzo! Ti rendi conto delle stronzate che stai combinando oppure no?!" mi irrita ancora di più.

"Non ci credo che non ti è rimasto niente di quella sera Niccolò" cerca di riprendere contatto con me accarezzandomi il braccio destro, ma io non cedo, non avrei alcun motivo per farlo.

"Eravamo ubriachi ma io ricordo bene come mi guardavi o mi sfioravi" cerca di sedurmi in una maniera che trovo veramente ridicola, tanto che devo trattenermi da non scoppiare a ridere in faccia.

"Mi sta salendo lo sbocco, posso andare?" in questi momenti mi sembra di ritornare ai tempi del liceo, quando l'apatia e la sfacciataggine erano quotidiane in ogni mia frase o discorso, fino a quando non è arrivata Emma.

"Vuoi dirmi che tornerai da lei e farai finta di niente, eh?!"
Ecco, dimenticavo però che anche lei, come allora, è capace di essere stronza tanto quanto me, se non peggio. Infatti le sue parole riescono a trafiggermi dentro come nient'altro avrebbe potuto fare adesso.

"Vivrai con il cuore e la coscienza macchiati, una così piccola e insignificante chiazza nera che però non ti lascerà vivere in pace" sto stringendo i pugni nelle mani con forza, tanta forza, talmente tanta che riesco a sentire male.

"Davvero pensi che lei ti perdonerà dopo che avrà saputo che sei stato a letto con una, ma per di più con me?!" chiudo gli occhi, sono certo che se nel frattempo non mi fossi seduto, sarei di sicuro caduto a terra dato che non riesco a percepire più le gambe.

"Sogna Moriconi, sogna" rilascia una risatina mista tra sarcastica e nervosa, lasciandomi poi solo tra le bianche e vuote pareti del mio camerino.

Non appena la sento lontana da me, la mia mente comincia a produrre valanghe di pensieri.
Alla fine è vero, ho dato per scontato il fatto che Emma riuscirà a perdonare il mio errore, ma se così non fosse? Se davvero non mi perdonasse? Probabilmente crollerei nel vuoto più totale, un po' come se lei stessa mi lasciasse cadere in un pozzo così profondo da non riuscire a farmi vedere più nemmeno la luce della sua superficie.

E se davvero lei, unica anima di cui avrei bisogno per essere felice se domani dovesse finire il mondo, mi lasciasse solo? Se non riuscisse a perdonarmi, se non riuscisse a guardarmi più con gli stessi occhi?
Se decidesse di non restarmi più vicino?

SPAZIO AUTRICE
Capitolo un po' corto ma compenso con il prossimo promesso

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