18-Restami vicino

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Il vento fresco la sera non mi ha mai dato tanto fastidio, ma in questo momento posso dire di odiarlo quanto più possibile. Mi sta scompigliando tutti i capelli più di quanto non lo siano già ed io non ho assolutamente niente per sistemarmi in mezzo a queste strade che, dato l'orario, sono quasi totalmente isolate. Ancora qualche passo e poi decido di fermarmi su una panchina, prendo il telefono tra le mani e compongo il numero della persona che più desidererei avere qui al mio fianco in questo momento. Dopo un paio di squilli ancora non ricevo una risposta e sto per perdere la speranza.

"Rispondi Nicco" parlo con tono nervoso, consapevole che nessuno mi sta ascoltando, men che meno lui.

"Ti prego" ripeto prima che la mia voce venga seguita dalla segreteria telefonica che mi avverte la chiamata persa. Chiudo gli occhi sconfitta lasciandomi andare sullo schienale della panca, neanche me ne rendo conto che mi ritrovo con due lacrime a rigarmi le guance. Sapevo che la gravidanza mi avrebbe messo in subbuglio gli ormoni ma non pensavo di arrivare al punto di piangere per ogni singola cosa che mi succede. Non sono mai stata una ragazza tanto emotiva, ho sempre preferito rimanere nel mio, e con me anche le mie sensazioni verso gli altri e verso il mondo attorno.

"Emma?" spalanco gli occhi trovando Desi alle mie spalle.

"Che ci fai tu qui?" tiro su col naso cercando di nascondere il viso bagnato e gli occhi che scommetto esser diventati rossi.

"Ero in giro con Gabri" spiega di sfuggita, senza darmi troppe informazioni inutili.

"Ma la vera domanda è che ci fai tu" rigira la domanda e in effetti non ha tutti i torti a pormela. Si siede accanto a me e nel momento in cui sento la sua mano sulla spalla le lacrime che prima ho cacciato via tornano in circolo senza il mio consenso.

"Ehi ehi che te piangi?" nota subito questo particolare prendendo il mio viso tra le mani, gesto che non fa altro che aggravare la situazione. Ogni volta che cerco di regolarizzare il respiro mi ritrovo con il battito cardiaco accelerato, l'unica differenza rispetto al solito è che solitamente sapevo alla perfezione come calmarmi. Avevo le sue braccia, le sue mani, le sue labbra, mentre ora? Realizzo che per quanto io voglia bene a Desirè nessuno potrà mai calmarmi come lo faceva lui.

"C-che hai?" la vedo spaventarsi sempre più, ed è normale credo. Sto letteralmente boccheggiando in cerca di aria che sembra non esserci nonostante ci troviamo all'aperto.

"Emma calmati ti prego" si agita sempre di più ed io sto cercando con tutte le forze di fare come mi dice, anche se come tutte le volte sembra un'impresa quasi impossibile da portare a termine.

Dopo qualche minuto passato in totale silenzio segnato dal rumore del mio respiro ancora appesantito, riesco a prendere un minimo di lucidità in modo tale da calmarmi quel poco che serve per riuscire a prendere parola.

"Scusa" sussurro in una maniera quasi non udibile ma che però dato il silenzio assordante, lei sente comunque.

"Non devi scusarti ok?" sorride comprensiva accarezzandomi i capelli dolcemente. Nel frattempo vedo avvicinarsi anche Cocco che, nel vedere le mie condizioni, mi si affianca.

"Ehi ma che succede?" chiede un po' preoccupato.

"Nulla, davvero"

"Perché stavi in giro a quest'ora?" mi pone la domanda più complicata che poteva pormi adesso.

"Storia lunga" mi limito solo a dire, risultando più stanca che mai anche solo nella voce.

"Puoi stare da noi stanotte sa vuoi" è lui stesso a propormi di dormire a casa loro, ma di certo non voglio disturbarli.

"Ma no tranquilli veramente, torno a casa"

"Ma non stavi da tuo padre?" a quella domanda quasi mi paralizzo, ricordando le scene di poco fa che sono ancora ben impresse nella mia mente. Colgono il mio stato d'animo e non mi pongono altri quesiti per evitare una possibile reazione esagerata da parte mia.

"Non ti lascio tornare a casa che poi i deprimi, alzati su" mi fa segno Desi con la mano di seguirli, ed io accetto con l'intento di farmi comunque portare a casa mia.

Per fortuna so che in due minuti massimo a piedi saremo davanti alla porta di casa perché conosco fin troppo bene queste strade. Sono certa che dovrò dare un minimo di spiegazioni almeno a Desirè ma adesso non voglio minimamente pensarci.

***

Le pareti bianche di questa stanza sembrano voler parlare, volermi dire qualcosa che io adesso, essendo accecata dai pensieri, non riesco a comprendere. Mi hanno portata con loro e alla fine non ho avuto neanche il tempo di ribattere che già mi trovavo all'interno della porta di casa. Gabriele ha insistito fino all'ultimo di dormire lui sul divano per farmi stare comoda nel letto con Dè ma alla fine, almeno su questo, ho avuto la meglio io. Infatti, già consapevole che non avrei chiuso occhio, sono riuscita a convincerli a lasciarmi qui. Ammetto che mi sento quasi stretta qui dentro, mi manca ogni cosa che anche in minima parte riesce a riportarmi il ricordo di Niccolò, ed accadeva la stessa cosa  anche a casa di papà, per il poco tempo in cui ho trascorso del tempo là dentro.

Sento gli occhi farsi sempre più pesanti, penso che saranno come minimo le due del mattino e che facendo due calcoli non dormo da più di ventiquattro ore, stranamente. Nel momento esatto in cui però sto per coricarmi, una suoneria di cellulare rimbomba nella sala. Mi alzo in piedi di scatto, riconoscendo che non si tratta della mia. Stropiccio gli occhi e cammino fino ad arrivare accanto all'entrata dove riesco a intravedere il cellulare di Gabriele che suppongo abbia dimenticato di portarsi con sé. Non avrei mai risposto al suo posto, non mi sarei mai permessa, ma nel momento in cui ho letto il nome di Niccolò non ho esitato a scorrere il tasto verde.

"Nic" sussurro per non fare troppo rumore.

"Coccoooo" la sua voce invece è più che piena, tanto che sono costretta ad allontanare il cellulare dall'orecchio per non stordirmi. Potrei scommettere che è ubriaco.

"Devo sfogarmi Gabriè, stamme a sentì" a quanto pare non ha riconosciuto la mia voce, o forse nemmeno l'ha sentita.

"Ho fatto una cazzata che non so come sistemare" chiudo gli occhi per cercare di immagazzinare queste parole e sperare che non si tratti di niente di drastico.

"Restami vicino che prima o poi perdo il controllo, non credo di aver scritto niente di più vero a pensarci" un sorriso amaro lascia le mie labbra, consapevole che dopo questa frase, vado incontro ad un duro colpo.

"Non l'ho fatto apposta, devi dire a Emma che non volevo"

Boom.

"Te lo giuro Gabriè, mi sono comportato da coglione si, ma non volevo" scuoto la testa con un senso di debolezza mista a rabbia.

"Lei deve rimanere al mio fianco, almeno lei deve restarmi vicino"

Attacco all'istante per evitare una mia eventuale risposta che di questo passo non sarebbe tardata ad arrivare.
Restami vicino hai detto, ma come faccio se quello ad allontanarmi costantemente sei tu?

SPAZIO AUTRICE
Scusate l'orario ihih

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